Tevere Corsaro: recensione del film di Pietro Balla e Monica Repetto, da Venezia 82
Tevere Corsaro, fedele al suo titolo, è un documentario che ricorda quanto sia importante portare avanti le proprie lotte, avere ideali.
Tra i film in programma nella sezioni #Confronti, all’interno delle Giornate degli autori di Venezia 82, c’è anche Tevere Corsaro di Pietro Balla e Monica Repetto, documentario che fa riferimento, nel titolo, agli Scritti Corsari di Pasolini, un volume degli anni Settanta di critica radicale alle società occidentali sviluppate. Tevere Corsaro vuol dire già molto così, lo si comprende ancor meglio pensando che il film ha al centro le storie di tre utopisti, Sven – un cicloattivista norvegese appassionato di Pasolini -, Giulia – una giovane contadina che difende la propria terra – e Mario – un poliziotto e attivista della Fiab (Federazione Italiana Ambiente e Bicicletta) – che si battono per i propri ideali e per le proprie idee. Creare un “Sentiero Pasolini” da Roma a Ostia – dove nel novembre 1975, fu assassinato il poeta, regista e scrittore -, lungo il corso del Tevere, evitare l’esproprio del proprio terreno dove non solo è stata costruita la propria casa ma anche dove hanno costruito il loro lavoro. Il documentario è un racconto di impegno civile, un’opera di testimonianza dedicata alla memoria di Pietro Balla, regista appassionato e puro.
Tevere Corsaro: una lotta continua e rigorosa

Sven: “Sono due registi che stanno facendo un film sul farsi dei nostri sentieri”
La sezione #Confronti mette al centro temi, storie, parole e immagini dedicate ad altrettante istantanee sull’Italia di oggi e il mondo che viviamo, e Tevere Corsaro, prodotto da deriva film / Italia e con il sostegno di Film Commission Torino Piemonte – Doc Film Fund, risponde a questo bisogno. Come capita sempre nel cinema di Monica Repetto e Pietro Balla, il documentario si concentra su questioni fondamentali dei nostri giorni, questa volta è l’ambiente. Sven, Giulia, Mario sono commoventi antieroi che lottando per qualcosa ricercano anche sé stessi e forse, perché no, anche il loro posto nel mondo. I tre si battono per la loro terra, per la natura, per il mondo, diventano paladini di una battaglia umanissima e il film segue i suo protagonisti per ben quattro anni, lungo i quali Repetto è rimasta da sola dopo la morte in fase di montaggio di Balla, e i tre attivisti li vediamo crescere, cambiare.
Il loro è un lavoro lungo, faticoso, fatto di resistenza, una lotta continua e il ritmo del film segue il movimento dei sui uomini e delle sue donne, è lento e inesorabile, è come l’acqua che leviga la pietra paziente. Tagliano, strappano, spezzano l’intrico che sbarra loro la strada per farsi spazio e raggiungere il loro obiettivo, mentre attento l’occhio di Balla e Repetto li osserva e li accompagna nel loro lungo viaggio. Che il fine sia il “Sentiero Pasolini” o il terreno da espropriare, la tenacia e la resistenza sono sempre le stesse, perché tenaci e resistenti sono i protagonisti.
Il diario intenso di tre persone resistenti

“Loro costruiscono e distruggono l’agro-romano e poi si fanno le strade dicendo che sono opere pubbliche”
Tevere è un film che cammina, si snoda lungo il percorso del “Sentiero Pasolini” e tra i terreni coltivati dalla famiglia di Giulia, entra tra le vite di quelle persone che si attivano per il territorio e per il bene sociale, a emergere tra le pieghe del territorio ci sono la crudeltà e la bellezza del paesaggio fluviale ma anche l’apologo di una società smarrita che non sa/non capisce/gira la testa dall’altra parte perché non le è stato insegnato o preferisce chiudere gli occhi. La voce, la contestazione di queste persone si stagliano con costanza alte e potenti, rompono gli argini e sistematicamente ci sono, parlando con le televisioni, con lo spettatore, tra di loro, nonostante spesso tutto questo si scontri contro la “sordità” ottusa delle istituzioni. Balla e Repetto, usando la loro solita cifra stilistica, lasciano da parte artificiosità e qualsivoglia ricatto, andando dritti alla stregua di lame affilatissime.
Si fa diario di un’epopea umanissima come le pagine scritte dalla nonna di Giulia. La nostra storia si svolge sull’orlo dell’abisso di un disastro economico, ecologico, urbanistico e antropologico che riguarda tutti noi. Il film entra nei luoghi bui e paradossalmente lontanissimi della nostra Italia, vive le zone d’ombra, presentandosi al pubblico come un’opera di impegno civile e di interesse antropologico.
Giulia, Sven e Mario sono rappresentanti di un bisogno universale di adottare modelli di vita diversi e sostenibili, di abbracciare sentimenti di cura per lo spazio e per le comunità che lo abitano. Nonostante siano ostacolati da proprietari, politici mediocri e una burocrazia insensibile, questi alleati si battono per un’utopia fatta di natura e comunità, in una battaglia che riflette il mondo di oggi. Loro ciascuno a proprio modo, con il proprio carattere, combattono con ostinazione. Sarà come quella di Don Chisiotte con i mulini a vento o riusciranno a vincere?
Tevere Corsaro: valutazione e conclusione

Tevere Corsaro, fedele al suo titolo, è un documentario che ricorda quanto sia importante portare avanti le proprie lotte, avere ideali. La voce sicura e lo sguardo amabile e diretto di Balla e Repetto si fanno intenso megafono delle “piccole” storie di impegno e attivismo di Giulia, Sven e Mario che mettono in luce sconfitte e immobilismo dei giorni nostri, ma anche aperture e “sangue e lacrime” per cui si vive. Come hanno fatto con TyssenKrupp Blues, i registi accompagnano lo spettatore in un viaggio attraverso una natura che necessita di protezione, con un forte senso di libertà, invitando a riflettere. Rimbombano con la serietà e la delicatezza che lo hanno sempre contraddistinto le parole di Balla, presenti nelle note di regia: “È una storia di perdenti sicuri. Io non so bene chi abbia ragione o torto, perché la faccenda è molto complicata. Però è paradigmatica di questi tempi… Quando finirà? Durerà finché resisteremo noi”.