My Skinny Sister: recensione del film di Sanna Lenken

My Skinny Sister è un film efficace che può contare su una galleria di personaggi costruiti alla perfezione. Il film esce in Italia il 20 novembre.

Vincitore di numerosi riconoscimenti, tre al 16° Festival del Cinema Europeo di Lecce, tra cui il Premio del Pubblico, e ancora alla Berlinale sezione Generation Plus e a Toronto nella sezione TIFF Kids, My Skinny Sister, primo lungometraggio di Sanna Lenken tratta con delicatezza e originalità il tema dell’anoressia e dei disturbi alimentari.

La scrittrice e regista svedese, del resto, aveva già attirato l’attenzione su di sé con il suo cortometraggio Eating Lunch, presentato nel 2013 in concorso al Göteborg International Film Festival. Anche in quel caso, la tematica di fondo ruotava attorno ai disturbi alimentari dei giovani, particolarmente cara alla regista, anche alla luce delle proprie esperienze personali.

My Skinny Sister

Ed è proprio da quel primo lavoro che prende le mosse quel romanzo di formazione che è My Skinny Sister. Con una mossa assolutamente vincente, la regista sceglie infatti di affrontare un tema così delicato da un punto di vista “esterno”, quello della piccola Stella (un’incredibile Rebecka Josephson), una bambina arrivata alla soglia dell’adolescenza, che oltre alle difficoltà tipiche della propria età, si ritrova alle prese con una situazione ben al di fuori della propria portata: sua sorella maggiore, Katja (la pop star svedese Amy Deasismont), pattinatrice di alto livello, primogenita idolatrata dai genitori, è affetta da un disturbo alimentare, qualcosa che sembra una combinazione di anoressia e bulimia.

My Skinny Sister: un film di formazione su un tema delicato visto attraverso gli occhi di una bambina

Quando Katja minaccia di rivelare ai genitori, qualora la sorella raccontasse loro della malattia, che Stella è innamorata del proprio allenatore, il trentenne Jacob (l’attore tedesco Maxim Mehmet), al quale dedica pagine e pagine del proprio diario, si innesca un circolo vizioso di manipolazione e menzogne, che la bambina deciderà coraggiosamente di interrompere per amore della sorella maggiore.

La Lenken ha realizzato un film efficace, che analizza i rapporti e le dinamiche familiari, offrendo una propria interpretazione del rapporto tra sorelle, sviscerandone i piccoli tradimenti, le gelosie e allo stesso tempo ben sottolinea la sensazione dell’anoressia come dipendenza vera e propria. A tutto questo My Skinny Sister si somma una galleria di personaggi costruiti alla perfezione e altrettanto alla perfezione interpretati.

My Skinny Sister

Fenomenale, in particolare, la performance delle due giovanissime protagoniste, soprattutto la quattordicenne Rebecka Josephson (nipote di Erland Josephson, noto attore dei film di Ingmar Bergman), che ci offre probabilmente una delle performance più convincenti dai tempi di Abigail Breslin in Little Miss Sunshine. Non sono da trascurare neanche le due figure dei genitori (Annika Hallin e Henrik Norlen), adulti che, a mano a mano che il film procede, svelano tutte le proprie debolezze, impietriti come sono dalla paura di mandare la figlia in ospedale. Incapaci di ammettere che un problema effettivamente esiste, tentano di risolverlo da soli, tra le mura domestiche, con effetti devastanti.

Una tale combinazione di fattori positivi non può che generare un film di alto livello, capace di trasmettere il dolore di una condizione senza farne spettacolo, senza ricorrere a luoghi comuni e morale a buon mercato. In tal senso, la Lenken non ha mai paura di mostrare, ma allo stesso tempo non ha bisogno di indugiare nei passaggi più drammatici, trattando con il dovuto rispetto una tematica così importante, che evidentemente conosce molto bene, ma senza paura di far divertire e smorzare i toni al momento giusto. Non resta che augurarci che la pellicola, al suo debutto oggi in Italia, riceva anche qui da noi l’accoglienza che meriterebbe.

My Skinny Sister

Regia - 3
Sceneggiatura - 2.5
Fotografia - 3
Recitazione - 3.5
Sonoro - 3
Emozione - 3

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