Simon Calls: recensione del film portoghese di Marta Sousa Ribeiro

La rappresentazione della ribellione adolescenziale del giovane Simon nel film in concorso allo ShorTS International Film Festival.

L’adolescenza è probabilmente il periodo più difficile e complesso della vita, mostrandosi come quell’interstizio di tempo tra l’infanzia e l’adultezza caratterizzato da contraddizioni e fragilità.
Simon Calls di Marta Sousa Ribeiro è uno dei film in concorso nella sezione Nuove Impronte dello ShorTS International Film Festival 2021 e che è stato proiettato in anteprima italiana il 6 luglio in occasione del festival triestino e su MyMovies. Primo lungometraggio della regista portoghese, si configura come un filmino di famiglia.

Simon Calls: un filmino di famiglia

Simon Calls Cinematographe.it

La storia si concentra sull’adolescente Simon e sul rapporto burrascoso con la famiglia, mediato dalla voglia di estraniarsi da una condizione opprimente – la madre apprensiva, la sorella ribelle, il padre divorziato lontano – attraverso piccole ribellioni adolescenziali in compagnia dell’amico Miguel.

Il film si apre con un’inquadratura anticonvenzionale, dalla nitidezza accentuata ma caratterizzato da un ridimensionamento dell’immagine filmica e della cornice inusuale per il formato standard contemporaneo. Fin da subito si denota, dunque, la voglia di trascrivere differenti momenti della vita della famiglia protagonista – e in particolare del giovane Simon – attraverso l’uso di un formato  ridotto per indicare il flash back. Interessante come i differenti momenti filmici siano stati effettivamente girati in tre fasi, dal 2015 al 2019, mostrando l’evoluzione anagrafica e esteriore dei personaggi principali.

Tale espediente linguistico struttura l’immagine cinematografica come fosse un filmino amatoriale di famiglia, costituendo una relazione eterogenea tra il presente e il passato. Quest’ultimo influenza il presente diegetico, ma si configura come un elemento distaccato sia narrativamente che stilisticamente. I flash back non costituiscono uno scavallamento narratologico o estetico, mostrandosi esattamente affini alla rappresentazione e alla messa in scena del presente, ma sono costruiti per essere evidentemente distaccate dal presente, attraverso l’utilizzo di una cornice di formato differente, tagliando l’inquadratura a mo’ di amatoriale rappresentazione visuale.

Un’età contraddittoria

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La narrazione è caratterizzata in taluni punti da immagini sconnesse, quasi da sembrare illeggibili e intangibili, caratterizzate da una frenesia di rappresentazione che però accentua l’incapacità di comprensione del tessuto narrativo e del decoupage stilistico. I flash back non sono esplicitati in una coerenza rappresentazionale tale da permettere un’immersione profonda dello spettatore, sono sintetici e non presentano tra di loro delle connessioni apparentemente di senso consequenziale, ma solo metaforico: ciò comunque non permette di leggere le scene come un testo chiaro e preciso. Il film raggiunge una coerenza leggibile quando lo schermo si allarga, dischiudendo metaforicamente il tempo presente, che paradossalmente al contrario dovrebbe rappresentare l’età contraddittoria e movimentata, l’adolescenza del giovane Simon. Nonostante ciò, la storia quotidiana non presenta particolari sconvolgimenti, sebbene la narrazione vada incontro alla rappresentazione dei momenti di ribellione di Simon e di Miguel e della voglia di entrambi di cambiare il proprio destino.

Per quanto riguarda la composizione fotografica ci troviamo di fronte ad inquadrature convenzionali, che non presentano particolari virtuosismi o eccessi visivi; non vi è una costruzione fotografica particolarmente accattivante nonostante la regista abbia fatto ricorso a bene tre direttori della fotografia. I raccordi tra sequenze sono scandite dall’intervallarsi del tempo presente e passato, presentando un montaggio abbastanza convenzionale, nonostante la non linearità della narrazione, che spazia attraverso i due tempi dietetici del presente e del passato.

L’attorialità non è concitata, non si dimostra essere particolarmente enfatica e non restituisce particolare emozione allo spettatore, ma semplicemente si presenta essere la rappresentazione fin troppo pacata di uno stato adolescenziale burrascoso.

Regia - 2
Sceneggiatura - 2
Fotografia - 2.5
Recitazione - 3
Sonoro - 2.5
Emozione - 1.5

2.3