Roma FF18 – Segnali di vita: recensione del film di Leandro Picarella

Segnali di vita, presentato a Roma FF18, analizza l'umano attraverso lo studio degli astri.

L’umano filtrato dal vetrino di un microscopio, l’umano che passa dagli astri, componendosi di essi senza comprenderli; Segnali di vita è il documentario di Leandro Picarella, presentato nella sezione Freestyle della 18ª edizione della Festa del Cinema di Roma; un’opera che riscopre l’empatia umana tramite interviste e sondaggi di natura scientifica. Il film, realizzato dal regista a 3 anni di distanza dal suo precedente, Divinazioni, e prodotto da Qoomoon, in collaborazione con Rai Cinema e Soap Factory, trova infatti il proprio spazio in un piccolo villaggio di montagna, ai confini della civiltà, la cui iperbolica vicinanza alle sfere celesti viene analizzata più nella sua lontananza concettuale, anche se scrutata con l’occhio rasente di un’esperto astrofisico che, nella ricerca di vitalità oltre i propri orizzonti, recepisce segnali di vita da una realtà umana inconcepibilmente estranea ad una conoscenza per lui scontata ed essenziale.

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La trama di Segnali di vita

Segnali di vita cinematographe.it

L’osservatorio astronomico di Lignan, esiguo villaggio situato nella Valle di Saint-Barthelemy, in Valle D’Aosta, ospita l’astrofisico Paolo Calcidese il quale, intento a portare avanti diverse ricerche scientifiche, a sperimentare nuove tecniche e a raccogliere più dati possibili, si trova costretto ad attuare uno studio sociologico sugli abitanti della zona, senza possibilità di proseguire con il proprio lavoro di ricerca, a causa di un guasto tecnico.
Scoraggiato dalle circostanze che lo costringono ad un approfondimento riguardo alla ricezione umana della fisica e dell’astronomia, piuttosto che ad uno studio sui corpi celesti di per sé, egli mette da parte astrobiologia, nuclei e telescopio per dedicarsi ad un questionario finalizzato alla comprensione delle misconcezioni scientifiche, quelle false credenze su cui si basa il sapere di un’intera società culturalmente e conoscitivamente arretrata.
Spalleggiato dal proprio collega figlio della robotica, Arturo, il protagonista entra in contatto con la modesta e marginale comunità del luogo, approcciandosi del tutto disinteressato e deluso dal cambio di rotta delle proprie fatiche ma scoprendo, col tempo, una connessione ed una vicinanza figlie proprio della materia studiata, derivate direttamente da quella interconnessione tra i corpi che il film dà fintamente per scontato ma che invece ci insegna e ci ripete.

Siamo fatti di polvere di stelle

Leandro Picarella cinematographe.it

Sembra quindi un gioco di prospettive quello creatosi tra Calcidese, la comunità, e gli stessi astri, in un rapporto che, pur iniziando impostato su una forzata tripartizione gerarchica, si livella col procedere delle domande, con quel lento scavo conoscitivo da lui attuato che, da disinteressato, passa alla curiosità, alla comprensione dell’importanza di quell’incomprensione, alla scoperta di un legame sensibile che non necessità di studio ma solo di semplice verità e di esistenza, di contatto; quell’esistenza e quel contatto che, direttamente dalle stelle, irradiano il mondo interno, qua scoperto in una minuscola realtà, in una delle sue vesti più leggere, friabile quanto la sabbia ed onesta quanto le risposte date dai suoi abitanti.

Segnali di vita: valutazione e conclusione

Segnali di vita finge e poi attua, mescola la finzione all’approccio documentaristico ottenendo un risultato interessante ed insolito che, nel rispondere alla proprie domande, pone quesiti nell’immaginario dello spettatore, disorientato dall’approccio supponente dell’astrofisico Paolo Calcidese. Si evince la lunga preparazione, voluta dal regista Leandro Picarella per poter mettere in piedi un progetto che innanzitutto penetrasse la comunità nel profondo, in modo da restituire la connessione forte tra gli abitanti e l’ambiente, si evince la voglia di raccontare qualcosa di ignorato, di avvicinare qualcosa di distante, che viene perfettamente illustrato in un continuo rimando metaforico tra l’uomo e la natura. Il lavoro perde di aderenza a causa di un’immagine, di un suono e di una recitazione del tutto conformi al lato documentaristico dell’opera ma privi di una forza emotiva che, se maggiore, avrebbe potuto veicolare meglio l’idea; un’idea la cui potenza rimane ben più solida che nel suo atto.

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Regia - 3
Sceneggiatura - 3
Fotografia - 2.5
Recitazione - 2.5
Sonoro - 2.5
Emozione - 3

2.8