Strade perdute: recensione e analisi del capolavoro di David Lynch

Strade perdute è una pellicola del ’97 diretta da David Lynch, che ha composto la sceneggiatura con Barry Gifford e la colonna sonora assieme ad Angelo Badalamenti.
Strade perdute è interpretato da Bill Pullman, Patricia Arquette, Balthazar Getty, Robert Loggia, Robert Blake e Natasha Wagner.

Dick Laurent è morto

Questo è l’inizio di un film complesso, stratificato e che proprio oggi, 15 gennaio 2017, festeggia i suoi 20 anni di vita.

Fred Madison (Bill Pullman) è un musicista jazz che convive con la sua ragazza Renee (Patricia Arquette). Fred soffre di un disturbo mentale che lo porta ad essere spesso confuso, ai limiti della schizofrenia, e in preda a questo crollo comincia a dubitare della fedeltà della sua ragazza. Una mattina qualcuno citofona e dice ad alta voce: Dick Laurent è morto.

Da quel giorno alla sua villa cominciano ad essere recapitate delle videocassette in bianco e nero: nella prima si vede la loro casa ripresa da fuori, mentre nella seconda c’è una sequenza lenta di immagini che dal salone riprende l’ingresso nella stanza in cui i due protagonisti dormono senza accorgersi di essere ripresi. La polizia controlla la casa ma non c’è traccia di nessuno.

strade perdute

La pellicola comincia a essere confusa assieme al protagonista che in men che non si dica si ritrova in carcere accusato di uxoricidio. Fred infatti, in preda alla rabbia, dopo un presunto tradimento di Renee, la uccide e la fa a pezzi in camera da letto. Fred non ha alcun ricordo dell’accaduto, ma le prove sono schiaccianti e lui è condannato a morire sulla sedia elettrica.

I giorni nella cella li vive con una certa interferenza, dapprima è visivamente scosso poi appare disinvolto e incosciente finché un giorno, in quella cella non c’è più lui ma un uomo che, non si sa come, occupa la cella al suo posto: Pete Dayton (Balthazar Getty), un meccanico.

La pellicola segue allora la vita di questo ragazzo, un bel tipo che va a letto con una donna ogni giorno in un motel diverso, che odia il jazz, e che un giorno si ritrova a mettere le mani sulla macchina di un gangster di quartiere, Mr Eddy. In quel momento conosce sua moglie, una donna mozzafiato, Alice. Pete ed Alice fin da subito si trovano a proprio agio a parlare e finiscono in breve a letto insieme, intrattenendo una relazione molto più che pericolosa e duratura.

Anche Pete comincia a sentirsi pieno di incertezze e ad avere un crollo psichico, similmente a Fred, ma dal suo canto trovandosi Alice che gli implora di scappare con lei ad una condizione: di uccidere un amico, Andy, al quale ruberanno denaro e gioielli a sufficienza per potersi rifare una vita. La pellicola di qui in poi sarà ancora più sconvolta dall’ingresso di personaggi rivelatori, misteriosi e di ritorni spiazzanti che daranno ancora più forma al dissenso reale di una pellicola fatta e finita nella mente schizofrenica del protagonista.

strade perdute

Strade perdute fa scempio della continuità, coniugata al benessere visivo, per mostrarci una vertigine del pensiero, le infinite psicosi realizzabili dal nostro cervello.

L’edificio lynchiano è strutturato come le scatole cinesi, nella grande si nasconde una piccola, mentre nella piccola c’è un universo, un mondo di realtà e di possibilità, ed è impossibile circuirlo o definirlo. Un edificio poggiato sulla demolizione, la demolizione di ogni senso logico, quasi inaccettabile perché esagerata, incompresa.

Strade perdute è diviso essenzialmente in due grandi contenitori, due protagonisti, due storie, due vite, due azioni filmate, due narrazioni, due finali, l’atto però talvolta è obliato, non è stato ripreso, ma è accaduto ed è vero, ed è più vero di quanto non si veda.

L’agire in qualche modo porta allo smarrimento, la vita di Fred è un arrogarsi di patologie, la paura della sofferenza, l’ansia del tradimento, l’ira, la gelosia, l’amore, l’ossessione diventano i pesi che bilanciano la storia e la stravolgono fino a farla pendere sul lato dell’irrealtà, dove nasce Pete, e in cui c’è un superamento totale della narrazione e della storia di quest’uomo che si crea nell’inconscio e si disperde nella negazione della coscienza.

