TFF35 – My War Is Not Over: recensione del documentario di Bruno Bigoni

Indagine storica e lirismo contemplativo sono le due anime di My War Is Not Over, un documentario necessario e commovente nella sua umanità e sensibilità.

Una guerra si sa quando inizia ma mai quando finisce e, per tutte le vite spezzate e lasciate in sospeso dall’orrore di un conflitto, forse non termina mai davvero. Ci saranno sempre tombe a urlare la loro anonimia, cercando un’identità che possa dare pace alle fredde spoglie che giacciono nel suo buio, e ci saranno sempre famiglie e amanti a pregare per una risposta di fronte alla scomparsa delle persone care, sparite nel nulla senza lasciare traccia, combattendo una guerra necessaria ma non per questo meno terribile. La nobile missione che impegna le giornate di Harry Schindler, e che viene efficacemente documentata in My War Is Not Over, è offrire un senso di chiusura a tutte queste storie rimaste in sospeso per decenni, dando un volto alle migliaia di militi ignoti che popolano i cimiteri di guerra e riunendo, anche solo nella memoria, famiglie divise da decenni.

My War Is Not Over

Harry Schinlder racconta il suo lavoro in una scena del film

Il documentario di Bruno Bigoni si addentra, con discrezione e passione, nel lavoro e nei ricordi di Schindler, cercando di comprendere i motivi che l’hanno spinto a intraprendere la sua donchisciottesca missione e se esista una speranza di successo o sia, al contrario, destinato alla sconfitta. Con lo sguardo scrupoloso dello storico e quello lirico del poeta, il regista compone un breve ma significativo film che affonda le sue radici nella tragedia per parlare di speranza attraverso l’opera di un uomo che ha dedicato la sua vita a interrogare i morti per riportarli finalmente alla vita. My War Is Not Over parla della guerra dal punto di vista delle sue vittime più silenziose, quelle dimenticate e senza nome, ribadendo un messaggio pacifista attuale come non mai nel mondo in cui viviamo, sempre più diviso e in cui l’orrore della guerra sembra sempre troppo lontano per considerarne seriamente la portata devastante e irrimediabile sulla vita delle persone.

My War Is Not Over: Il silenzio e la memoria

La memoria è il tema principale del documentario e l’argomento che più interessa a Harry Schindler, testimone oculare degli avvenimenti della Seconda Guerra Mondiale e catalizzatore delle storie che ha raccolto nel corso del suo lavoro. Schindler ritorna continuamente sull’importanza del ricordo in un Paese affetto da una cronica tendenza all’amnesia collettiva per quanto riguarda la Storia remota e recente, e in cui per questo il messaggio del film rifulge come una saetta nel mare di indifferenza che avvolge qualunque avvenimento che superi l’hic et nunc dell’attenzione mediatica. Schindler cerca di riscuotere la coscienza collettiva delle persone attraverso la ricostruzione di tante piccole vicende personali che considera rimaste in sospeso, come ancora impegnate in una guerra che noi abbiamo ormai consegnato ai libri di Storia.

My War Is Not Over dimostra come il passato non sia una dimensione morta, ma possa ancora essere in grado di comunicare con il presente e trasmettere il suo messaggio attraverso lo spazio e il tempo, per essere colto da tutti coloro che ancora prestano attenzione. Rompendo il silenzio che avvolge la Storia e riportandone alla luce i protagonisti dimenticati, Schindler intende mantenere viva l’attenzione su avvenimenti che hanno segnato in maniera indelebile il mondo affinché il ricordo di quanto accaduto non svanisca definitivamente insieme alla carne dei suoi protagonisti. Rifiutando la vuota dialettica che ripete, come un mantra, che la Storia non deve ripetersi, Schindler afferma che solo tramandando la memoria di quanto successo si riuscirà a evitare un nuovo periodo buio come il secondo conflitto mondiale, una posizione decisa e critica verso la sterile cerimoniosità e gli slogan manieristici che accompagnano ogni rievocazione storica, che si rivelano sempre meno efficaci nello svolgere il loro fondamentale compito.

My War Is Not Over

Il musicista Roger Waters in braccio al padre Eric, morto in Italia e ritrovato da Harry Schindler.

