Una storia d’amore e di desiderio: recensione del film di Leyla Bouzid

In Una storia d'amore e di desiderio, la regista Leyla Bouzid ci racconta l'incontro tra due anime diverse che scoprono se stesse attraverso l'altro. Un gioiellino in sala dal 25 marzo.

A guardarsi attorno, forse solo il cinema francese è in grado di affrontare nel modo giusto il racconto dei sentimenti. Solo il cinema francese – di ieri e di oggi – sembra saper tratteggiare con la giusta sensibilità i rapporti che corrono tra esseri umani, sia d’amore sia d’amicizia (con una predilezione per i primi). Una storia d’amore e di desiderio, della regista tunisina Leyla Bouzid, non fa eccezione, anzi conferma splendidamente la regola. Il film, in uscita in Italia il 25 marzo 2022 grazie a Cineclub Internazionale, è stato presentato lo scorso anno al Festival di Cannes, nella sezione della Semaine de la critique e arriva sei anni dopo Appena apro gli occhi – Canto per la libertà, l’esordio cinematografico di Bouzid.

La scoperta dell’altro come scoperta di se stessi

Tutto il film ruota attorno a un ragazzo e a una ragazza e al reciproco scoprire l’altro e se stessi. Tra i due si instaura un rapporto necessario, inconsapevolmente necessario, grazie al quale entrambi possono crescere. È un film di scoperte. Scoperta della sessualità, scoperta di se stessi attraverso l’altro, che si percepisce distante e diverso. È questa distanza apparente che rende i due protagonisti – Ahmed e Farah – così vicini e necessari l’un l’altro. Lo sguardo di Leyla Bouzid li cerca continuamente e li chiude in piani stretti come volesse possederli. Ma non è uno sguardo morboso, non scava nei corpi alla ricerca della nudità fine a se stessa. Piuttosto, vi si appoggia morbidamente e li scopre pian piano: per parafrasare le parole pronunciate da Ahmed, la macchina da presa deve coprire ogni parte di quei corpi prima di farli propri. E così fa.

Un’ottima scrittura punteggiata da una colonna sonora eccellente in Una storia d’amore e di desiderio

Funziona davvero tutto in Una storia d’amore e di desiderio. Oltre alla regia soffice e piena di grazia, non possiamo dimenticare l’ottima scrittura del film, specie nelle linee di dialogo che i due protagonisti (Sami Outalbali e Zbeida Belhajamor) sanno sapientemente interpretare. Va segnalato in particolare il lavoro fatto da Outalbali (il Rahim di Sex Education) sul personaggio di Ahmed, sempre sotto controllo, sempre volutamente freddo e distaccato. Un’ultima nota riguarda la musica. Nel primo film di Leyla Bouzid la musica era dominante, mentre qui lascia più spazio alle parole. Ma quando la musica c’è, è eccellente: indimenticabile la scena del sassofonista sulle rive della Senna.

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Regia - 4
Sceneggiatura - 4.5
Fotografia - 3
Recitazione - 3.5
Sonoro - 4
Emozione - 4.5

3.9