Roma FF11 – My first highway: recensione del film di Kevin Meul

My first highway è un film del regista belga Kevin Meul presentato alla Festa del cinema di Roma nella sezione Alice nella città, interpretato da Aaron Roggerman e Romy Lauwers.

La storia è incentrata su un ragazzo, Benjamin, in vacanza con i genitori e il fratello più piccolo in Spagna con il loro camper. Benjamin è molto annoiato, non ha nessuno con cui uscire, deve sistematicamente badare a suo fratello, il mare lo tedia particolarmente e non trova alcuna attrattiva se non perdere le giornate guardando la tv, inframezzate dalle guide con il padre.

my first highway

Mentre è alla guida, Benjamin si lascia distrarre da un gruppo di ragazze che vagano per le strade del camping ed è molto attratto da una di loro, Annabel, una giovanissima ragazza, sfrontata, bella e indomabile. Benjamin fa di tutto per incontrarla e lei sembra quasi attenderlo, i due si riconoscono ancora prima di conoscersi, vagano per le vie del camping e lei lo invita a una festa quella stessa sera.

La loro storia sembra non avere mai un inizio, Annabel è una ragazza molto aperta, senza blocchi e smisurata, Benjamin si trova sempre solo, a bere il suo drink in un angolo, mentre lei si lascia sedurre dal ragazzo sbagliato. La narrazione non subisce grandi risvolti se non attraverso il volto di Benjamin che oscilla tra la noia e il disagio, non riuscendosi ad imporre nella vita di Annabel. Si continuano a vedere e a frequentare, per certi versi si capiscono e si guardano come due persone vicine ma anni luce dall’essere presenti nelle vite dell’altro.

my first highway

E proprio quando Benjamin sente di averne abbastanza, Annabel lo cerca e gli chiede di fuggire via. Gli confiderà un triste segreto, una cosa che non vuole che si sappia, che non vuole risolvere e che è proprio quel camping il luogo che serba tutto il suo dolore. Gli chiede di andare via a cercare il padre che vive in un’altra città, perché stare con la madre a lavorare nel supermarket non è la sua vita, disprezza la sua vita, odia tutto ciò che fa, le feste, i ragazzi, quel mondo e desidera distaccarsene.

Benjamin un po’ sconvolto, si lancia nell’impresa adrenalinica di fuga dal mondo degli adulti, in cui questi due ragazzi dalla vita opaca e insipida cercano un risveglio diverso, un’emozione nuova che solo la fuga può dargli.

My first highway è succube di un modo di raccontare scarno, che lascia attoniti fino alla fine

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Molto ironico il momento in cui i due fuggono a bordo di un’utilitaria, una comoda macchina familiare targata sicurezza e prudenza, e farla passare per la jeep della avventure o il viaggio di nozze alla Ivano e Jessica in cui stropicciarsi l’un l’altro durante la guida (almeno quella era una decapottabile, così per dire).

Il loro viaggio parte con i presupposti sbagliati e finisce in modo tragico. Il panico, il senso di colpa, le bugie, la paura e l’azzardo di avere una pistola tra le mani e il mondo nell’altra non porta a una soluzione ma a un dramma assoluto. Le vite atone, rabbiose e incerte di questi due adolescenti si mescolano con la tragedia, con il punto di vista di chi compie una ragazzata che è non è solo un mero incidente, ma il gesto efferato di chi sa cosa potrebbe accadere e lascia che accada. L’efferatezza è tutta impostata sul viso di Benjamin che affronta la sua crescita in modo sprezzante e violento, dalla scoperta della sessualità a livelli funesti e ingloriosi alla perdita d’innocenza con quel tubo di ferro tra le mani, la brama di vita è tale da essere un impatto dal quale non ci si può ritrarre.

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My first highway: una pellicola molto apprezzabile dal punto di vista visivo e meno dal punto di vista drammatico

My first highway è una pellicola ben fatta, almeno visivamente, l’uso dei colori, e il modo in cui viene raccontata la violenza, la morte e il pericolo sono particolari perché si intravede il punto di vista di entrambi e non viene ostacolato nessuno, vittima e carnefice sono li a confutarsi le colpe, a mostrarci come il piacere e la sua ricerca ha dei risvolti sbagliati laddove non ci sono contorni né riferimenti reali ma solo voglia di leggerezza e piacere mediocri, nati nelle menti buie di due ragazzi senza passione, senza luce. Interessante è da notare che le figure genitoriali sono sempre riprese di sfuggita, da dietro o a metà, il regista compone un interesse visivo solo verso la caparbietà adolescenziale e il suo declino all’interno della pellicola che è pervasa dai colori, sempre più tenebri e decisi con lo scorrere della narrazione.

Ma d’altra parte My first highway è succube di un modo di raccontare scarno, che lascia attoniti fino alla fine. Se da un lato il linguaggio visivo è apprezzabile, dall’altro c’è il buio totale quando si parla di attori, Aaron Roggerman e Romy Lauwers valicano in modo flebile la soglia della dignità, discorsi e fulcro della storia sono insipide, al limite dell’insensatezza, non si parla, non si spiega, non si mostra, non si viene mai coinvolti nei loro drammi che sono così mal mostrati che non si può nemmeno minimamente empatizzare con loro.

Un vero peccato per una pellicola come My first highway, molto apprezzabile dal punto di vista visivo, e men che mai dal punto di vista drammatico.

 

 

Regia - 3
Sceneggiatura - 1.5
Fotografia - 3.5
Recitazione - 2.5
Sonoro - 2
Emozione - 1.5

2.3