Ritorno in apnea: recensione del film-inchiesta di Anna Maria Selini

Anna Maria, giornalista bergamasca che da anni vive a Roma, torna a casa nel marzo 2020 per raccontare il dramma che la sua terra sta attraversando. Un'esperienza dolorosa, personale, necessaria.

La giornalista e regista Anna Maria Selini, assieme alla psicologa Laura Tiraboschi, descrive la pandemia di Covid-19 come una lunga, interminabile apnea. Da metà febbraio 2020 tutti tratteniamo il respiro, in totale sospensione e attesa. Ma attesa di cosa, esattamente? È il senso di abbandono e spaesamento il primo elemento a colpire in Ritorno in apnea, documentario realizzato tra marzo e febbraio 2020 in quelle che sono state le zone più colpite nella prima fase “italiana” del Coronavirus, ovvero Codogno, Nembro, Alzano e in generale tutta la Val Seriana.
Ritorno in apneatrasmesso in anteprima la sera di giovedì 18 marzo, su TV2000 (Canale 28 del digitale terrestre), in concomitanza con la Giornata nazionale in memoria delle vittime del Covid – risponde anzitutto a un’esigenza e a un’urgenza personale, quella di Anna Maria di tornare nei luoghi in cui è cresciuta, e che non vede da anni: «Arrivavo da Roma, dove avvertivo la voglia della gente di uscire di casa. Sono passata dai romani che fremevano, con la scusa della spesa o del cane per scappare fuori, ai bergamaschi terrorizzati che quasi non contemplavano più l’idea di uscire».

Ritorno in apnea: la morte addomesticata

Ritorno in apnea - Cinematographe.itLo scenario che le si para davanti è quello sconvolgente che abbiamo poi imparato tutti a conoscere: una situazione di desolazione e spavento, di sospensione o riduzione fortissima delle libertà democratiche con annesso rischio di pesanti ripercussioni psicologiche. A Bergamo, in quelle drammatiche settimane, l’incrocio tra vita e morte è continuo, e dopo un primo periodo in cui – come ne La Peste di Albert Camus – si è cercato (anche a causa dello choc) di negare l’evidenza, il drastico e insensato fine vita è diventato parte integrante della quotidianità.

Qua e là riaffiorano, pesantissime, le cifre: nella provincia bergamasca, nel giro di due mesi, sono morte 6000 persone a causa del Covid. Il doppio di quanto ufficialmente dichiarato. E 2000 sono state le vittime nelle sole residenze per anziani. Numeri terribili, che fanno il paio con quello che è diventato poi il simbolo del periodo: l’immagine dei camion militari (ripresa quasi casualmente da un assistente di volo, dal terrazzo del suo appartamento) che lasciano Bergamo la notte del 18 marzo, una lunga colonna di mezzi che caricano le bare attraversando tragicamente la città.

Restituire un senso a tutta la storia, e imparare a lasciar correre

Ritorno in apnea - cinematographe.it

Si avvertono un disagio e un pudore fortissimo, in Ritorno in apnea: quello della regista Selini, che pur essendo specializzata in aree di crisi (Kosovo, Cuba, Israele, Gaza) rimane spiazzata di fronte allo stravolgimento della sua terra natìa, e quello dei vari soggetti intervistati. Le testimonianze di sindaci, giornalisti, psicologi, medici, malati e sociologi fissano un momento storico, un memento da rivedere e analizzare anche (e soprattutto) in futuro per dare un senso alla storia e riuscire infine a elaborare il lutto di una intera nazione ferita e colpita da un male invisibile e surreale.

In questa ottica, l’ultimo sguardo del film-indagine (prodotto da Alberto Valtellina) va inevitabilmente al futuro. Cosa ricorderemo del Covid-19? E cosa ricorderanno i bambini? La sensazione è che il dolore e il trauma collettivo lasceranno impronte laceranti nel nostro subconscio e che, forse, l’unica arma a nostra disposizione per convivere con quanto accaduto sarà imparare a lasciar correre. Ricordandoci cos’è successo e cosa potrebbe succedere ancora, quando finalmente potremo ricominciare a respirare dopo questa sfiancante e devastante apnea.

Regia - 3.5
Sceneggiatura - 3
Fotografia - 2.5
Sonoro - 3
Emozione - 3.5

3.1