The Devil’s Candy: recensione del film horror di Sean Byrne

The Devil's Candy di Sean Byrne è pronto a conquistare i vostri sensi, mettendo in scena la lotta di una famiglia contro le lusinghe del demonio a colpi di heavy metal.

Un moderno racconto faustiano a suon di metal, così si potrebbe sintetizzare The Devil’s Candy, horror diretto da Sean Byrne portato in Italia da Midnight Factory.

Ha impiegato due anni per arrivare sui nostri schermi, ma infine anche noi italiani possiamo goderci l’opera seconda del regista australiano che nel 2009 aveva debuttato con The Loved Ones, protagonista in numerosi festival internazionali.

Con un piede negli anni ’70 e uno negli anni ’80, Byrne ci apre le porte di un mondo macabro e disturbante sin da subito, con una scena d’apertura che imposta il tono che sempre più prepotentemente si impadronirà di The Devil’s Candy.

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The Devil’s Candy: quando la classicità incontra la modernità

Protagonista dell’horror è una famiglia composta da padre, madre e figlia. Il marito Jesse è un pittore che pensa sia il momento di acquistare una casa tutta per loro e fa ricadere la scelta su una villetta dopo essersi innamorato del capanno, perfetto per ospitare il proprio studio. Oltre a dipingere, l’uomo è un amante del metal, passione tramandata alla figlia adolescente Zooey sotto gli occhi della premurosa moglie Astrid. Purtroppo per la famiglia, quelle mura sono state teatro di una tragedia e quando Ray, vecchio inquilino della proprietà, busserà alla loro porta, il demoniaco segreto della casa comincerà a risvegliarsi, trasformando lo stesso Jesse in una potenziale minaccia per i suoi cari.

Nonostante metta sul tavolo quello che potremmo considerare l’ABC di un horror, The Devil’s Candy riesce a evitare l’omologazione grazie ad alcuni accorgimenti e a una cura merito di un’ottima collaborazione fra tutti i reparti. Anzi, forse proprio per il suo soggetto alla base tradizionale, spiccano ancor più le fulgide singolarità di questa produzione.

Esattamente come la colonna sonora, che mescola successi intramontabili dell’heavy metal di band quali Slayer e Metallica a brani più sperimentali come Belülrol Pusztít dei Sunn O))) (i cui suoni danno letteralmente voce alle lusinghe del demonio), The Devil’s Candy prende la classicità e la fa scontrare con argute intuizioni.

The Devil’s Candy: un turbinio di suoni e immagini in un’attrazione quasi patologica per la materia

Anticipando immediatamente la tragedia che progressivamente prenderà possesso della storia, la sceneggiatura indugia il giusto sui protagonisti, sfaccettandoli a dovere e non rendendoli semplice carne da macello. Soprattutto il rapporto fra padre e figlia gode di una descrizione necessaria per farci comprendere meglio il dilemma interiore del capo famiglia che di lì a poco rischierà di soccombere alle oscure forze che si annidano in lui. Una profondità, quella dei personaggi, che non solo è fornita dalla buona scrittura dello stesso Byrne, ma anche da un’attenzione, quasi devozione, all’elemento materico, ai corpi.

Tutto, in The Devil’s Candy, invoca gli aspetti più tangibili dell’esistenza: dai quadri su tela, dipinti a olio da Jesse (le cui dita sono costantemente sporche di pittura), passando per il sangue che sgorga dalle povere vittime del film fino alle scelte sonore, sia nelle potenti musiche sparate in sala dalle casse sia nei rumori diegetici, contribuendo a quell’effetto di tridimensionalità che trova il proprio culmine in molte immagini brillantemente messe in scenda dal direttore della fotografia Simon Chapman.

Alcune inquadrature, soprattutto nei momenti in cui Jesse è intento a dipingere, sono fantastici esempi di composizione e illuminazione con chiaroscuri di caravaggesca memoria che plasmano l’anatomia di Ethan Embry, volto dell’artista, scelta perfetta per interpretare questo padre di famiglia tormentato, costretto a fare i conti con i propri demoni e, al di là dell’influenza metal, probabilmente non a caso dai tratti e dal look messianici.

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The Devil’s Candy: il diavolo è tentatore, ma siamo noi i carnefici

The Devil’s Candy, infatti, pur essendo un horror della mente e dell’anima, mette in chiaro che il Diavolo, il Male, non agisce autonomamente, bensì acquisisce forza e opera solo se accolto dentro di noi, attraverso i nostri corpi. Turbamento e inquietudine sono i sentimenti che derivano da questa chiave di lettura dell’esistenza, in un titolo che, a parte pochi strappi alla regola, preferisce suggerire piuttosto che svelare, spesso costruendo scene brutali e dal forte impatto emotivo, rifuggendo però dall’effetto più truculento e lasciando che sia lo spettatore a immaginare ciò che accade fuori dall’inquadratura.

A completare il quadro, un cast semplicemente perfetto: oltre alla prova di Embry, impossibile non guardare con interesse alla giovane Kiara Glasco, che potrebbe diventare un nuovo volto del genere cinematografico, e apprezzare la scelta di Pruitt Taylor Vince, che con la sua massiccia presenza e il nistagmo da cui è affetto rappresenta un perfetto contraltare al personaggio di Jesse, dando volto a un omaccione in bilico tra l’essere una vittima o un carnefice.

Sean Byrne firma dunque un horror divertente, inquietante, capace di coinvolgere tutti i sensi, dagli occhi alle orecchie senza far spegnere il cervello, e che sicuramente conferma, se ce ne fosse ancora bisogno, che Midnight Factory è una garanzia, sempre pronta a scovare piccoli tesori nascosti che agli altri distributori sembrano passare inosservati davanti gli occhi.

The Devil’s Candy approderà nelle sale italiane il 7 settembre.

Regia - 4
Sceneggiatura - 3.5
Fotografia - 3.5
Recitazione - 3.5
Sonoro - 4
Emozione - 3.5

3.7