Roma FF16 – My Sunny Maad: recensione del film d’animazione di Michaela Pavlátová

La realizzazione, presentata in anteprima al Festival internazionale del film d'animazione di Annecy, è tra i film in concorso ad Alice nella Città. La realizzazione utilizza un linguaggio semplice ed immediato per affrontare tematiche attuali, con delicatezza.

My Sunny Maad è la nuova pellicola d’animazione diretta da Michaela Pavlátová (Deti noci, Neverné hry) e scritta da Ivan Arsenyev (Krajina ve stínu, Malá z rybárny) e Yaël Giovanna Lévy (al suo debutto nella scrittura di un titolo) che è stata presentata in anteprima al Festival internazionale del film d’animazione di Annecy, che ha ottenuto anche due nomination al Bucheon International Animation Film Festival e all’Haifa International Film Festival. La realizzazione vede al centro della trama la storia d’amore tra una donna nativa della Repubblica Ceca, Herra e Nazir, un uomo afghano. Questo rapporto è un pretesto narrativo per raccontare ad un giovane pubblico le condizioni di vita delle donne in Afghanistan oltre ad altre tradizioni e costumi del paese asiatico.

My Sunny Maad, ispirato al romanzo Frista di Petra Procházková, è stato presentato in concorso ufficiale ad Alice nella città 2021, evento parallelo e indipendente nell’ambito della 16ma Festa del Cinema di Roma. Un lungometraggio che è sicuramente molto toccante ed intenso, che nonostante sia indirizzato a dei giovani ragazzi, non esita a portare avanti sul grande schermo delle riflessioni particolarmente attuali ed utili per capire le condizioni di vita in Afghanistan.

My Sunny Maad: tra panorami frammentati e mondi onirici

My Sunny Maad

My Sunny Maad si apre con un incontro del tutto speciale: quello che avviene tra la donna ceca Herra e Nazir, uomo afghano che fin da subito suggella una storia d’amore intensa e passionale che porta ad un loro matrimonio. Dalla cerimonia in poi, Herra si trasferisce in Afghanistan e scopre tutto un altro mondo che ha una visione della figura femminile estremamente diversa dall’Occidente. Per fortuna, all’interno della famiglia di Nazir, il nonno ha sempre preteso che si trattassero le donne con rispetto, andando contro un codice comune del paese, ma al di fuori la donna deve conquistarsi le sua libertà. A complicare le cose, l’adozione di un bambino malato e ultra intelligente e la continua e irrefrenabile voglia di scappare di Freshta, nipote di Nazir, sotto il giogo violento e autoritario del padre.

L’animazione utilizzata all’interno della realizzazione ha uno stile volutamente frammentato, con contorni dei personaggi e dei paesaggi che rimangono incompleti. L’effetto finale è realmente suggestivo perché riesce perfettamente a creare l’illusione di trovarsi di fronte a dei disegni in movimento, riportando un po’ di sana e tanto agognata artigianalità dell’animazione. L’aspetto sicuramente più interessante, invece, è la profondità di campo che è stata portata su schermo con uno stratagemma particolare che lavora con meno dettagli sullo sfondo, così da comporre due livelli differenti nelle scene che appaiono in contrasto l’uno con l’altro.

Anche i colori giocano un ruolo fondamentale all’interno di My Sunny Maad: in generale, per riprodurre l’Afghanistan, si è scelto di utilizzare delle tinte marroncine che evocano in modo calzante i labirintici vicoli, il mercato e le case di questo luogo. In netta opposizione, invece, un colore giallo dorato è stato selezionato per portare in scena le sequenze oniriche della storia. Durante il racconto non se ne susseguono tante, ma hanno tutte la loro personalità e si distinguono dal resto proprio grazie a questa particolare soluzione adottata, portando una ventata di freschezza nella trama e, soprattutto, contribuendo positivamente al messaggio del film.

In generale, il lungometraggio è un perfetto compendio capillare di una famiglia “progressista” dell’Afghanistan, un ritratto del tutto particolare e alternativo rispetto alle solite rappresentazioni di questo mondo. Tale differenza dà la possibilità alla storia di svilupparsi con modalità insolite e apparentemente pacifiche. Ma mano a mano che la pellicola prosegue la sua corsa, gli ostacoli sono sempre più evidenti, sia all’interno della stessa famiglia che al di fuori, con un’intera società che tratta la figura femminile in modo del tutto aberrante, specialmente nel caso delle donne occidentali, additate di essere delle prostitute. Parole e temi forti che non ci aspetterebbe di trovare nel film e che invece fanno la loro comparsa, con intelligenza, delicatezza e misuratezza.

My Sunny Maad: una regia statica con poco contesto storicoMy Sunny Maad

Per ciò che concerne i temi veri e propri, My Sunny Maad spazia molto e oltre agli elementi sopracitati, si lascia grande spazio anche alla figura del diverso con uno dei personaggi, Maad appunto, che viene discriminato perché malato. Più volte, nel corso del lungometraggio, il personaggio dimostra di essere particolarmente arguto e questa caratteristica per fortuna lo riscatta, almeno agli occhi degli altri, non della sua famiglia ovviamente, che lo ama profondamente. Il ruolo di Maad, però, non finisce qui perché riesce, con la sua presenza, a cambiare completamente le sorti dell’intera famiglia.

Passando alla regia, c’è da dire che non ci sono soluzioni realmente inedite o particolarmente dinamiche: di per sé i movimenti della macchina da presa sono piuttosto statici e si sviluppano quasi sempre allo stesso modo, usando il nucleo famigliare come struttura tipo dalla quale ripartire. Il maggiore sperimentalismo si può osservare nell’utilizzo delle scene oniriche che sono tra l’altro un perfetto raccordo tra una sequenza e l’altra della pellicola. Tra le scene più iconiche e particolari c’è senza dubbio la sequenza finale ed una molto cruda che lascia davvero colpiti e sgomenti perché, nonostante il forte dolore che evoca, la violenza è stata rappresentata con grazia e tatto.

Quello che purtroppo manca nella pellicola è una spiegazione più esauriente del contesto storico che il film sta trattando. Anche se ci sono alcuni dettagli sparsi sull’argomento, sembra che il lungometraggio dia per scontato davvero molte cose e ciò è un peccato perché, con maggiore comprensione, sarebbe stato più chiaro e limpido il messaggio fornito agli spettatori. Nonostante questo, la realizzazione risulta comunque godibilissima anche senza tali elementi, ma perde un pochino di efficacia nel momento in cui non si riescono ad intuire perfettamente non solo i riferimenti, ma anche le coordinate geopolitiche che in questi casi sono necessarie. Inoltre, ci sono anche dei momenti ombra della storia che però sono abbozzati volutamente per dare al pubblico solo gli strumenti essenziali per orientarsi all’interno della realizzazione.

My Sunny Maad è un film d’animazione che, a scapito di una semplicità formale data da un’animazione artigianale e semplice, è un perfetto veicolo di messaggi importanti con una critica forte alla società afghana che vede la donna in modo estremamente arcaico, del tutto lontano dalla visione occidentale della figura femminile. Il lungometraggio si avvale di una sceneggiatura immediata (ma quasi del tutto priva di un contesto storico efficace), di colori evocativi ed di una regia quasi del tutto statica che regala però momenti di rara intensità.

Regia - 3.5
Sceneggiatura - 3.5
Fotografia - 4
Recitazione - 4
Sonoro - 3.5
Emozione - 4

3.8