Subject: Filmmaking – recensione del film dalla Berlinale 2024

Subject: Filmmaking è il documentario con cui Edgar Reitz partecipa alla Berlinale 2024.

Edgar Reitz, novantunenne cineasta autore della monumentale opera di Heimat (1981 – 2013), presenta, alla settantaquattresima edizione del Festival internazionale del cinema di Berlino, un suo lavoro documentaristico, che si muove fra il saggio teorico, la meditazione sullo scorrere del tempo e l’anelito letterario: Subject: Filmmaking.

Subject: Filmmaking Cinematographe.it

Il documentario prende le mosse da un esperimento che il regista portò avanti nei primi anni sessanta. Con lo scopo di convincere il governo tedesco a inserire nei programmi scolastici lo studio del linguaggio cinematografico, Reitz tenne delle lezioni di cinema in una classe di un liceo femminile. Portò con sé un operatore e riprese le lezioni, in cui le giovani allieve apprendevano la tecnica cinematografica. Le ragazze alla fine produssero dei brevi cortometraggi di varia natura. Il regista ci presenta, a distanza di più di sessant’anni, quei lavori insieme a stralci delle lezioni, mettendoli in parallelo con un nuovo incontro che Reitz ha avuto con le ex-allieve nel 2023.

Studiare il cinema, studiare le tracce dell’evoluzione individuale e sociale nel tempo

Il film dunque si dipana fra due piani spaziotemporali distanti, che, messi in comunicazione attraverso il montaggio – la tecnica precipua del cinema – , vengono a costituirsi come un unico flusso narrativo. Si notano le assonanze estetiche con i film-romanzo di Heimat. Reitz è ossessionato dalla possibilità del cinema di farsi traccia tangibile dell’evoluzione degli individui e della società, nel tempo. La dimensione collettiva è sottolineata dalla messa in scena delle lezioni, improntate a un dialogo paritario fra docente e discenti, così come dal palesarsi dell’importanza della collaborazione fra le ragazze per creare un film. Ma allo stesso tempo le singole studentesse vengono interpellate, viene dato loro lo spazio di esprimersi e raccontarsi, in un contesto sociale dove questa possibilità non era scontata. Il cinema appare essere allora, nella sua forma più pura, uno strumento di comunicazione e autorappresentazione, prima ancora che un linguaggio. L’autore insiste su tale peculiarità durante gli incontri, ne discute con le ragazze e suggerisce che proprio in virtù di una simile natura, l’arte cinematografica dovrebbe essere studiata nelle scuole.

Subject: Filmmaking Cinematographe.it

Dopo tanti anni possiamo constatare come Reitz stesse precorrendo i tempi. Oggi, grazie ai social media e a dispositivi di cattura dell’immagine in movimento sempre più user friendly, tutti comunicano attraverso il video, in un modo o nell’altro, senza preoccuparsi della grammatica filmica. Si cerca costantemente di rinegoziare la propria individualità in un landscape multimediale, in cui esistere come soggetto, fin troppo spesso, significa apparire come oggetto di un’immagine digitale. Forse se il governo tedesco, e poi quelli degli altri pesi europei, avessero seguito le sollecitazioni del regista, saremmo entrati più preparati all’interno dell’odierna mediasfera, magari muniti di una maggiore consapevolezza critica nella gestione della nostra immagine fantasmatica digitale.

Subject: Filmmaking. Un film testamento

Il film, come accennato, presenta tutta una serie di tematiche care all’autore. Il nesso fra scorrere del tempo e immagine filmica; il rapporto fra soggetto e collettività; il ruolo centrale della donna – «Credo di avere sempre avuto una speciale predilezione per le figure femminili […] Il bello della vita delle donne è […] la loro flessibilità» (intervista riportata in Galli, Edgar Reitz, Il Castoro Cinema, 2005). La necessità, infine, di un cinema che sia anche un cinema autoriale, ovvero di un cinema in cui l’utilizzo della macchina da presa possa farsi indice della visione del mondo del regista/autore, così come teorizzato dalla Nouvelle Vague, cui Reitz e i suoi sodali del gruppo di Oberhausen si ispirarono, per riformare il cinema tedesco, negli anni sessanta.

Subject: Filmmaking Cinematographe.it

Coerentemente con una simile visione del mezzo filmico anche questo lavoro del regista presenta una messa in scena fortemente personale, che tratta l’immagine digitale con un rigore raramente riscontrabile nelle produzioni audiovisive contemporanee. Le inquadrature ambientate nel presente sono semplici, pulite, mettono al centro i propri soggetti e vengono montate in perfetta simbiosi con quelle del passato, più movimentate, in bianco e nero e dal piglio più classicamente documentaristico, così da restituire un unico continuum narrativo fatto di ellissi, salti in avanti e all’indietro, parallelismi e ossimori.

Subject: Filmmaking – valutazione e conclusione

Vero e proprio testo audiovisivo stratificato in diverse sezioni di tempo e spazio, Subject: Filmmaking presenta, fra le altre cose, una serena accettazione del passare del tempo e dell’avvicinarsi alla fine di un cineasta che ha attraversato la società dello spettacolo del secondo Novecento. Reitz ritiene l’opera filmica il mezzo più adatto a lasciare una traccia della propria esistenza finita nell’infinito flusso della vita umana. Il cinema appare allora, in questo film-testamento, come il viatico per la vita eterna, per un paradiso, che in Heimat era la patria ideale perduta e in Subject: Filmmaking diventa l’ideale di una patria transnazionale e artistica, ritrovata nello spazio virtuale della comunicazione audiovisiva.

Regia - 5
Sceneggiatura - 5
Fotografia - 4.5
Recitazione - 5
Sonoro - 5
Emozione - 4.5

4.8

Tags: Berlinale