Venezia 76 – Se c’è un aldilà sono fottuto. Vita e Cinema di Claudio Caligari: recensione

Simone Isola e Fausto Trombetta dirigono un documentario robusto, pieno di passione, ma allo stesso tempo colloquiale, intimo.

La carriera di Claudio Caligari è stata sicuramente una delle più enigmatiche, originali e incomplete del cinema italiano; di certo una delle più mancate, e non per colpa sua, ma per l’originalità di sguardo, competenza, amore per un cinema che andasse oltre l’ovvio, il commerciale, che raccontasse con modalità e sguardo diversi quella fetta di Italia messa da parte dal boom economico, che non interessava né destra né sinistra, sprofondata ancora più in basso nella sua periferia da quella droga, quell’eroina, che nell’Italia degli anni di piombo falciò tante vite e creò regni dell’oblio che resistono ancora oggi.
Se C’è un Aldilà Sono Fottuto di Simone Isola e Fausto Trombetta è un sentito, doveroso e caldo omaggio a Claudio Caligari e parte dal lavoro, dalle riprese che lo portarono (negli ultimi mesi di vita) a completare quel Non Essere Cattivo che tuttora è considerato uno dei più importanti film italiani di questo decennio.

Se c’è un aldilà sono fottuto. Vita e Cinema di Claudio Caligari: un racconto definito e intimo del regista

Il suo ricordo, del regista che spiazzò Venezia mostrando la tragedie all’eroina nell’Italia degli ultimi con il mitico Amore Tossico, rivive con i sopravvissuti di quel viaggio cinematografico, composto da giovani tossicodipendenti e ragazzi di vita, che segnò profondamente il cinema italiano indipendente e rese Claudio Caligari ancora oggi un profeta delle idee libere e del cinema veramente originale.
Oltre a loro, i volti, le voci, i ricordi di Valerio Mastrandrea, che fu lanciato ne l’Odore della Notte e che aiutò in Non Essere Cattivo il suo vecchio maestro negli ultimi mesi di vita, sono il collante che tiene assieme un viaggio mai troppo rigoroso temporalmente ma di incredibile intensità, energia ed interesse.
Preziosissimi i backstage, i provini, i video dei set e i ricordi da cineteca, con Luca Marinelli, Alessandro Borghi, Silvia D’Amico, Roberta Mattei, Giorgio Tirabassi, Marco Giallini, Emanuel Bevilacqua e tanti altri volti del suo cinema, che narrano di chi era e cosa ha dato pure se con soli tre film, Claudio Caligari.

L’infanzia ad Arona, la passione per il cinema, la decisione di seguire la sua passione rinunciando ad un impegno sicuro, la natura schiva, riflessiva, solitaria ma originale di un regista che decise di impegnarsi andando a rompere gli schemi della retorica e arrogante sinistra modaiola e radicale di quegli anni.
Il suo Amore Tossico fece scoprire all’Italia l’Ostia ambasciatrice delle periferie diroccate, abitate da disperati, da quel sotto-proletariato che anche Garrone con DogMan descrisse, ma dove Caligari fece muovere quei ragazzi di vita, quei giovani tossicodipendenti di cui sempre più morivano per le strade di quell’Italia senza freni e senza anima.
Fece discutere, fu premiato, era il suo primo film e parve poterli spalancare le porte dell’infinito, del cinema vero… invece da lì in poi per quanto proponesse e scrivesse, Caligari fu ostracizzato, fu esiliato nel limbo di un anonimato da cui uscì solo molti anni dopo, con L’Odore della Notte.

Se C’è un Aldilà io sono Fottuto: racconto dell’uomo Claudio Caligari

Perché questo esilio? Perché questa lontananza? Una delle tante domande senza risposta di Se C’è un Aldilà io sono Fottuto, che sceglie di raccontare la sua visione del cinema, il suo modus operandi, la straordinaria coerenza di un uomo che amava il cinema più della vita di tutti i giorni, a cui aveva sacrificato tutto e anche di più.
Ancora una volta, alla fine, ciò che emerge è la totale avversione decennale di questo paese verso i realmente diversi, gli originali, i visionari fedeli a sé stessi in ogni campo, verso coloro che si staccano dall’omologazione che da allora, da quell’Amore Tossico, si insinuò sempre più come un virus dentro il corpo del cinema italiano.

Il documentario di Isola e Trombetta è robusto, pieno di passione, ma mantiene un certo non so che di colloquiale, di intimo, quasi una chiacchierata tra amici che ricordano uno di loro che non c’è più dal 2015.
E che commozione nel vedere il sempre elegante, viscerale e caustico Caligari in quei mesi del 2014, quando si preparava a lanciare definitivamente Marinelli e Borghi, a donarci uno dei film più impegnati e iconici del cinema italiano del nuovo millennio.
Il suo amore per il cinema francese, per Scorsese, il voler parlare degli ultimi, i nascosti, le simpatiche canaglie disperate, per i pezzi ed i cocci della società italiana, sempre con nascosta quell’eroica “voglia di perdere” per una giusta causa che lo aveva contraddistinto, sono tutti dentro quest’opera onesta, schietta, e molto ben fatta.

Regia - 3.5
Sceneggiatura - 3
Fotografia - 3.5
Sonoro - 3
Emozione - 3.5

3.3