Venezia 76 – Scales: recensione del film fantasy di Shahad Ameen

Recensione di Scales che, attraverso gli occhi di una giovane protagonista, esplora il ruolo delle donne in una società araba maschilista e patriarcale.

Girato in bianco e nero, Scales (il cui titolo originale è Sayidat al-Bahr, Le donne del mare) è un racconto fantasy di una ragazza che sfugge al suo destino per crearsi la propria strada. Ambientato in un mondo distopico di un’epoca imprecisata, il film ha come protagonista Hayat, una giovane di un povero villaggio di pescatori governato da un’antica quanto macabra tradizione che aleggia fin dalla notte dei tempi. Ogni famiglia è infatti obbligata a sacrificare una delle proprie figlie alle creature che vivono nelle acque vicino al villaggio. Per ristabilire l’equilibrio, gli stessi mostri del mare vengono cacciati dagli uomini – una brutale pratica vietata alle donne, che sono invece costrette ai lavori domestici. Hayat non è però una ragazza come tutte le altre.

Scales: il ruolo nelle donne nella società araba attraverso gli occhi del cinema

Diretto da Shahad Ameen, regista dell’acclamato cortometraggio Eye & Mermaid, che ha debuttato nel corso del Dubai International Film Festival del 2013, Scales esplora il ruolo delle donne in società attraverso gli occhi del genere fantasy. Ameen dà quindi voce alle insicurezze, ma soprattutto alla forza della sua giovane protagonista (interpretata da Basima Hajjar), una ragazza che vuole fuggire dal suo destino – e riesce nell’impresa.

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Nel momento in cui sta per essere sacrificata alle creature del mare, Hayat viene salvata da suo padre, che non riesce a rinunciare alla sua unica figlia. Questo gesto viene ovviamente malvisto dalla gente del villaggio, che da quel giorno considera Hayat perseguitata da una maledizione, e pertanto costringe quest’ultima a condurre la sua esistenza vivendo come una reietta. Nonostante venga allontanata da tutti, la ragazza non si arrende al suo destino e lotta per conquistarsi un posto in quel mondo distopico. Dopo la nascita del suo fratellino, le cose si complicano e il cerchio si stringe: Hayat deve accettare quella pratica brutale del suo villaggio, oppure trovare un modo per cambiare le cose.

Il viaggio di Hayat verso l’affermazione come persona e donna si traduce in un breve ma intenso film che mette in luce una società patriarcale prettamente maschilista. In questo contesto così duro e terrificante, la giovane si rimbocca le maniche e trova una via di salvezza; per la regista saudita Ameen si traduce in un racconto di speranza, volto a far luce su una condizione sociale purtroppo ancora persistente in diversi paesi del Medio Oriente.

Scales: un racconto di formazione minimizzato in salsa fantasy

Per le tematiche affrontate – la ricerca di se stessi, di un posto nel mondo, fino all’affermazione come persona – Scales è da considerarsi un racconto di formazione. Shahad Ameen è una regista giovanissima, eppure sembra già un’esperta nello scegliere lo stile adeguato per narrare la storia.

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La scarsità di dialoghi, la quasi assenza di musica (se non per qualche canto intonato in arabo classico), rendono Scales un piccolo film dotato di grande potenza. La narrazione è quindi affidata alle immagini, che parlano da sé, accompagnate dal lento scandire del tempo. In questo modo lo spettatore può addentrarsi nel viaggio di crescita di Hayat e guardarla sotto ogni sfaccettatura mentre cresce, comprende il senso di appartenenza e il suo posto nel mondo.

Con Scales, l’industria cinematografica araba raggiunge un punto di svolta: mai prima d’ora l’occhio della telecamera si era focalizzato sul ruolo della donna nella cultura contemporanea. Il film della bravissima Shahad Ameen potrebbe essere l‘inizio di un cambiamento sociale già in atto in alcuni paesi del Medio Oriente.

Regia - 3
Sceneggiatura - 3.5
Fotografia - 3
Recitazione - 3
Sonoro - 3.5
Emozione - 3

3.2