Il monumentale lavoro di Harry Schindler è caratterizzato da una pietas commovente che lo porta ad approcciarsi con rispetto e umiltà a storie personali piene di dolore, ferite ancora sanguinanti a decenni di distanza. Schindler non dimostra mai superficialità o cinismo, ma al contrario, nonostante la freddezza da storico richiesta per ottenere ed esaminare le fonti necessarie, è spinto da una sensibilità e un senso umano che non può non scaldare il cuore. In questo, My War Is Not Over riesce a essere davvero un film speciale, dimostrando come anche un’esperienza terribile come la guerra possa rivelare il meglio delle persone, decise a impedire che l’oblio e il silenzio finiscano per uccidere una seconda volta le giovani vittime sacrificate in nome della libertà dell’Europa.

My War Is Not Over: un’indagine contemplativa che scava nella storia e nel cuore.

Il lavoro di documentazione richiesto a Bruno Bigoni per la realizzazione del film e l’impostazione prevalentemente argomentativa non gli impedisce di dare vita a un’opera fortemente contemplativa, a partire dalle prime immagini con cui si apre il lungometraggio. I campi lunghi e i dettagli di una spiaggia battuta dalla tempesta denotano una sensibilità poetica pari a quella del protagonista, impreziosendo My War Is Not Over di un’estetica lirica che arricchisce la mera esposizione dei fatti. La poetica desolazione delle ambientazioni naturali, dalla spiaggia dell’overture al bellissimo cimitero invernale in cui le lapidi raccontano le loro tristi storie, fanno da contrasto alla forte vitalità di Schindler e alla sua impresa volta a restituire un volto e un nome a migliaia di persone perdute, in un ossimorico contrasto tra forma e contenuto che sorprende per la naturalezza con cui riescono a convivere due aspetti apparentemente così lontani della medesima vicenda.

My War Is Not Over

Un cimitero innevato da cui le anime dei soldati ancora invocano giustizia

Come le scelte registiche, così anche la sceneggiatura si divide tra un approccio asetticamente documentaristico, che ripropone alcuni episodi paradigmatici dell’opera di Schindler, e uno più lirico che ferma la narrazione per immergere lo spettatore nel dramma dei vinti e dei sopravvissuti. Il protagonista ha così modo di ripercorrere brevemente alcuni dei momenti più significativi della sua esperienza bellica, mentre le voci del passato si fanno strada con educata prepotenza per un’ultima, disperata richiesta di aiuto e salvezza. Anime rimaste intrappolate in un limbo in cui l’indifferenza le ha relegate, i soldati perduti durante la guerra invocano un soccorso che Schindler solo sembra intenzionato a offrire loro, permettendogli finalmente di riposare una volta per tutte. Il suo lavoro si configura quindi non solo come un’indagine nelle pieghe della storia alla ricerca di vite sconosciute e volti anonimi, ma anche all’interno dell’anima privata e collettiva delle persone mettendo in relazione le une con le altre per chiudere un cerchio troppo a lungo rimasto aperto.

Spiccano per la loro cruda bellezza anche le scene di ricostruzione storica, improntate alla contemplazione e al lirismo con cui si caratterizza il film grazie all’uso evocativo del bianco e nero e a scelte registiche che raccontano mostrando il minimo indispensabile. Autentica poesia per immagini, la sequenza notturna in violento bianco e nero del massacro perpetrato dai nazisti cattura l’attenzione e il cuore dello spettatore grazie alla manifesta artificiosità della messa in scena, commovente nell’apparente semplicità della composizione delle inquadrature.

My War Is Not Over è un documentario necessario come, nelle parole di Schindler, lo è stata la guerra di cui parla. Tuttavia affronta un soggetto lontano dalla tipica dialettica storica per affrontarne un aspetto decisamente umano e commovente che intende dare speranza invece di disperazione e parlare di vita raccontando di morte. Un film apparentemente semplice, ma ricchissimo di spunti di riflessione e innovativo nell’approccio ad un argomento che dimostra di avere ancora molto da dire, sulla sua realtà storia e su noi stessi.

Regia - 5
Sceneggiatura - 4
Fotografia - 3
Recitazione - 4
Sonoro - 3
Emozione - 5

4