One Night: recensione del film di Kazuya Shiraishi

Il film di Shiraishi Kazuya è stato presentato in anteprima europea alla ventiduesima edizione del Far East Film Festival.

Yuji, Daiki e Sonoko sono piccoli, vivono in casa con un padre violento; un giorno la loro madre, Koharo, interpretata da una magistrale Yuko Tanaka, per ribellarsi a tutta questa violenza uccide il padre pensando soprattutto ai figli. Questo è l’antefatto da cui parte One Night, il film di Shiraishi Kazuya, presentato in anteprima europea alla ventiduesima edizione del Far East Film Festival. Sono passati gli anni Yuji, Daiki e Sonoko sono ormai adulti e quella morte e la lontananza dalla madre sono rimaste ferite indelebili. Tutti incredibilmente sono bloccati lì, in quell’istante interminabile di tanti anni prima in cui una madre per difendersi/difendere è costretta ad uccidere il proprio marito/padre dei suoi figli, dopo il quale quei tre bambini non saranno più gli stessi.

One night_Cinematographe.itOne Night: il ritorno riapre le ferite

I tre ragazzini non sono adulti cresciuti, vivono un passo indietro come se non si dovessero aspettare niente di bello; Yuji (Takeru Satoh) non fa lo lo scrittore come sognava da piccolo ma lavora in un giornale di quart’ordine, Daiki (Ryôhei Suzuki), il più grande, è un ragazzo balbuziente che svolge un lavoro che odia e sta per divorziare dalla moglie, la sorellina Sonoko (Mayu Matsuoka) sognava di fare la parrucchiera, si ubriaca ogni sera e fa la escort. Nessuno è felice della propria vita, quando la madre torna (prima è stata in carcere poi si è nascosta) tutto si riposiziona.

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Inevitabilmente il film si interroga su molti temi, non giudicando mai i protagonisti, e lo spettatore entra in empatia soprattutto con la madre verso cui si prova tenerezza e vicinanza. Mentre Yuji continua ad attaccare la madre perché il dolore per ciò che ha vissuto e ha provato è ancora vivo, emerge la figura di una donna che non retrocede e sa, nonostante la sofferenza per la lontananza, di aver agito per amore dei figli e della loro libertà. Si prova tenerezza però anche per i tre ragazzi che sembrano barche in un mare in tempesta, vittime di un padre orco ma anche di un gesto per cui e da cui sono stati marchiati.

Shiraishi Kazuya sceglie di portare sullo schermo il dramma familiare, ponendosi sulla scia di un genere tradizionale della cinematografia dell’Oriente. La famiglia con le sue ombre, con le proprie ferite: l’alcol, gli abusi, le violenze, l’omicidio addirittura. Lo spettatore non sa molto di ciò che è accaduto prima ma capisce benissimo che tra quelle mura succede ciò che in seno alla famiglia non dovrebbe mai avvenire: il volto dei figli, spaventato, quello della madre, bagnato dalle lacrime e dalla pioggia e a diventare compagna dell’omicidio di Koharu è la notte.

One night_Cinematographe.itTre figli, una madre e una morte

La donna, dopo aver investito il marito, ubriaco, manesco, il classico padre padrone, entra in casa e confessa ai figli il suo gesto – e promette di tornare dopo 15 anni da loro – prima di confessare l’omicidio alla polizia. One Night riflette su più di una questione in relazione alla scelta della madre che promette alle sue creature che da quel momento in poi avrebbero avuto una vita migliore, senza soprusi e percosse ma si aprono di fronte a noi tutte le paure, le ferite che provano quei tre ragazzini ora adulti.

Il padre non avrebbe mai accettato che i ragazzi affermassero la loro personalità, quindi la madre si sacrifica per i suoi però Yuji, Daiki e Sonoko non sono diventati chi avrebbero voluto. Non si sono sganciati dal fantasma del padre e dal plateale gesto della madre, non riescono a liberarsi dall’etichetta che la società ha attaccato loro addosso.

Il regista mostra il limbo in cui questi giovani vivono, tra il senso di abbandono e la riconoscenza, tra il dolore e l’amore, tra il dolore e la rabbia. La violenza, le difficoltà esistenziali, la vita sessuale complessa sono costanti nelle esistenze dei tre, sempre più vicini all’autodistruzione.

Quando quindici anni dopo Koharu ritorna a casa come aveva promesso trova uno scenario inaspettato ma anche comprensibile e a poco a poco i mostri escono da ogni parola, da ogni gesto, da ogni guardo. Iniziano le discussioni, le recriminazioni e se la figlia sembra essere più comprensiva nei confronti della madre, per i figli è tutto diverso. Yuji è rigido, freddo, feroce nei confronti di Koharu tanto da scrivere degli articoli crudeli su di lei, continuando a puntare il dito contro la propria madre che ha compiuto quel gesto per amore loro e perché non sapeva come liberarsi/liberarli da quel padre sbagliato, Daiki invece è felice del ritorno della madre ma in lui c’è ancora del non detto che scarica nel rapporto difficile con la moglie.

Koharu si fa agnello sacrificale, ascolta i figli, ne accetta il disprezzo, comprende quanto per loro possa essere stato difficile vivere da soli, senza la mamma, con una spada di Damocle sulla propria testa. Per i tre la sparizione della genitrice è l’inizio dei problemi – la violenza era per loro la normalità – ma quello stesso suo amore si fa sentimento catartico che in qualche modo dà a questa famiglia un’altra possibilità.

One night_Cinematographe.itOne Night: un film doloroso che dà possibilità ai personaggi di ricominciare

Shiraishi compone un tragico dramma familiare che attraverso un climax ascendente arriva a sciogliere i nodi più profondi tra madre e figli aprendo nuove porte oltre le quali ci sono l’accettazione da parte dei figli di un atto estremo e, dopo aver parlato, analizzato, compreso il passato, il superamento dell’omicidio e di quello che per loro è stato un abbandono.

Lo spettatore viene accompagnato in questo percorso di rinascita e di riscoperta di sé e degli altri, emerge che per i giovani è fondamentale ripartire da dove avevano smesso di vivere, ritrovando il rapporto con la madre e forse comprendendo ora veramente il suo sacrificio.

Regia - 4
Sceneggiatura - 3.5
Fotografia - 3.5
Recitazione - 4
Sonoro - 3.5
Emozione - 3.5

3.7