The Creator: recensione del film di fantascienza di Gareth Edwards

Madeleine Yuna Voyles, l'intelligenza artificiale. John David Washington, l'umano. Storia di una conciliazione difficile ma auspicabile, The Creator, regia di Gareth Edwards, arriva nelle sale italiane il 28 settembre 2023.

Al cinema dal 28 settembre 2023 per The Walt Disney Company Italia, The Creator riflette l’ambizione di Gareth Edwards di trasportare un’idea di fantascienza intelligente e aperta all’emozione – senza sacrificare l’azione o una sensibilità mainstream – su un piano puramente originale, qualunque cosa significhi l’aggettivo. La carriera del cineasta britannico, immediatamente dopo il successo a basso budget di Monsters (2010), si era mossa lungo il crinale dei grandi franchise. Da rivitalizzare, è il caso di Godzilla (2014). O da puntellare, aprendo la strada a spin-off e parentesi narrative inedite: Rogue One (2016) è la rarità, per questi tempi, di un film di Star Wars gradito da pubblico e critica contemporaneamente. Con The Creator, scritto insieme a Chris Weitz, si punta a una proposta sci-fi indipendente, senza l’ombra lunga di una saga, una mitologia preesistente, un set di regole, a orientarne il cammino. Paradossalmente, il film di fantascienza finisce per essere incredibilmente attuale, forse più del necessario.

The Creator cinematographe.it recensione

Lo spunto iniziale risale a un’epoca in cui l’IA (intelligenza artificiale) è un miraggio da proiettare sul fondo dei sogni, degli incubi, di un futuro nebuloso. Il 2018, più o meno. Oggi, accompagnata da criticità etiche, mancanza di regolamentazione e fantasie (robo) apocalittiche, l’intelligenza artificiale è un tassello centrale nel dibattito pubblico. In che modo la contemporaneità influirà sulla ricezione del film, che non si ferma all’IA ma intreccia ardite riflessioni su amore, mortalità, famiglia, evoluzione e autenticità, resta da vedere. Nel cast John David Washington, Gemma Chan, Allison Janney, Ken Watanabe, Sturgill Simpson e Madeleine Yuna Volyles.

The Creator: l’umano e la piccola intelligenza artificiale

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La Terra, nel futuro. Il mondo geopolitico è schiacciato in due blocchi, Occidente e Nuova Asia. Il solco politico e ideologico è tracciato sugli approcci adottati per regolare la questione IA. L’intelligenza artificiale è l’oggetto di una guerra totale in Occidente, dove viene messa al bando dopo che un colossale cortocircuito (?) ha incenerito Los Angeles. Le repubbliche neo-asiatiche ne sostengono invece lo sviluppo e la diffusione su larga scala, servendosene essenzialmente in ruoli di supporto e assistenza. Gli schiavi si apprestano a diventare padroni? Questo è il timore delle forze americane: lo scarto evolutivo che condanna l’homo sapiens a retrocedere in favore di una vita diversa, l’ibrido uomo macchina. Più intelligente, più determinata, più flessibile nel rispondere alle sfide dell’ambiente. Per questo il colonnello Howell (Allison Janney) si rivolge a Joshua (John David Washington).

Lui è un agente delle forze speciali americane, per anni sulle tracce di Nirmata – nepalese per Creatore – la mente, l’architetto dell’IA. Joshua lavora sotto copertura e così conosce e si innamora (ricambiato) di Maya (Gemma Chan), forse connessa o forse no a Nirmata. Per lei mette in secondo piano la missione; c’è un figlio in arrivo e non vale la pena di perdere tempo a inseguire un fantasma. The Creator comincia quando l’USS Nomad, la portaerei spaziale che scova a annichilisce intelligenze artificiali dovunque si trovino, provoca la morte di Maya. Disilluso, Joshua volta le spalle al mondo. Il colonnello Howell lo rivuole indietro per un’ultima missione: trovare la misteriosa creatura concepita da Nirmata per porre fine alla guerra tra umani e IA. Si tratta di un’arma formidabile, si trova da qualche parte in Asia ma nessuno sa che aspetto abbia. Joshua, prima riluttante, accetta l’incarico. Trova l’arma, la guarda bene in faccia. Una bambina.

