FFF 2022 – My Grandfather’s Demon: recensione del film di Nuno Beato

Rosa è sconvolta dalla morte improvvisa del nonno: tornando nel suo paese natio, scoprirà un passato che la cambierà

My Grandfather’s Demon è un film del 2021 diretto da Nuno Beato e presentato al Future Film Fest 2022 a Bologna, nella selezione ufficiale.
È un dato assodato (o dovrebbe esserlo) che ormai il cinema d’animazione non è più -se mai lo è stato fino in fondo- un mezzo espressivo rivolto ad un pubblico di non adulti, bensì un vero e proprio genere che ha tante declinazioni visive quante sono le volate di genio dei propri autori.

My Grandfather’s Demon sta qui proprio a ricordare la ricchezza di un immaginario che non è più bloccato al 3D per poter stupire, ma gioca con sé stesso e con i suoi stessi confini allargando come un elastico la concezione di “animazione”.

La storia è relativamente semplice nei suoi presupposti: Rosa è una donna di successo nel suo lavoro, in una grande città non meglio identificata.
Dopo l’inaspettata morte dell’amato nonno Marcellino, che l’ha cresciuta, realizza però che la sua esistenza non è completa: che lei non vive in un luogo con cui è realmente connessa emotivamente e che non ha mai davvero amato da quando ha lasciato la sua terra natia.

Decide allora di guardarsi indietro e tornare nei posti del suo passato, per scacciare il risentimento e ricucire vecchie ferite. My Grandfather’s Demon è allora una storia di connessione e rimpianto, elementare nella costruzione, potente nella resa emotiva, incredibilmente stratificata e complessa nella messa in scena.

My Grandfather’s Demon svela una sorpresa dopo l’altra

Se nei primi 14 minuti veniamo immersi in un ambiente 2D più o meno familiare, non appena la protagonista Rosa mette i piedi nella Valle del Serranco, dove è cresciuta, viene utilizzata la miglior stop-motion, creando un primo momento di spaesamento per chi guarda.

È questo il primo elemento che il regista Nuno Beato utilizza per rendere interattivo il suo film, lasciando che lo spettatore non sia solo un osservatore esterno e passivo ma si senta emotivamente coinvolto in quello che succede similmente a Rosa.

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Perché il viaggio della donna è prima geografico, e dopo (una volta arrivata alla sua meta fisica) psicologico: nel momento in cui scopre che il nonno non era per tutti la figura idealizzata che lei aveva per sé, il suo mondo viene sconvolto una seconda volta e si trova a dover fare i conti con il rapporto che ognuno di noi ha con la propria rappresentazione della realtà, spesso e volentieri una rappresentazione di comodo quando non finzionale.

Un film ricco di emozioni e sentimenti

Marcellino era irascibile e inviso un p a tutti, e sono degli incubi che prendono vita dall’argilla che Rosa conosce la verità scoprendo, forse per la prima volta, il valore del sentimento di comunità che lei solo credeva di conoscere.
Possidònio Cachapa e Cristina Pinheiro restituiscono una sceneggiatura stesa prima della pandemia ma che inevitabilmente e inconsapevolmente (per cui, con una sincerità ancora più potente) assume una rilevanza diversa e maggiore oggi, dopo due anni di chiusure e distanziamento sociale.

Quando My Grandfather’s Demon si getta in parabole contro una tecnologia che allontana, il tono non diventa mai lezioso o didascalico, ma riesce a far comprendere con immediatezza l’enormità di alcuni comportamenti sbagliati.
Impossibile non sottolineare l’eccellente lavoro fatto dall’animazione dell’artista portoghese Rosa Ramalho, che dà vita ad abbaglianti forme d’arte.
Ferite emotive, necessità di connessione con la propria vita, demoni generazionali sono le coordinate entro cui si muove un film semplice e immediato ma potentissimo nella sua palpabile forza interiore.

Regia - 0
Sceneggiatura - 3.5
Fotografia - 3.5
Recitazione - 3.5
Sonoro - 3.5
Emozione - 3.5

2.9