Miracle: recensione del film coreano di Lee Jang-hoon

1980. Il diciassettenne Jun-gyeong ha un sogno: creare una stazione ferroviaria nel piccolo villaggio di provincia in cui vive. Per farlo, decide di scrivere una lettera al Presidente coreano...

La recensione di Miracle, il film coreano di Lee Jang-hoon vincitore del Premio del Pubblico al FEF e in sala dal 23 marzo 2023

Sulla scoperta del cinema coreano da parte delle platee occidentali – che ha radici lontane, ma che è definitivamente esplosa nel 2019 con il fenomeno Parasite – è già stato detto tutto e il contrario di tutto, con analisi dettagliate e tardive consacrazioni hollywoodiane. Non è una sorpresa, quindi, vedere fare capolino qua e là nelle sale europee e italiane opere provenienti sì dall’Asia, ma ancora più specificatamente prodotte in Corea del Sud (di quella del Nord, come ben sappiamo, non è dato sapere).

Miracle di Lee Jang-hoon arriva in sala – a partire dal 23 marzo, distribuito da Academy Two – già con i galloni del vincitore: oltre ai premi in patria, infatti, è stato il trionfatore assoluto del Far East Film Festival di Udine, edizione 2022, consacrato proprio dall’insindacabile voto del pubblico. Impossibile, del resto, non innamorarsene, per quel suo perfetto equilibrio tra racconto storico, respiro nostalgico e narrazione “universale” (non confinata o confinabile cioè entro i soli limiti nazionali).

Miracle: mai abbandonare i propri sogni

Lo spunto di partenza è una storia vera, incentrata su una remota cittadina che negli anni ’80 è praticamente isolata dal mondo: nessun treno si ferma nel piccolo villaggio della provincia di Gyeongsang, nonostante un binario ci sia. Ma è un binario di passaggio, senza stazione, e agli abitanti non resta che quotidianamente camminare su quella pericolosa tratta compiendo viaggi anche di 5 ore per andare a lavoro o a scuola. Una situazione insostenibile, che il 17enne Jun-gyeong cercherà di risolvere. Anzitutto, scrivendo accorate lettere al presidente coreano.

La vicenda, tratteggiata con dolcezza e profondo rispetto dal regista Lee (altrove abituato apertamente al melodramma, come ci ricorda il suo film d’esordio Be With You, 2018), è il terreno perfetto per svariate e trasversali metafore. Miracle in fondo ci insegna a non abbandonare mai i nostri sogni, anche se le difficoltà da affrontare sono – meglio: sembrano – insormontabili. E se questi piccoli/grandi “miracoli” li inseguiamo in compagnia, con l’appoggio della famiglia e di chi ci sta vicino, meglio ancora: non avremo mai la sensazione di fare qualcosa di sbagliato.

Da eccezione a consuetudine: il nuovo “miracolo” del cinema coreano

A stupire in particolar modo, come spesso accade nelle produzioni asiatiche non graniticamente legate all’idea di “genere cinematografico” di stampo americano, è il continuo cambio di registro: con estrema delicatezza Miracle passa dal racconto di formazione (perché, di fatto, il protagonista sta cercando di gettare un ponte davanti a sé per il proprio futuro, di avere una voce che lo smarchi dall’isolamento esistenziale) al melò, dall’irresistibile umorismo al dramma venato quasi di giallo. A fare da collante c’è la non comune abilità nella gestione delle emozioni e dei sentimenti umani, con l’emersione di caratteri – anche quelli più apertamente in secondo piano – tridimensionali e sfumati, dal complesso background (basti pensare al padre di Jun-gyeong).

Miracle ha intenzioni nobili ben tangibili, ci ricorda tempi e questioni semplici, è pieno di malinconia per un’epoca recente ma ormai passata, possiede un calore e una vena emozionale in grado di far ridere e piangere gli spettatori. Ed è, ultimo ma non ultimo, attraversato da interpretazioni di primo piano e gran richiamo, in questo caso soprattutto ovviamente per chi già li conosce in Corea: Park Jeong-min (recentemente visto anche in Decision to Leave) è uno degli attori più richiesti della sua generazione, mentre Im Yoona è una diva amatissima del k-pop. Tutti tasselli che servono a ribadire, qualora ce ne fosse ancora bisogno, che la qualità del cinema coreano non è più un’eccezione o un miracolo: è una regola consolidata.

Miracle: conclusione e valutazione

Delicato lavoro di regia e sceneggiatura particolarmente ispirata, sia nei momenti più leggeri che in quelli maggiormente drammatici. Fotografia trasognata e ovattata, in perfetta sintonia con lo spirito nostalgico del film. Cast perfettamente in parte, capace di rendere al meglio il respiro emotivo che attraversa ogni scena, mentre la colonna sonora si limita a un lavoro di rifinitura, restando ai margini della storia raccontata.

Regia - 3.5
Sceneggiatura - 4
Fotografia - 4
Recitazione - 4
Sonoro - 3
Emozione - 4

3.8