Nessuno ne uscirà vivo: recensione dell’horror sovrannaturale Netflix

Il nuovo film horror Netflix cerca disperatamente di esplorare la crisi dell'immigrazione attraverso una lente terrorizzante, ma è un guazzabuglio di spaventi vuoti e senza costrutto.

Tratto dal romanzo del 2014 di Adam Nevill, sceneggiato da Jon Croker e Fernanda Coppel e diretto da Santiago Menghini, Nessuno ne uscirà vivo è una nuova esclusiva Netflix disponibile da mercoledì 29 Settembre, e racconta di Ambar (una poco convincente Cristina Rodlo), appena arrivata negli Stati Uniti dal Messico dopo essersi presa cura della madre malata per diversi anni. Ora è in America per conseguire una laurea in gestione aziendale. Il suo ricco e lontano zio (David Barrera) le ha fissato un colloquio di lavoro. Ma ha un ostacolo: essendo arrivata nascosta nel retro di un camion, non ha un documento di identità valido per gli Stati Uniti, e non avendolo a disposizione non può sostenere alcun tipo di colloquio. Non può nemmeno stare nel motel dove ha affittato una stanza, perché anche il proprietario stesso ora richiede un documento Mentre guadagna soldi come sarta in un’azienda clandestina, vede un annuncio per stanze economiche in un posto chiamato Schofield Heights.

Premesse non particolarmente impattanti in una storia convenzionale di fantasmi in Nessuno ne uscirà vivo

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Nessuno ne uscirà vivo cerca di trasformare le paure degli immigrati senza documenti in paure scioccanti, ma la scena d’apertura esemplifica tutti i modi in cui questi obiettivi vengono meno. Troviamo una donna che parla al telefono con suo fratello ed è seduta in un tetro salotto verde mentre fuori infuria un temporale. Alla televisione, un telegiornale mostra immigrati senza documenti arrestati dalla polizia di frontiera. L’avanzare di passi bagnati si fanno sentire sul pavimento e la corrente improvvisamente viene a mancare. Vede una scatola in fondo al corridoio, e poi viene sommariamente attaccata da un fantasma dagli occhi luminosi.

Nell’apertura del film troviamo quindi un percorso standard, molto descrittivo, destinato a spiegare le regole di questo mondo. La sequenza, presa singolarmente, funzionerebbe, se non fosse così scollegata dal resto del film Netflix. Per tutto il corso della durata, il tema dell’immigrazione sarà distanziato come lo schermo televisivo. La fatiscente casa vittoriana di quattro piani in cui si svolge il film sarà generica come qualsiasi altra e, non sentiremo mai più parlare del personaggio iniziale. Ambar è introdotta in maniera sin troppo superficiale, con un trasporto emozionale limitato e una maniera di condurre le azioni dei protagonisti piuttosto blanda.

Gli sceneggiatori, incaricati di trasporre un romanzo ben strutturato di partenza, non si soffermano sui profili di Amber e di altre tre donne immigrate, Freja (Vala Noren) e due prostitute rumene di nome Maria e Petra; da queste non emergono i temi più profondi che si spera possano essere esplorati, tra la povertà soffocante e l’integrazione in un mondo che non le appartiene.

Troppe similitudini con un altro originale Netflix, His House, in un confronto in cui Nessuno ne uscirà vivo ne esce in realtà frantumato

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Le dinamiche e gli spunti di base richiamano a gran voce l’opera prima di Remi Weekes, His House del 2020. Come i due protagonisti del film di Weekes sulle case infestate, Ambar è straziata dal senso di colpa del sopravvissuto. Ogni notte, ascolta la segreteria telefonica della madre defunta e sogna i giorni che ha passato con lei in ospedale. Né il suo dolore né il suo rimpianto per aver messo in pausa la sua vita per prendersi cura di sua madre sono resi tangibili. Al di fuori di una scena in cui Ambar vede un poliziotto in una tavola calda, l’ostilità del mondo esterno verso gli immigrati non viene tradotto adeguatamente e non viene integrato al meglio in una conduzione regolata dall’oscurità pressante ma poco definita.

L’immaginario culturale non viene a galla come in His House. Per aprire il film, Menghini introduce una sequenza in super-8 di un professore, Aurhur Welles, nel Messico del 1963, che estrae una cassa misteriosa da un buco nel terreno. Ambar sogna spesso questa cassa e l’enigmatica creatura che vive al suo interno. Laddove His House fa leva sul folklore africano per ottenere spaventi scioccanti, i riferimenti precolombiani in Nessuno ne uscirà vivo si elevano a malapena al di sopra dell’accidentale, con risultati abbastanza discutibili se valutati nell’insieme.

Il film Netflix non rielabora la premessa della casa stregata e non usa i suoi costrutti familiari per ulteriori spaventi, né fa leva sul tema dell’immigrazione per ottenere spaventi o commenti convincenti. Invece, la visione di Menghini è una corsa noiosa che soffre di una scrittura irregolare. L’allentamento dei temi dell’immigrazione è scoraggiante, perché spesso l’horror può indurre il pubblico a ripensare alle proprie idee sbagliate e a vedere le persone nella loro più reale umanità. In un momento in cui l’immigrazione rimane un argomento scottante, e la disumanizzazione degli immigrati continua in tutto il mondo, questo film non solo non offre i necessari spaventi, ma fa poco per riproprre la conversazione in maniera significativa, o offrire qualsiasi tipo di empatia o intuizione indovinata.

Regia - 2.5
Sceneggiatura - 2
Fotografia - 3
Recitazione - 2.5
Sonoro - 2.5
Emozione - 2

2.4

Tags: Netflix