C’è fantasia, c’è patologia, c’è incubo, questo film ha un’autonomia descrittiva immensa, si lascia vedere e ha infinite vie, infinite strade percorribili, un’opera che fa i conti con la propria pelle, con la propria consistenza, con i limiti di ciò che può mostrare e ciò che dall’altro lato può fare la mente per mezzo delle proprie fughe.

La camera è ripetuta, è ribaltata, la cinepresa è ripresa a sua volta, è un teatro elevato al cubo che non tampona i propri limiti ma li affronta mettendosi in discussione. Una copula simulata, un’unione di mondi paralleli, reale, surreale e irreale, immagine, movimento e spazio, che Lynch avvicina il più possibile per mezzo dei personaggi che si trovano ad interpretare una storia tutt’altro che lineare.

Strade perdute ha un inquilino strano e permanente…

strade perdute

Questo film ha un inquilino strano e permanente, costretto ad abitare laddove non si potrebbe, un inquilino totalmente dissonante dalla casa del linguaggio, della cronologia, del senso diretto, dell’immediatezza delle immagini. É tutto in balia della fuga, della follia, del mentirsi, le emozioni sono meretrici che pur di non lasciarsi abbandonare si legano alla realtà del protagonista che crea un proprio mondo fondato da quelle stesse sensazioni, cosicché possano essere ancora spese. C’è una pornografia emotiva, che spinge il protagonista a vendere qualsiasi cosa pur di avere quel leviatano di donna (Renee/Alice) al suo fianco.

Strade perdute è una pellicola che non avviene, ma si disperde, vivisezionata, è la celebrazione della trasfigurazione, quello che accade lo è per mano di un’illusione, di un’idea, di una commistione di pensieri, lucidi, onirici, irreali, surreali, stranieri, Lynch lascia fuori se stesso o almeno ci prova lasciando narrare tutto proprio attraverso il linguaggio visivo che non si lascia mediare, una non storia, una non trama, in cui Fred non ha un corpo, immagina di essere altro, ma non riesce a vestirsene in toto, a contenere il proprio volto, ha la necessità di celarsi, di sfigurarsi, di rivisitare la propria memoria, la propria mente, sino a cambiare la sua vita, il rifiuto della realtà produce ciò: l’estraneità dalla propria vita.

strade perdute

In Strade perdute i contenuti cronologici sono prostituiti all’incubo e al disonore dell’immaginazione

L’immagine che viene proposta è una rappresentazione, e supervisionata dalla mente deviante di Fred, questa pellicola è un ibrido, un dividuo, un modo particolare che ha la pellicola di guardarsi, non a caso nel film c’è sempre un’accezione al girato, ad una ripresa, come se ci fosse, oltre alle cineprese che realizzano il film, altri mondi ai quali ci si aggrappa per riprendere fughe parallele, l’altrove non ripreso dal film.

Un altrove che viene intercettato da un uomo misterioso e da queste cassette che appaiono in modo quasi fatalista, e proprio attraverso queste cassette rendere conto lo spettatore di una piccola parte di realtà, poiché fino a quel momento ci viene montata una struttura che muore, il mondo di Pete, che tradisce subito la stabilità narrativa, che diventa cieca, poi sorda e quasi balbuziente, che ha un linguaggio che si comprende forse male, forse mai.

Una cosa che va detta: non c’è sfiducia nell’immagine. Lynch ha totale fiducia in ciò che mostra, tant’è che non si riserva mai di commentare o spiegare nulla per supportare le sue creazioni.

In Strade perdute i contenuti cronologici sono prostituiti all’incubo e al disonore dell’immaginazione, un’immaginazione come fuga dall’incertezza di alcuni destini, i propri. L’incubo nasce come realtà, poi si trasfigura come sogno, poi torna incubo, il subconscio ci lascia credere e vedere i ricordi in modo personale ma poi con la giusta temporalità torna a declamare le sue vette di verità.

Lo spettatore prova a trovare un senso, a estrapolare un briciolo di cronologia alla trama, che di primo acchito appare tripartita, come es io e super io, una triade insuperabile in cui realtà, fantasia e sogno appaiono in linea con 8 ½ e l’alienazione di Guido, ma qui non è veramente importante comprendere quanto sia fruibile la trama e il suo contenuto reale, ma quanto di esso sia manifesto e quanto latente, dando la sensazione di tutto quello che si crea, si disfa e si svolge nella mente apolide di Fre(u)d.

Regia - 5
Sceneggiatura - 5
Fotografia - 5
Recitazione - 4
Sonoro - 5
Emozione - 4.5

4.8