L’hanno chiamata Alpha O (mega), diminutivo Alphie (Madeleine Yuna Volyles). Joshua l’ha scoperta e il passo successivo sarebbe di consegnarla alle autorità occidentali per la “liquidazione”, ma si rifiuta. Prima di tutto perché l’idea di sbarazzarsi di una bambina è qualcosa di spaventoso, anche se la piccola, secondo i parametri occidentali, non è umana e ciò che non è umano, semplicemente, non esiste. Poi, perché nel corso della missione Joshua ha cominciato a coltivare un’insana speranza e crede che Alphie possa dargli una mano a realizzarla. La bambina è diversa da ogni altra IA: ha poteri immensi, per di più aumentano man mano che cresce. A dare una mano a Joshua e Alphie nella loro odissea complicata in un mondo ostile, con mezzo Occidente alle calcagna, un amico di lui, Drew (Sturgill Simpson). E un’intelligenza artificiale che ha molto a cuore il destino di Alphie e confida nelle sue potenzialità messianiche, Harun (Ken Watanabe).

Un film che al suo interno ne contiene molti, originale ma senza dimenticare le nobili ispirazioni

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In più di un modo, Gareth Edwards ha riportato a casa Star Wars. Anche, soprattutto, (ri)consegnando al suo ambiente l’ibrido di modernità esasperata e tradizione immutabile – l’infinitamente antico e l’infinitamente giovane – che tanta parte ha avuto nel costruire la mitologia della saga. Il continente asiatico, nelle infinite declinazioni culturali/etniche/sociali, è un’armonia inestricabile di vecchio e nuovo. George Lucas lo sapeva e ha attinto a piene mani. Gareth Edwards, che a Lucas deve tutto, ne è consapevole. In realtà, il suo The Creator – originale come può esserlo un film di questi tempi, sincronizzando una vecchia visione e vecchi sentimenti su nuove modalità di rappresentazione – prende in prestito dalle fonti più disparate. A chiarire alcune influenze ci pensa proprio il regista: Terminator, l’incontro/scontro di specie su un fondo apocalittico. Il senso lirico dell’immagine di Terrence Malick. Parlando di fallibilità della percezione, riflettendo (in maniera sincera ma non troppo approfondita) di realtà, umanità e autenticità, si fa presto a finire in zona Blade Runner.

The Creator è un film che ne accumula molti al suo interno: azione, fantascienza, cronaca sentimentale. La tavolozza dei temi: amore, famiglia, anche morte. L’evoluzione della specie è il grimaldello con cui la regia muscolare ma con un’anima di Gareth Edwards scardina la madre di tutte le questioni: la fragilità della condizione umana. Tutti finiscono per “spengersi”, umani e IA. La lotta per per il predominio è il disperato tentativo di camuffare, dietro il frastuono della guerra, un grosso problema esistenziale. La risposta di Joshua e Alphie – è un bene che Edwards e il co-sceneggiatore Chris Weitz abbiano tenuto il focus di un film così denso ben stretto sui due personaggi – è un’accettazione serena, per quanto è possibile, del carattere effimero della vita. E una colossale prova d’amore.

The Creator è l’anomalia sci-fi che valorizza il sentimento al di là della semplice parentesi tra una scena d’azione e l’altra. La rappresentazione è moderna, senza istinti ruffiani: John David Washington è l’eroe, forte e carismatico anche grazie alla sua vulnerabilità. Madeleine Yuna Voyles attraversa il film nella dolcezza e nella fragilità di uno sguardo che nasconde e ostenta, a un tempo, la forza spiazzante di Alphie, messia bambina dalle potenzialità insperate. Mentre Hans Zimmer si diverte a camuffare il sound abituale senza perdere nulla della sua forza incalzante, l’immagine è modellata nella sapiente combinazione di ambienti autentici e ricostruzione digitale. Un’ulteriore prova di coerenza, questa ostinata ricerca di un compromesso tra natura e tecnologia, che racconta una verità essenziale. Forse Gareth Edwards non riesce, con The Creator, a valorizzare del tutto le tante piste del suo film. Ma ha una visione e un senso chiaro del cinema e delle sue potenzialità, al punto d’intersezione tra vocazione commerciale e intelligenza della proposta.

The Creator: valutazione e conclusione

Le aspettative che hanno accompagnato lo sbarco in sala di The Creator, si aggiunga la curiosa sincronia di interesse sul tema IA, possono far danno, se non maneggiate a dovere, alla causa. Ingegnandosi, il film, a mostrare la questione da entrambi i punti di vista, tecnologico e umano, lentamente scivolando dall’uno all’altro, inevitabilmente scopre il fianco a strumentalizzazioni e polemiche poco focalizzate sul senso del racconto e il suo messaggio (parola orribile). Che, va detto, è molto più vicino al cuore umano di una tavola rotonda filosofica-scientifica su evoluzione e rapporto uomo macchina. Azione, immagine curatissima, sentimento e intelligenza, Gareth Edwards con The Creator imprime sulla fantascienza contemporanea uno stampo autoriale.

Regia - 3
Sceneggiatura - 3
Fotografia - 4.5
Recitazione - 4
Sonoro - 3.5
Emozione - 3

3.5