The Gentlemen: recensione del nuovo film di Guy Ritchie

Guy Ritchie approda su Amazon Prime Video con The Gentlemen, il suo nuovo adrenalinico film con un cast stellare.

A quasi un anno dal debutto in Patria (in Inghilterra è uscito a gennaio), The Gentlemen arriva anche in Italia grazie ad Amazon e a una sua particolare iniziativa: proporre alcuni titoli di spicco che hanno saltato la sala cinematografica a causa della pandemia da Covid-19. Tra questi, appunto, l’ultima fatica del regista di Snatch e RocknRolla che, dopo l’incursione nel live action con Aladdin, torna al genere che lo ha reso famoso: il gangster movie.

I protagonisti di The Gentlemen sono ben lontani dalla rozza gentaglia dei sobborghi londinesi cui il regista è affezionato.

Guy Ritchie si è imborghesito e con lui i suoi personaggi, i quali ora sguazzano nei piani alti della società inglese contemporanea. Matthew McConaughey è Mickey Pearson, un americano trapiantato a Londra e “magnate” di un vero e proprio impero della droga. Ma non quella pesante che provoca morti, bensì la più popolare cannabis, ganja, marijuana, erba, o come vogliate chiamarla. Il suo è un intreccio perfetto che coinvolge i nobili decaduti inglesi, la segretezza più totale e un prodotto di altissima qualità.

The Gentlemen Matthew McConaughey Michelle Dockery

Mickey è un uomo che si è fatto da solo sporcandosi le mani per arrivare alla vetta e ora, all’apice del successo, ha deciso di abbandonare la partita e vendere una parte del suo impero. Vuole ritirarsi a vita privata con la sua bellissima Rosalind (la Michelle Dockerty di Downtown Abbey) e godersi la mezza età in santa pace. L’obiettivo di cedere tutto al miliardario Matthew Berger (Jeremy Strong) sembra allontanarsi sempre di più a causa di vari individui che, per un motivo o per un altro, si mettono sulla sua strada ostacolandogli il cammino.

C’è Dry-Eye, lo scagnozzo con ambizioni di potere del principale concorrente di Mickey, il gangster cinese Lord George. Ci sono gli youtubers “The Toddlers”, combattenti di MMA allenati da Coach (Colin Farrell). C’è Big Dave, editore del Daily Print, che per una ripicca personale assume un investigatore privato. E poi c’è lui, l’investigatore, lo storyteller, la penna dietro a tutta la storia: Fletcher.

The Gentlemen Hugh Grant

È attraverso il racconto che Fletcher – un arrivista viscido ma, incredibilmente, simpatico che ha il volto di Hugh Grant – fa al braccio destro di Mickey, Raymond (Charlie Hunnam) che noi conosciamo i fatti. Quello che lui offre è il racconto della verità sotto forma di sceneggiatura che Raymond può accettare – e quindi pagare – o rifiutare e vederla venduta a una casa cinematografica. Da questo incontro emergerà tutta la complessità esilarante di una storia al limite del surreale.

Messi da parte i vari flop il regista torna al ritmo frenetico che è il suo marchio di fabbrica.

Guy Ritchie si muove nel suo ambiente, si sente a suo agio finalmente dopo la lunga parentesi di blockbuster realizzati per accontentare le major (Sherlock Holmes, Revolver, Operazione U.N.C.L.E). Tutti gli elementi in The Gentlemen rasentano la perfezione e concorrono a rendere il film un concentrato di emozioni. Qui Ritchie abbandona il politically correct e si scrolla di dosso un certo “perbenismo” degli ultimi anni per rimettere insieme un patchwork variopinto di personaggi. Inglesi, ebrei, rom, neri, cinesi: c’è n’è per tutti i tipi. Anche il compassato ed elegante Raymond ha i suoi bei momenti di gloria durante il film, per dire. Ognuno di loro ha una caratterizzazione curata nei minimi particolari, a partire dall’accento che ci porta a distinguere i diversi background: la parlata strascinata del Mickey di McConaughey, la classe londinese di Fletcher e il marcato irlandese di Colin Farrell/Coach.

The Gentlemen Colin Farrell

Insomma, il mash-up di Guy Ritchie colpisce nel segno grazie a quello che da sempre lo ha reso uno dei cineasti di maggior interesse. Dialoghi serrati e diversi piani di narrazione che si mescolano a un montaggio frenetico ma mai isterico. The Gentlemen è il risultato di un lavoro sottile che, per primo, diverte chi lo fa e porta questo divertimento agli occhi di tutti. Un esercizio di stile che non ha nulla di nuovo, ma che ci riporta finalmente a terreni conosciuti che non smetteremo mai di apprezzare. Bentornato Ritchie!

Regia - 4
Sceneggiatura - 4.5
Fotografia - 5
Recitazione - 4.5
Sonoro - 4.5
Emozione - 4.5

4.5