Michel Gondry, Do it Yourself!: recensione del documentario

Il documentario di François Nemeta che racconta la carriera di Michel Gondry.

Bologna sembra amare Michel Gondry. Dopo aver fornito il palcoscenico, al Biografilm Festival 2023, per l’anteprima italiana del suo Il libro delle soluzioni (2023) e averlo ospitato in occasione dell’uscita in sala dello stesso film all’inizio di novembre, adesso lo celebra al Future Film Festival 2023 con il documentario di François Nemeta, Michel Gondry, Do it Yourself!

Michel Gondry, Do it Yourself! Cinematographe.it

Nemeta è un regista di videoclip musicali e cortometraggi – ha girato anche Ti sposerò (2002) di Jovanotti – che nel 2023 ha fatto uscire ben due documentari sull’autore francese trapiantato a Hollywood, In bed with Michel Gondry e questo Michel Gondry, Do it Yourself! La spiegazione per una tale quasi-ossessione viene fornita nel secondo dei due lavori.Il documentario inizia infatti raccontando del primo incontro fra Nemeta e Gondry, alla fine degli anni ottanta, quando il regista, futuro premio Oscar per Se mi lasci ti cancello (2004), suonava la batteria nella band Oui Oui e ne dirigeva anche i videoclip. Da lì in poi i due hanno mantenuto una sorta di amicizia artistica che dura ancora oggi.

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Ma si badi, a parte qualche piccola apparizione che Nemeta si concede davanti alla macchina da presa insieme all’amico, il documentario è tutto incentrato sulla carriera di Gondry. Se ne raccontano gli inizi da regista di videoclip per artisti in grado di apprezzarne il talento visionario, come Björk, Beck e i White Stripes e se ne ripercorre tutta la carriera hollywoodiana, fatta di opere tanto personali, quanto in grado di attirare l’attenzione di un pubblico ampio. Vengono brevemente rievocate le origini di film iconici come Be Kind Rewind – Gli acchiappafilm, (2008) o Mood Indigo – La schiuma dei giorni (2013), ma ci si sofferma anche sugli aspetti più particolari delle tecniche di animazione artigianali usate dall’autore, oltre che su alcuni aspetti meno noti della sua personalità, quali l’interesse per il sociale – Gondry ha fondato delle scuole di cinema gratuite in varie città del mondo, « L’usine de films amateurs » – l’affetto per la figlia, il rapporto con la madre, ex-adepta di una stramba setta religiosa e l’amicizia con il collega Spike Jonze, improntata all’ironia e a una benevola competizione.

Michel Gondry, Do it Yourself! Una biografia rispettosa

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Nemeta, un po’ come Bologna, ama Gondry e dunque costruisce una rispettosa biografia che si guarda bene, per esempio, dal toccare alcuni temi delicati come la depressione che ha bloccato artisticamente il regista per circa sei anni, prima del suo ritorno dietro la macchina da presa con Il libro delle soluzioni. Egli privilegia piuttosto l’impatto artistico dell’autore sul mondo del cinema. Utilizza molto materiale di repertorio e intervista attori del calibro di Jim Carrey e Jack Black, cantanti come Kyle Minogue, Gondry stesso e i suoi fratelli. Siamo dunque davanti a un’opera che si pone principalmente l’obiettivo di esaltare quello stile fatto di animazioni artigianali, decoupage cartaceo e approccio da autoproduzione punk (“do it yourself” è il motto della punk subculture, sin dagli anni settanta), che sono il marchio di fabbrica del cinema di Gondry. Non tanto con il fine di darci uno spaccato complesso del mondo interiore del regista, quanto con l’intento di sottolineare il legame indissolubile che la tecnica filmica di Gondry ha con le origini della settima arte e, in particolare, con il cinema di Méliès, il padre degli effetti speciali e del cinema fantastico. Così Nemeta palesa quanto il cinema, a volte bislacco, dell’autore sia in realtà una sorta di riflessione sull’idea stessa di cinema, inteso come dispositivo in grado di scomporre la realtà in unità di senso, atte a essere ricombinate, in nuovi paradigmi significativi.

Michel Gondry, Do it Yourself! Valutazione e conclusione

In Michel Gondry, Do it Yourself! emerge quanto l’intera produzione del cineasta francese, in tempi di trionfo del virtuale, si caratterizzi per essere ancora in grado di usare l’artificio analogico come principale componente di una macchina mitopoietica, capace di dar corpo reale, materico, alle astrazioni della psiche umana. In altri termini, il cinema di Gondry è il trionfo della trasformazione soggettiva della materia stessa del reale, attraverso la creatività. Questo film di Nemeta, se per altri versi risulta un po’ stucchevole, come tutte le agiografie, quantomeno ha il merito di ricordarci l’importanza di tale funzione della settima arte (e l’importanza del cinema di Gondry).

Regia - 3
Sceneggiatura - 2.5
Fotografia - 3
Recitazione - 3
Sonoro - 3
Emozione - 3

2.9