Quei bravi ragazzi: recensione del film di Martin Scorsese

Tutto è impeccabile nel film di Martin Scorsese, che con Quei bravi ragazzi elabora un mafia-movie dai caratteri originali, con un cast e una colonna sonora d'eccezione.

Quei bravi ragazzi (Goodfellas) è il racconto di quasi trent’anni di storia della mafia italoamericana vista attraverso gli occhi di chi l’ha vissuta in prima persona, dall’infanzia all’età matura, tra amicizie, truffe, omicidi, rapine e soprusi. Scorsese dirige nel 1990 un caposaldo del genere gangster e si serve di un cast di prim’ordine capitanato da Ray Liotta, Robert De Niro e Joe Pesci. Il film è stato candidato a sei premi Oscar tra cui Miglior Film, vincendo quello per il Miglior Attore Non Protagonista andato a Joe Pesci, alla sua seconda collaborazione con Martin Scorsese dopo Toro Scatenato.

Quei bravi ragazzi: la storia mafiosa italoamericana attraverso la vicenda del giovane e ambizioso Henry Hill

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Protagonista della narrazione, ispirata a fatti realmente accaduti e che si sviluppa tra il 1955 e il 1980, è Henry Hill (Ray Liotta), ragazzo ambizioso per metà irlandese e per metà siciliano, che entra a far parte della piccola mafia italo-americana dei quartieri bassi di New York, finendo sotto la “protezione” del boss Paul Cicero (Paul Sorvino), che lo inserisce in un giro di piccoli furti e rivendita d’oggetti rubati, i cui componenti sono chiamati “bravi ragazzi”. La gang diventerà per Henry come una famiglia e il suo desiderio di successo, dettato dalla fascinazione verso i grandi malavitosi che lo circondano, gli farà scalare le vette del crimine newyorkese. Al suo fianco il gangster irlandese Jimmy Conway, in costante ascesa nel mondo malavitoso di Brooklyn, e l’irascibile e imprevedibile Tommy DeVito (Joe Pesci). Hill arriverà al culmine per poi iniziare la brusca discesa che lo porterà all’arresto e ad entrare nel programma infiltrati dell’FBI, tradendo amici e compagni di una vita.

Dal fascino provato da Henry Hill verso una vita fatta di lusso e ostentazione, per poi passare alla mancata attrazione verso l’uso della violenza; dalla sadica irascibilità e al gusto per gli atti più efferati rappresentata da Tommy DeVito, alla scaltrezza di James Conway, vengono tratteggiati i profili dei malavitosi newyorkesi, costruendo uno spaccato a tutto tondo, costantemente in bilico tra drammatico realismo quasi documentaristico e commedia grottesca.

Quei bravi ragazzi è un’indagine sociologica sul mondo malavitoso con tratti da black comedy

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L’abilità di Scorsese sta nell’aver dato un nuovo slancio e una nuova prospettiva al mafia-movie creando un’epopea dai caratteri originali e innovativi che rivede la tradizione, portando freschezza e dinamismo al genere. Il film infatti riesce a mescolare abilmente un ritratto sociologico del mondo malavitoso con un umorismo nero prima mai applicato al filone gangster, assumendo come principale punto di vista quello di un ragazzo ambizioso fattosi da solo, anziché quello del canonico boss già affermato o esponente di una famiglia influente. Inoltre il film è condito da una violenza il cui crudo realismo supera quello delle opere precedenti, diventando brutale e scioccante e facendo da precursore ai film del filone pulp del periodo successivo.

Quei bravi ragazzi è la distorsione del sogno americano, la fascinazione per la  propria realizzazione sociale ed economica posta al di sopra della moralità e dell’etica comune, costruendone una propria adatta all’ambiente della malavita. Il racconto scorsesiano si fa così riflessione sociale e indagine sulla mafia come fenomeno fatto di propri usi, costumi, stilemi, modelli e espressioni linguistiche. La sceneggiatura, scritta da Scorsese a quattro mani con Nicholas Pileggi, è tratta dal romanzo Il delitto paga bene di quest’ultimo, a sua volta basato sulle reali vicende del pentito Henry Hill. Una scrittura solida e scorrevole che delinea in maniera eccelsa contorni e personalità della gamma di personaggi che danno vita alla vicenda; le interazioni tra i protagonisti sono poi condite da dialoghi taglienti e battute che sono diventate parte della cultura popolare contemporanea.

Scorsese realizza un film con un’elegantissima regia, impreziosito da un cast eccezionale

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La messa in scena è sviluppata con una tecnica sopraffina imperniata su una regia sontuosa che dosa perfettamente movimenti virtuosi e dinamici con altri maggiormente distensivi e funzionali alla descrizione, accompagnata da un montaggio alternato adrenalinico e incalzante aderente alla vita dei protagonisti e che intreccia la narrazione rendendola sempre coinvolgente e scorrevole.

La pellicola resta inoltre memorabile per l’eccezionale cast che la compone, con delle interpretazioni straordinariamente ispirate nel trasmettere l’assurda normalità degli eccessi della vita mafiosa. Ray Liotta è il più misurato dei tre protagonisti, ma incarna benissimo il fascino distorto che il gangster può esercitare su persone esterne e inconsapevoli, oltre a rappresentare egregiamente il self made man pronto a scegliere la strada dell’illegalità per placare la sua sete di avidità. Al suo fianco spiccano le istrioniche performance di Robert De Niro e Joe Pesci, veri mattatori del film: De Niro incarna la scaltrezza e gioca con i partner tra sguardi e mimiche travolgenti, mentre Joe Pesci svetta su tutto il gruppo trasudando follia e imprevedibile crudeltà, irrazionale paranoia e grottesca spietatezza.

Quei bravi ragazzi è un caposaldo del genere gangster con una colonna sonora da antologia

Il tutto è poi accompagnato da una colonna sonora che rappresenta quasi un’antologia della storia musicale di quegli anni, dalla musica italiana, tra Mina e lirica, al rock dei Rolling Stones, passando per il crooning di Dean Martin e lo swing di Tony Bennet, per concludere con la versione di May Way di Frank Sinatra rifatta da Sid Vicious dei Sex Pistols. Un’eterogeneità musicale che si amalgama perfettamente e che valorizza ogni singola scena e inquadratura, unendo potenza visiva ed auditiva.

L’opera di Scorsese è una pietre incastonate nella storia del cinema – in particolare nel filone gangster – di cui risulta uno dei capisaldi indiscussi, segnando il genere per gli anni a venire. Un racconto al tempo stesso spietato ed affascinante, dove vengono delineate in maniera tagliente, e talvolta irriverente, le diverse sfaccettature della mafia americana nel corso dei decenni della sua maggiore forza.

Regia - 5
Sceneggiatura - 5
Fotografia - 4
Recitazione - 5
Sonoro - 5
Emozione - 4.5

4.8