Misha and the Wolves: recensione del film documentario Netflix

Misha and the Wolves sembra una favola, una di quelle che si raccontano ai bambini, invece è la storia di una donna che fa sanguinare una ferita ancora purulenta.

Siamo negli anni ’90, Misha Defonseca racconta al mondo la sua triste e dolorosa storia, attraverso l’autobiografia che pone al centro una delle ferite più tragiche, dolorose e disumana della storia: l’Olocausto. Misha commuove ciascun essere con un cuore, è stata cresciuta dai lupi mentre cercava spasmodicamente ed eroicamente i suoi genitori. Eppure arriva come una mannaia la verità: quella che sembrava un’Odissea tragica di una bambina, oggi una donna adulta sopravvissuta, è in realtà un falso. Questo è il tema di Misha and the Wolves di Sam Hobkinson, proiettato al Sundance nel concorso World Cinema Documentary, entrato nel catalogo Netflix (11 agosto 2021).

Misha and the Wolves_Cinematographe.itMisha and the Wolves: Misha e la sua favola triste e dolorosa che tocca tutti

C’è la storia di Misha Defonseca, una donna il cui racconto di sopravvivenza è arrivato in tutto il mondo, perché diventato un libro di memorie di successo e persino un film, tutto cambia dopo che Misha ha gettato l’editrice americana Jane Daniel in rovina e le successive indagini hanno rivelato che intorno all’identità della donna c’erano non pochi dubbi. Realtà o finzione? Una folle o un’attrice? Defonseca è un’immigrata belga arrivata fino al Massachusetts eppure afferma di essere stata separata dai suoi genitori ebrei durante la guerra per poi cercare di ritrovarli da sola, nascondendosi dai nazisti con un branco di lupi come unica compagnia. Si tratta di una straordinaria storia di sopravvivenza che include l’essere allevata da un branco di lupi, mentre si dirigeva in Germania.

Misha and the Wolves sembra una favola, una di quelle che si raccontano ai bambini, invece è la storia di questa donna che fa sanguinare una ferita ancora purulenta. Rabbia e inganno. Questo è ciò che prova tutto il mondo quando si rende conto di essere caduto nel più grande gioco di maschere della storia, la maggior parte degli intervistati è in imbarazzo, addolorata, arrabbiata per la propria ingenuità, perché ha creduto ad una donna che ha mentito, costruito, recitato. “Perché credere a questa storia?”, “Perché credere a lei?”; queste sono le domande che si fanno gli uomini e le donne che partecipano alle interviste, ma chi non crederebbe a una che dice di aver patito ciò che ha patito? Chi non avrebbe ascoltato con gli occhi pieni di lacrime la storia della Defonseca? Non si può pensare che qualcuno possa inventare di aver vissuto una vicenda come quella di Misha. Fino ad un certo punto lo spettatore è ferito, squarciato, commosso dalle parole della protagonista, poi ferito, squarciato, commosso e infine turbato dalla scoperta che Misha non è chi dice di essere, che quella che ha messo in scena è una crudele pantomima.

Un film che non approfondisce molti temi

Misha and the Wolves, Cinematographe.it

Defonseca ha un mondo di ricordi nella testa e lo consegna a tutti, ha un bagaglio di lacrime e dolore talmente importante da farle scrivere un’autobiografia; lo spettatore e l’uditore guardano la donna con gli occhi lucidi, ascoltano le parole che si spezzano in gola, è inimmaginabile eppure è tutto uno spettacolo, ordito nei minimi dettagli, uno spettacolo spietato e freddo. Ha talmente successo che Disney e Oprah Winfrey l’hanno contattata  ma lei è diventata avida, desiderosa di avere altro danaro, così fa causa alla Daniel e, incredibilmente, riceve 22,5 milioni di dollari dai tribunali; è allora che l’editrice inizia a fare ricerche su Defonesca e, con l’aiuto di una genealogista, scopre una serie di importanti discrepanze.

Daniel e Winfrey, l’editrice e la gigante della tv e della comunicazione sono coloro che mettono in evidenza i nei di Misha. Qualcosa va storto e da lì la protagonista e la sua vita vengono analizzate, studiate, messe sotto una lente d’ingrandimento. Si può falsificare la propria vita, riscrivere la storia propria e di tutta la famiglia, ma non si può mentire a Oprah.

Misha and the Wolves sembra rimanere in superficie, non entrare veramente e profondamente nelle motivazione di Misha, turba perché è difficile, addirittura insopportabile pensare/accettare che si possa mentire su un tema così importante: è doloroso per tutti, per chi lo ha vissuto, per chi l’ha studiato, per l’umanità tutta. Sembra una partita a scacchi, uno scontro lento e inesorabile, e a poco a poco il quadro si compone crudele e incredibile, uno alla volta esperti, persone che hanno vissuto quegli anni incredibili, elencati in base al loro ruolo in questa vicenda, ricordano la sensazione che Misha ha generato in loro. Attraverso interviste, filmati d’archivio e le ricostruzioni, il documentario conduce gli spettatori in un meccanismo difficile e complicato che porterà al finale; quando pensi di sapere la verità, qualcosa cambia il verso alla storia e tutto cambia.

Un thriller psicologico in cui si indaga e si cercano spiegazioni

Misha and the Wolves è una sorta di thriller psicologico – è doloroso, inaccettabile sentire, vedere questa storia – che offre al pubblico un labirinto da esplorare poiché i protagonisti sono vittime e carnefici. C’è qualcosa che però non torna e non riesce a condurre lo spettatore nel gorgo del dubbio e dell’incertezza, si sta un passo indietro perché forse sopportare un caso come questo è troppo difficile.

Regia - 3
Sceneggiatura - 3
Fotografia - 3
Sonoro - 2
Emozione - 3

2.8

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