Quel pomeriggio di un giorno da cani: recensione del film con Al Pacino

Quel pomeriggio di un giorno da cani, pellicola che uscì nel 1975, è uno di quei film che si ha difficoltà ad inserire in un genere specifico. Ha il pathos del dramma, la tensione del poliziesco, la passione di una storia d’amore, e finanche dei momenti di grottesco da commedia. 

In un assolato e caldo pomeriggio Sonny Wojtowicz, interpretato da un magistrale e giovane Al Pacino, entra in una banca di New York e goffamente, con due ancor più goffi complici, dà inizio ad una rapina, che diventerà un assedio di ore in cui i dipendenti della banca vengono tenuti in ostaggio, mentre Sonny tratta con la polizia. Quel pomeriggio di un giorno da cani è ispirato ad una storia vera, raccontata da due giornalisti di Life nel 1972.

Quel pomeriggio di un giorno da cani: l’amore tra i tanti temi

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Sonny è un protagonista poderoso, emotivo, tenero, che non sa come reagire al subitaneo abbandono del colpo del più imbranato dei suoi due complici, che suda copiosamente non solo per il caldo, evidentemente, ma anche per la tensione, per il senso di colpa. Non capiamo da subito quale sia il reale motivo per cui sta rapinando una banca. Mentre si mischiano argomenti politici, sociali, la denuncia della povertà di una fascia della popolazione – e finanche la rivolta della prigione di Attica, avvenuta nel 1971, quando un gruppo di detenuti protestarono contro le condizioni di vita disumane della prigione, e che Sonny, durante la trattativa con la polizia, cita, gridando ed eccitando la folla che intanto si è assiepata intorno alla banca per seguire gli sviluppi dell’assedio -capiamo che il vero motivo che lo muove è l’amore, l’amore per Leon, il suo amante transessuale, con cui si è “sposato” ufficiosamente e che non ha abbastanza denaro per l’operazione di cambio di sesso.

Quel pomeriggio di un giorno da cani: una sceneggiatura da Oscar

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Il film si dipana in dialoghi secchi, duri, nelle relazioni complicate e profonde che si instaurano con gli ostaggi, che non del tutto condannano il gesto di Sonny, che finiscono per percepirne l’umanità, dentro la follia. La scrittura così profonda e ben curata nel film lo portò alla vittoria dell’Oscar per la migliore sceneggiatura originale nel 1976, seppur il protagonista della reale vicenda, John Stanley Wojtowicz, pare abbia affermato che la storia non sia del tutto fedele ai fatti reali.

Quel pomeriggio di un giorno da cani: il disagio di una generazione

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La storia reale di  Wojtowicz è senza dubbio stato un fortuito espediente per il regista Sidney Lumet, che, grazie ad essa, è riuscito a racchiudere in un unico film il racconto di una sensazione di disagio di un’intera generazione di statunitensi, gli adulti degli anni ’70, quelli che avevano visto o combattuto la Guerra in Vietnam, quelli che non riuscivano più a capire in che direzione andasse la società, quelli che erano disorientati e poveri. E così, scegliere di rapinare una banca diventa un gesto provocatorio, che smette presto di essere una mera richiesta di denaro e diventa la manifestazione della necessità di un megafono, attraverso il quale poter dire tante cose, poter urlare tanta sofferenza. Questa storia ha avuto una tale potenza di contenuti che non è stato possibile, per un grande come Lumet, ignorarne la forza.

Quel pomeriggio di un giorno da cani: Al Panico, la costruzione di un protagonista memorabile

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Rimane nell’immaginario di tanti l’interpretazione dell’immenso Al Pacino, che ci regalò un Sonny a tratti dolce ed imbranato, ma coraggioso, innamorato e protettivo, passionale ed impaurito. Un Sonny che non abbandona mai l’insicurezza nello sguardo, ma continua a gridare per far sentire la sua voce, un Sonny che non ha paura di parlare chiaramente col capo della polizia, ma che ne vede l’umanità. Un Sonny ingenuo, che vuole dimostrare di essere coraggioso e cerca, aldilà delle sue problematiche personali, di parlare per tutti, per tutti quelli che non hanno voce. Questo film è un pezzo di storia del cinema, da rivedere, per commuoversi, per arrabbiarsi, per perdersi nella maestosità della recitazione di uno dei più grandi attori viventi.

Regia - 5
Sceneggiatura - 5
Fotografia - 4.5
Recitazione - 5
Sonoro - 4.5
Emozione - 5

4.8