Rise of the Legend: recensione del kung-fu movie con Sammo Hung

Un capitolo della storia del leggendario maestro Wong Fei-hung raccontato nello spettacolare kung-fu movie firmato da Chow Hin Yeung Roy. Dal 16 maggio su Netflix.

In un periodo in cui le piattaforme sono alla continua ricerca di contenuti di vario genere, target e provenienza, al fine di soddisfare le richieste crescenti dei propri abbonati, ad accompagnare quelli inediti ci sono anche quelli ripescati dal passato come nel caso di Rise of the Legend, rilasciato su Netflix lo scorso 16 maggio. Il film diretto da Chow Hin Yeung Roy uscì nei cinema cinesi e asiatici nel 2014, incassando poco più di 30 milioni di dollari. Motivo per cui probabilmente non ha mai trovato distribuzione nelle sale nostrane, ma solo occasioni di visibilità in streaming. Tra queste c’è proprio quella offerta dal broadcaster a stelle e strisce, che ha accolto l’opera terza del regista hongkonghese, considerato dagli addetti ai lavori tra gli autori più innovativi e tecnicamente validi della new wave orientale. Bastano, infatti, i pochissimi minuti dello spettacolare prologo per confermare quanto di buono è stato detto su di lui in questi anni che lo hanno visto tornare dietro la macchina da presa in altre occasioni, compreso il dramma bellico Dynasty Warriors.

Rise of the Legend narra l’ascesa di una delle figure più celebri nel folklore cinese, il leggendario maestro di arti marziali Wong Fei-hung

Rise of the Legend cinematographe.it

Come nella sua pellicola più recente, anche in Rise of the Legend, Roy ha riavvolto le lancette dell’orologio teletrasportando lo spettatore nella Guangzhou del 1868, per narrare le origini del maestro Wong Fei-hung e la sua ascesa come figura di rettitudine e di giustizia negli ultimi anni della corrotta dinastia Qing. La sua figura è tra le più celebri nel folklore cinese, insieme a quella di Ip Man, tanto da essere stata oggetto di innumerevoli adattamenti per il piccolo e grande schermo dagli anni Quaranta ai giorni nostri, tra cui i due capitoli Drunken Master e la saga Once Upon a Time in China, dove a vestire i suoi panni alternativamente si sono prestati Jet Li, Vincent Zhao e Jackie Chan. Stavolta la scelta è ricaduta su Eddie Peng, che interpreta Fei all’epoca in cui era un giovane orfano in cerca di vendetta in seguito alla morte del padre. Per consumarla va alla ricerca degli assassini infiltrandosi nelle fila della Tigre Nera, una due gang rivali che si contendono da anni il controllo del porto di Huangpu. Esperto di arti marziali arriverà al confronto finale con il capo della banda, il Master Lui (Sammo Hung), in un corpo a corpo tra le fiamme davanti al quale gli occhi degli amanti del kung-fu movie non potranno che brillare.

Le sequenze marziali sono la portata principale di un menù che sul piano action ha davvero molto da regalare

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Sono proprio le sequenze marziali la portata principale di un menù che sul piano action ha davvero molto da regalare al fruitore di turno, a cominciare dalla già citata scena d’apertura che vede il protagonista alle prese con un pirotecnico uno contro tutti sotto la pioggia in stile The Grandmaster. Lo stesso tripudio coreografico in slow-motion e accelerazioni che ritroveremo più volte nella timeline quando dalle parole si passa ai fatti (vedi ad esempio  il combattimento nel ristorante tra Wong Fei-hung e il capo della banda del Nord). Il risultato sono degli spettacolari scambi marziali capaci di sfidare con lo zampino del wire-work e della computer grafica la forza di gravità, abbassando volutamente la soglia del realismo per renderli più epici come nel caso del combattimento dentro e fuori dal tempio del quartier generale delle Tigri Nere contro i sicari della banda del Nord. Qui la mente torna a Hero e La foresta dei pugnali volanti, piuttosto che a Fearless. Rispetto alle opere appena citate, Rise of the Legend non può fregiarsi della medesima eleganza estetica, ma lo spettacolo cinetico è comunque garantito grazie a una serie di scene dal grande impatto visivo, capaci di iniettare nelle vene dello spettatore massicce dosi di adrenalina.

Il tallone d’Achille di Rise of the Legend è in un’architettura narrativa e drammaturgica che presenta lacune e passaggi poco chiari

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Sul fronte della confezione e della costruzione delle scene d’azione il film di Roy ha dunque tanto da offrire al pubblico. Dove invece non riesce a stare sempre al passo è nella scrittura, con un’architettura narrativa e drammaturgica che presenta lacune e passaggi poco chiari. Il fruitore, infatti, finisce con il perdere la bussola nell’intricata tela di trame che scorrono al di sotto della superficie della linea principale del racconto. La mancanza di chiarezza che si va smarrendo nei meandri di giochi di potere, intrighi, cospirazioni e imboscate, rende la visione delle due ore e passa poco scorrevole e faticosa. Con Rise of the Legend siamo al cospetto del classico progetto dove la forma batte di gran lunga i contenuti, sovrastandoli e fagocitandoli. E anche se l’occhio vuole la sua parte, l’amaro in bocca resta lo stesso.

Rise of the Legend – La nascita della leggenda è disponibile in streaming, oltre che su Netflix, anche su Infinity, Chili, Rakuten TV, iTunes e PlayStation Store.

Regia - 4
Sceneggiatura - 2
Fotografia - 3.5
Recitazione - 3
Sonoro - 4
Emozione - 2

3.1