Naufragi: recensione del film con Micaela Ramazzotti

Una madre che lotta per tenere unita la famiglia. Micaela Ramazzotti torna con Naufragi, dramma di Stefano Chiantini sulle principali piattaforme il 9 luglio 2021, su Sky il 16.

Il cinema è una boutique e l’abito di Naufragi è cucito su misura per Micaela Ramazzotti. Appartiene al film, così come il film le appartiene.
Il sarto si chiama Stefano Chiantini (Storie Sospese). Scrive e dirige un dramma intenso ma non senza speranza che parla di dolore, smarrimento e della capacità di ricominciare nonostante tutto. Quel tutto comprende un mucchio di cose, ce ne sono anche di parecchio brutte, che capitano a Maria. Un complesso cocktail di emotività, passione, vulnerabilità e fierezza che si fatica a immaginare in mani diverse da quelle della brava attrice romana. Da sempre attenta a muoversi tra le pieghe di una femminilità inquieta, fantasiosa, aperta al dolore. Ma poco suscettibile alla resa.

Naufragi è distribuito da Adler Entertainment con un piano di uscita in due parti. Il 9 luglio 2021 sulle principali piattaforme (Apple TV, iTunes, Google Play, Amazon TVOD, Rakuten e Chili), poi il 16 su Sky. Per la sala, si vedrà.

In Naufragi Micaela Ramazzotti è una donna con il cuore di una bambina

Naufragi cinematographe.it

Il marito (Mario Sgueglia) la accudisce. I soldi sono pochi, non piove, diluvia, ma l’amore è forte. C’è in Maria un riflesso di innocenza e purezza che appartiene a un’età diversa. Una bambina nel corpo di un’adulta. Persino i figli (Lorenzo e Mia Mc Govern Zaini) colgono qualcosa di questa frattura. Il problema è che ci sono anche dei doveri, delle precise responsabilità. A eluderli si paga un prezzo.

Naufragi mette il dito nella piaga. Guarda dentro l’animo di una donna bruciata da un dolore profondo per capire cosa succede dopo. Un trauma raddoppiato, prima forte poi fortissimo. Raccontare troppo di quello che succede sarebbe criminale, anche perché il film tende a svelarsi con cautela.

Lo sfondo è un Lazio (Civitavecchia, Montalto di Castro) che ancora non ha scelto da che parte stare, emarginazione o progresso. La struttura è fluida, Stefano Chiantini taglia il film in due e lavora sull’atmosfera. Una prima parte piena di rumore, una seconda silenziosa. Proprio a questo punto Maria incrocia il passo con Marguerite Abouet, specchio di femminilità ferita. L’incontro-scontro è tra anime affini che si studiano, si misurano di soppiatto e poi si riconoscono. Forse servirà a ripartire.

Questione di corpo e anima

C’è il mondo interiore di Maria, la complessità e i vicoli ciechi di un animo di donna bambina che si piega ma, miracolosamente, non si spezza. Ma c’è anche il mondo di fuori. Naufragi, di quando in quando, sposta il cuore del racconto per cercare un focus diverso, più vicino a sensibilità sociali. Allude, senza indugiare, all’epidemia di incidenti sul posto di lavoro. O magari evoca il problema dell’assistenza sociale. Senza velleità di denuncia, si limita farne due sostegni alla narrazione .

Il che è un bene e un male. Vero è che il film non concede all’incorerenza e non si disperde, abbracciando contemporaneamente cento strade diverse. D’altronde, l’obiettivo di Stefano Chiantini è al di là di ogni ragionevole dubbio l’esplorazione di un’intimità di donna. Pure l’accumulo di stimoli esterni, per così dire, evocati e mai chiariti del tutto, può essere frustrante.

Ci sono momenti in cui il film cerca un riparo dalla sua stessa intensità, e si ferma per recuperare il fiato. Piccole benevole parentesi di tempo sospeso. Qui c’è qualcosa. Tutta la liberta di Micaela Ramazzotti di occupare lo spazio della narrazione, legando fisicità e studio di carattere, per fissare meglio i colori della sua stravagante protagonista. Come un’equilibrista, cammina sul filo senza protezioni e magari a volte sembra che inciampi, ma forse il trucco è questo. Simulare la caduta per restare in piedi.

Regia - 2
Sceneggiatura - 2
Fotografia - 2
Recitazione - 3
Sonoro - 2
Emozione - 2.5

2.3