Stereo Girls: recensione del film da Venezia 82
L'opera prima della regista Caroline Deruas Peano, fra immaginario pop anni Novanta ed estetica del videoclip.
Stereo Girls di Caroline Deruas Peano apre il 27 agosto la Settimana Internazionale della Critica all’interno Biennale di Venezia 2025.
La regista, al suo primo lungometraggio, racconta una storia d’amicizia fra due ragazze, Liza e Charlotte, nel Sud della Francia dei primi anni Novanta. Le due diciassettenni sono inseparabili e sognano di andare a Parigi per sfondare come duo musicale. Purtroppo il destino ha altri piani e Charlotte dovrà affrontare il passaggio all’età adulta da sola.
Stereo Girls. Fra Coming of Age e autorialità europea

Il film della Peano si presenta come un coming of age, che gioca consapevolmente con le regole e l’estetica pop del cinema di John Hughes, dei telefilm adolescenziali americani e dei primi videoclip. La narrazione segue infatti i dilemmi sentimentali e i sogni delle due giovani, accennando un contesto scolastico e familiare, fatto di colori saturi e quadri dal sapore quasi televisivo. I personaggi però presentano una profondità psicologica e una caratura sociologica, tipicamente europee.
L’approfondimento dei caratteri di Charlotte e Liza infatti è molto lontano dai classici stereotipi del genere e passa per un interessante utilizzo di immagini registrate da una videocamera digitale, usata da Charlotte. Queste ultime spesso si fanno specchio dei sentimenti delle giovani e ripropongono situazioni già immortalate dalla macchina da presa, così da ottenere un doppio registro linguistico. Abbiamo il linguaggio dell’azione, degli eventi, dei fatti, della realtà cioè, raccontato attraverso il cinema di genere – il coming of age – e poi abbiamo le immagini VHS che rappresentano ciò che si cela dietro quella realtà. La videoregistrazione, immediata e senza filtri estetici, diventa la più alta forma di espressione artistica per la Peano. L’unica capace di restituire la continuità esistenziale tra soggetto che percepisce e oggetto della percezione, così come la intendeva Merleau-Ponty. La videocamera di Charlotte registra l’oggetto della sua visione Liza, ma contemporaneamente diventa Liza stessa, nel momento in cui tramite queste registrazioni la ragazza si apre completamente allo spettatore. In secondo luogo, l’occhio che registra è l’occhio di Charlotte, ma permette a Charlotte di rispecchiarsi nei sentimenti dell’amica, trasformando il suo affetto in un oggetto video, esterno a sé. Questo principio spirituale di continuità fra mondo interiore ed esteriore viene ribadito durante tutto il film anche dalla presenza di sogni che assumono lo stesso apect ratio (4:3) delle videoregistrazioni, ma parlano il linguaggio del simbolismo onirico e dei videoclip musicali (si notano omaggi ad Alice di Švankmajer ma anche, e soprattutto, ai lavori di Anton Corbijn, come il video Enjoy the Silence girato per i Depeche Mode).

La Peano costruisce dunque un’opera stratificata e complessa che mentre tratta i temi dell’amicizia e della crescita, ci ricorda come l’identità soggettiva, che inizia a formarsi realmente durante l’adolescenza, sia qualcosa di sfuggevole e proteiforme. Essa non è il frutto di una sorta di autodeterminazione solipsistica, ma il risultato del rapporto con l’altro. E le amicizie formatesi nell’adolescenza sono le più adatte a costruire quel meccanismo di rispecchiamento necessario all’individuo per capire quanto la propria individualità non sia un monolite eterno, ma il frutto di un divenire, di un fluire da sé verso il mondo e viceversa. In questo senso assume importanza anche la reiterata presenza del mare, che si fa metafora proprio di questo fluire e diventa un correlativo oggettivo naturale del fluire delle immagini artificiali (videoregistrazioni e sogni) inteso come flusso di coscienza ininterrotto.
Stereo Girls: valutazione e conclusione

In conclusione Stereo Girls sia un’interessante opera prima, che attraverso un gioco raffinato di rimandi, linguaggi e immaginari, parla di famiglia, amicizia, dolore, elaborazione del lutto, identità e soprattutto delle possibilità dell’immagine/immaginario cinematografico e televisivo di farsi tramite di una forma di percezione del reale più profonda e unitaria.