Natale senza Babbo: recensione del film Prime Video

Natale senza Babbo, regia di Stefano Cipani e con Luisa Ranieri, Alessandro Gassmann e Caterina Murino, è una commedia natalizia che prova a riscrivere le regole del genere. Dal 28 novembre 2025 su Prime Video.

Per dare un’idea di quanto male vadano le cose, Babbo Natale è in burnout. O almeno, è a partire da questa premessa non proprio esaltante che Natale senza Babbo, regia di Stefano Cipani e su Prime Video dal 28 novembre 2025 (qui l’incontro con il cast), prova a dare una rinfrescata allo spirito e alla mitologia del cinema natalizio. Il film, scritto da Michela Andreozzi (per lei anche una piccola parte) con la collaborazione di Filippo Macchiusi, mescola fantasia e realismo, classicità e attenzione a tematiche contemporanee. Non va molto in là quando si tratta di approfondirle ed è un problema, considerate le ambizioni; emergono, in controluce, dagli sforzi produttivi per mettere in piedi il versante fantastico – gli effetti speciali – ma anche dall’elemento più interessante dell’operazione, sarebbe a dire il ricco cast. Si comincia dai protagonisti Alessandro Gassmann e Luisa Ranieri per proseguire con Valentina Romani, Caterina Murino, Diego Abatantuono, Angela Finocchiaro, Francesco Centorame, Simone Susinna e Francesca Alice Antonini.

Natale senza Babbo: un’icona in fuga

Natale senza Babbo; cinematographe.it

Babbo Natale non si chiama davvero così ed è tale solo per il periodo delle feste. Il suo nome è Nicola (Alessandro Gassmann), è sposato con Margaret (Luisa Ranieri) e ha due figli. Sono gli esponenti del mondo magico – con una procedura elettiva per metà conclave, per metà individuazione del Dalai Lama – che l’hanno incoronato Babbo, a sua insaputa (!) e con il nome istituzionale di Klaus XVI. Natale senza Babbo cerca di destreggiarsi tra i due versanti della storia – il fantastico e l’estremamente realistico – costruendo, con gli effetti speciali e un preciso intervento sulla mitologia, un mondo magico esuberante da affiancare al racconto dei problemi, molto quotidiani, molto contemporanei, dei personaggi.

Michela Andreozzi scrive e pensa Babbo Natale spogliandolo del fantastico e restituendogli umanità. Nicola è un uomo stanco, anche un marito stanco, come spiega con Margaret alla terapista (Angela Finocchiaro). Sopraffatto dal cinismo e dallo sfrenato consumismo, guerre ovunque e infanzia negata, Nicola non sa più essere il Babbo Natale che il mondo merita. Passa il tempo giocando ai videogiochi e suonando in una band death metal finché non arriva al punto di rottura e allora scappa in una spa, a farsi rimettere in sesto da un Babbo Natale a riposo (Diego Abatantuono) e dalla sua assistente (Francesca Alice Antonini). Il mondo magico è nel panico. Bisogna cercare una soluzione per colmare il vuoto di potere.

È a partire da questo momento che Natale senza Babbo comincia a correre sul doppio binario reale/fantastico. Accanto alla cronaca “mitologica” del Natale – lo spirito, le renne, i regali, gli elfi, per l’occasione guidati da Francesco Centorame – fanno capolino tematiche in linea con il contemporaneo. C’è la crisi del maschio, che non si riconosce nel mondo che cambia e nei valori che propone; è un po’ il senso della “ritirata” strategica di Nicola. C’è la donna che prende il sopravvento e ridiscute i rapporti di forza. Luisa Ranieri – il personaggio meglio costruito del film – donna forte che si sdoppia e triplica per conciliare casa e lavoro, ma anche Serena/ Befana (Caterina Murino) e Santa Lucia (Valentina Romani), rilegate in posizioni marginali nell’iconografia natalizia e pronte a ritagliarsi più spazio. C’è la guerra, che tradisce i sogni dell’infanzia. È una profondità che però si impone all’attenzione dello spettatore in maniera superficiale. Natale senza Babbo ha troppa fiducia nelle sue idee per spingerle oltre una generica formulazione. Resta tutto abbastanza inerte.
 

