RomaFF12 – My friend Dahmer: recensione

My friend Dahmer, la recensione del film di Marc Mayers presentato ad Alice nella città e incentrato sull'adolescenza di uno dei serial killer più noti della storia americana contemporanea.

Tutti gli assassini sono stati adolescenti. Disturbati, isolati, ma pur sempre adolescenti. Anche Jeffrey Dahmer è stato giovane, ha frequentato il liceo, è andato al ballo della scuola, si è diplomato, ha passato i pomeriggi a bighellonare con gli amici cercando di reprimere i suoi più crudi, inumani -quasi animali – istinti. Molti ragazzi hanno passato giornate a ridere di quello strano, illeggibile personaggio che era lo studente Jeff Dahmer, se non addirittura divertirsi insieme al futuro mostro di Milwaukee come capitato al suo compagno di studi Derf Backderf, che dall’esperienza di vita al fianco dello sconcertante, ma non ancora omicida Jeff ha tratto il libro My Friend Dahmer, diventato opera cinematografica sotto la scrittura e la direzione del cineasta Marc Mayers (Harvest, How He Fell in Love).

Con la sua chioma bionda e gli occhiali enormi, la statura elevata e la camicia sempre nei pantaloni, Jeffrey Dahmer (Ross Lynch) non passa certo inosservato, aggirandosi nei corridoi del liceo con la solita aria stralunata e coltivando una strana passione per le interiora degli esseri viventi. Privo di legami sinceri di cui avvalersi e fidarsi, Jeff stringe per un breve periodo con l’irriverente gruppo dell’aspirante fumettista Derf (Alex Wolff), un’amicizia fondata su una sciocchezza transitoria che va perdendosi nel tempo dell’ultimo anno di scuola. Periodo che va disastrosamente peggiorando con il divorzio dei suoi genitori e il principio di una grave forma di alcolismo, fattori scatenanti della compiutezza delle sue più efferate perversioni, perpetrate nel corso della sua fase adulta.

My friend Dahmer – Il background adolescenziale dell’assassino nel film di Marc Mayers

my friend dahmer

Il background di un serial killer partendo dai primi accenni della sua mente deviata. Una curiosità viva, febbricitante, tenuta a freno durante gli anni della crescita, ma pronta a saltare fuori sotto i continui attacchi ad una vita segnata dal vuoto degli affetti e da un istinto che, probabilmente, non sarà mai del tutto semplice da spiegare. My friend Dahmer non cerca assolutamente di analizzare la personalità già avviata su un terreno che avrebbe poi condotto il ragazzo da uomo ai suoi diciassette violenti omicidi, ma si rivela piuttosto uno specchio chiaro, esente di dimensione psicologica, del giovane, solo, a tratti inquietante Jeff Dahmer.

Lo stile del film si abbina perfettamente al carattere dell’indecifrabile Dahmer, una pellicola fredda e controllata che mantiene sempre saldo il punto della situazione portando avanti il ritratto accurato di un’adolescenza scossa, punteggiata da una madre inadatta e da impulsi insani, fatti evolvere verso sconsiderate tendenze sotto l’effetto non solo dell’alcol, ma della lancinante solitudine di un ragazzo da sempre consapevole della sua impossibilità nel trascorrere un’esistenza circoscritta nella definizione di normale.

My friend Dahmer – Ross Lynch egregio nei panni dell’imperscrutabile futuro serial killer

my friend dahmer

Ross Lynch, catapultato dall’universo spensierato di Disney Channel alla triste nonché spaventosa realtà di Jeffrey Dahmer, interpreta egregiamente il protagonista del film di Marc Meyers mettendo a disposizione tutta la propria fisicità, il suo corpo, impostando l’adeguata camminata che distingueva il massiccio ragazzo e impostando un’ottima postura ad entrare completamente nella fisionomia del particolare personaggio. Un’interpretazione che per tutto rappresenta l’inadeguato posto nel mondo del preoccupante Dahmer, l’inespressività comunicativa dell’attore Lynch che ne racchiude a pieno la gelida imperscrutabilità.

My friend Dahmer dilata troppo la sua narrazione prendendosi la libertà di allungare una trama che avrebbe funzionato anche – e forse meglio – sfoltendo alcuni suoi momenti di certo interessanti, ma non necessariamente coinvolgenti, rendendo così il non necessario parte della storia e lasciando che il concentrato di tensione creatosi dalle alte aspettative del tema vadano sciogliendosi man mano che si procede verso la fine della pellicola. L’opera rimane comunque un significativo aspetto della vita di uno dei più sconvolgenti serial killer della storia americana. Un film che, pur perdendosi in vari momenti, riesce ad identificarsi come un prodotto riuscito e dall’intrigante visione.

Regia - 3
Sceneggiatura - 2.5
Fotografia - 3
Recitazione - 3.5
Sonoro - 3
Emozione - 3

3