Biografilm 2021 – The Guardian: recensione del film di Martina Priessner

Un film fatto di parole non dette, di immobilismo e memorie.

Dayrayto è una suora ortodossa siriana, vive da diciotto anni nella chiesa di Zaz, un villaggio assiro abbandonato nel Sudest della Turchia, con due cani, una mucca, qualche gallina e tre gatti. Praticamente sola, praticamente isolata. Lei e il suo sguardo, lei e i suoi silenzi, i suoi pensieri e i suoi ricordi. Parte da qui The Guardian, il film di Martina Priessner, che partecipa nella sezione Contemporary Lives al Biografilm 2021 (4-14 giugno 2021).

The Guardian: una donna e i suoi silenzi nel film di Martina Priessner

The Guardian cinematographe.it

Dayrayto e il suo corpo asciutto e nodoso. Scura negli abiti che la avvolgono dalla testa ai piedi. Lei e tutte quelle ombre, lei e tutti quei silenzi di cui a poco a poco capiremo significati e motivazioni. Racconta questo The Guardian che è un film fatto di parole non dette, di immobilismo e memorie; Priessner è pronta ad accogliere le immagini, a guardare chi guarda. La donna è dura, saranno le giornate passate quasi totalmente in solitudine, sarà la distanza dalla sua famiglia. Sarà che la sua presenza nella regione diventa spesso un fastidio per molti personaggi locali a causa della storica ostilità tra la comunità ortodossa e la parte islamica. Per Dayrayto i giorni e i rapporti con gli altri sono complicati. Tutto si fa ancora più difficile quando trova il suo cane stanco, affaticato, soporoso e inizia a sospettare che l’animale sia stato avvelenato da qualcuno poco felice della sua presenza. Dayrayto non si lascia abbattere da affanni e sventure e continua imperterrita a compiere il suo lavoro.

The Guardian: una narrazione sincera e non giudicante

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The Guardian porta sullo schermo un racconto ai margini, una storia che sembra lontanissima da noi e dalle nostre esistenze, ci mostra una donna che in solitaria, coraggiosa come poche altre porta avanti il suo compito. La sua unica volontà è quella di proteggere la chiesa e il luogo sacro in cui vive. La regista è una narratrice sincera e non giudicante che annota ogni gesto, ogni mansione, ogni borbottio della donna; la telecamera segue Dayrayto immergendosi nella sua vita quotidiana, osserva la sua lotta per la sopravvivenza, le sue preoccupazioni e le sue difficoltà. Ci mostra come anche lei ha paura, percepisce la solitudine; e l’una e l’altra si fanno compagne costanti nelle giornate e nelle notti. Dayrayto però si fa forza e si presenta per quello che è, una donna coraggiosa, capace di mettere da parte il panico perché ha uno scopo molto più grande. Ha promesso di non lasciare mai il luogo sacro e di proteggere la chiesa, qualunque cosa accada

La suora porta allo spettatore ogni momento della sua vita, i ricordi commossi della sua famiglia, la stanchezza che si percepisce bene dal suo volto segnato, le fatiche di ogni giorno che la vede spezzarsi la schiena per lavare, pulire, seminare. Il suo volto diventa simbolo del suo essere votata al lavoro, alla religione, ad un luogo che diventa simbolo dell’esistenza stessa della donna, missione di una vita intera.

Una parabola coraggiosa sulla vita della suora ortodossa Dayrayto

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The Guardian è un film lento, inesorabile, sempre uguale a sé stesso perché così sono le giornate della sua protagonista che si mostra statua di rettitudine e di dedizione, donna forte e fragile, piagata da una missione, un lavoro, una società e un mondo che non è sempre alla sua altezza. La regista guarda con rispetto a questa suora dal carattere caparbio, la segue e la assiste nell’oscurità, come nella luce, quando si stende sulle rocce e quando si arrabbia con il cane perché è preoccupata per lui. Lo spettatore partecipa silenzioso a questa parabola per cui si ha profonda stima.

Regia - 3.5
Sceneggiatura - 3.5
Fotografia - 3.5
Sonoro - 3.5
Emozione - 3.5

3.5