Troppi film in un solo film

Natale senza Babbo; cinematographe.it

I pregi di Natale senza Babbo sono valori produttivi usati bene. È il caso di un budget sostanzioso e della qualità degli effetti speciali: il mondo magico regge bene il confronto con la concorrenza, soprattutto quella estera. È il caso del cast largo, larghissimo, della solidità delle interpretazioni, anche quando non c’è il tempo di abbozzare psicologie sfaccettate (Diego Abatantuono, Angela Finocchiaro). Bastano, l’intervento tecnologico e la gestione del cast, a testimoniare della capacità di Stefano Cipani (Mio fratello rincorre i dinosauri) di tenere testa a produzioni complesse, certamente ambiziose, almeno dal punto di vista materiale, organizzativo. Il problema, qui, è più grande delle capacità di un autore di intervenire sulla materia del film per correggerne i difetti “spirituali”.

Il problema è che Natale senza Babbo ha dentro tante idee, troppe, non ci lavora quanto dovrebbe, le espone in maniera sbrigativa e tutto appare poco spontaneo, troppo calcolato. Il film cerca di accontentare praticamente chiunque: i puristi dello spirito natalizio, i giovanissimi, gli uomini in crisi e le donne che vogliono di più. Non prende le misure alla sua complessità, e inevitabilmente finisce per non accontentare nessuno. Cerca di essere evasione ma con un messaggio, dolce e autoironico ma anche un po’ horror (Santa Lucia/ Valentina Romani, ed era una buona pista da seguire), il racconto di una famiglia in crisi e un commovente accenno all’infanzia tradita dalla guerra. Avrebbe fatto bene, a Natale senza Babbo e alla sua volontà di andare oltre gli steccati del genere, di moderare la trasversalità e restare focalizzato.

Michela Andreozzi ha ragione al di là di ogni ragionevole dubbio nel pensare che il futuro, anche al cinema, sia donna. Lavorare sulla commedia natalizia svecchiandola e puntando sul fattore femminile è una bella idea, ma solo in un film equilibrato abbastanza da godere dei frutti della sua forza innovativa. Luisa Ranieri e la sua madre messa da parte dalle dinamiche familiari che finalmente prende in mano la situazione è sorella nello spirito della volontà di rivalsa e del bisogno di centralità dei personaggi di Valentina Romani e, soprattutto, di Caterina Murino, Befana insieme convenzionale e come non l’abbiamo mai vista, complice anche un autoironico e convincente Simone Susinna nella parte del toy boy. C’è però troppa confusione, intorno alle donne del film, perché Natale senza Babbo, restando coerente alla sua vocazione di intrattenimento, sappia dirci qualcosa di più profondo.
 

Natale senza Babbo: valutazione e conclusione

Paga dazio all’ambizione di voler essere troppe cose allo stesso tempo, e Natale senza Babbo perde slancio. Resta la qualità degli effetti speciali e lo spessore complessivo della recitazione del pregevole, abbondante cast. Stefano Cipani ha costruito un film tecnicamente inappuntabile che soffre per il peso e la confusione delle idee, degli spunti, delle atmosfere non abbastanza calibrate in sede di costruzione del racconto. C’è l’ombra di un buon film di intrattenimento, una commedia natalizia con un tocco malinconico. C’è il fantasma di una storia che, dietro le pieghe del suo autoironico intrattenimento, prova a dire qualcosa di più. Ma la somma di due incompletezze non basta a fare un intero.

Regia - 2
Sceneggiatura - 2
Fotografia - 3
Recitazione - 3
Sonoro - 2
Emozione - 2

2.3