Roma FF16 – Open Arms – La legge del mare: recensione del film sulla tragedia del Mediterraneo

Il film, diretto da Marcel Barrena e in selezione ufficiale alla Festa del Cinema di Roma 2021, racconta la travagliata nascita dell'ONG Open Arms, concentrandosi sul suo fondatore, Òscar Camps. Un racconto emozionante e commovente, dal taglio efficace, ma in alcuni tratti eccessivamente romanzato.

Mediterraneo: The Law of the Sea (Open Arms – La legge del mare) è il nuovo lungometraggio diretto da Marcel Barrena (100 metros, Segon origen) e scritto dallo stesso film-maker con Danielle Schleif (Summer Camp, Los condenados). In concorso nella selezione ufficiale, alla Festa del Cinema di Roma 2021, che si tiene nella Capitale dal 14 al 24 ottobre 2021, racconta la creazione dell’ONG Open Arms, ideata da Òscar Camps nel 2015 in piena emergenza umanitaria nel Mar Mediterraneo. In particolare, la pellicola si concentra sia sulle vicende accadute sull’Isola di Lesbo che hanno portato alla fondazione dell’associazione, che ha cura la salvaguardia di migranti, ma anche sull’ideatore dell’iniziativa.
Il film arriva al cinema il 3 febbraio 2022.

Da anni sentiamo parlare ai TG e sui giornali, in maniera martellante, dell’emergenza che si sta verificando in particolare nel Mar Mediterraneo, con svariate persone bloccate in acqua, in fuga dal loro paese d’origine a causa della guerra, della fame o alla ricerca di un luogo migliore dove vivere. Open Arms – La legge del mare è un racconto corale di finzione che trae spunto da questi fatti realmente accaduti per costruire una storia emozionante e molto intensa, appellandosi al sentimento e all’umanità. L’opera, infatti, ci mostra con forza che questi uomini, donne e bambini non sono dei banali o asettici numeri da censire e che l’aiuto di cui hanno bisogno è concreto, tangibile e non richiede semplici chiacchiere astratte.

Open Arms – La legge del mare: tra impegno sociale e dolore universale per raccontare la tragedia del Mediterraneo

Mediterráneo Open Arms – La legge del mare cinematographe.it

Mediterráneo si apre con uno schermo nero, lo sciabordio delle onde e delle richieste di aiuto di migranti via radio che cercano asilo in altri paesi, tentando una traversata piena di difficoltà in mare. La tragedia del Mar Mediterraneo ha però un simbolo ancora più potente, che serpeggia, una volta chiusa la suggestiva scena di apertura, tra le televisioni e giornali mondiali: è il corpo del piccolo Aylan Kurdi, riverso a terra su una spiaggia in Turchia, a Bodrum, in fuga dalla guerra insieme a suo fratello Galip. Un’immagine impressionante che porta Òscar Camps, proprietario di una compagnia di bagnini, la Pro-Activa Serveis Aquatics, a mobilitarsi immediatamente verso l’Isola di Lesbo, in Grecia, dove decide di monitorare direttamente la situazione.

La sua decisione è inequivocabile e andando a scapito della sua stessa azienda, ma preservando e proteggendo la sacralità della vita umana, si lancia in una sfida più grande di lui, supportato dalla figlia Esther Camps, da Gerard e da tanti altri che decidono di dedicarsi con attenzione e spirito di sacrificio  ad una battaglia che sembra già persa in partenza. La pellicola, riesce, già nelle prime battute, a descrivere perfettamente l’insormontabilità dell’impresa, il continuo mettersi in discussione dei bagnini e, soprattutto, l’iniziale opposizione delle autorità locali.

Ecco che quindi la sceneggiatura, presentando ovviamente il punto di vita dei membri di Open Arms, si concentra su due aspetti in parallelo: da un lato il forte impegno da parte dei protagonisti che, anche se con molte difficoltà, dedicano tutto loro stessi all’intoccabile legge del mare; dall’altro, ovviamente, si occupa di descrivere, con molte immagini e poche parole, la tragedia in sé, le vittime dei naufragi, il dolore di intere famiglie, ma anche tutta la solidarietà che piano piano va a crearsi nella piccola comunità di Lesbo. Un lavoro eccellente è stato svolto in sede di caratterizzazione dei personaggi che ricordiamo essere delle rappresentazioni di persone realmente attive su questo fronte.

Ciò rende il compito ancora più arduo per ciò che concerne la sceneggiatura perché si rischia di estremizzare, in tutti i sensi possibili, il loro operato, ma per fortuna le scelte effettuate sono tutte sensate e delicate, senza nessuna esagerazione, ma anzi con una delicatezza da manuale. Il merito è anche chiaramente degli interpreti coinvolti, con un particolare occhio per Eduard Fernández nei panni di Oscar, Anna Castillo che incarna Esther e Dani Rovira che interpreta Gerard. Il trio dimostra brillantemente una chimica non indifferente in scena, riportando uno spirito di squadra (ma anche individuale) che è la vera forza dell’impresa.

Mediterraneo: The Law of the Sea (Open Arms – La legge del mare): un racconto di parte e romanzato, ma estremamente toccante

Mediterráneo Open Arms – La legge del mare cinematographe.it

Il copione, però, nonostante la solidità e la volontà di perseguire una verosimiglianza accurata, si perde in alcuni passaggi decisamente troppo romanzati, a partire dal personaggio di Rasha (Melika Foroutan), ma anche nei toni eccessivamente schierati in diversi punti, che peccano forse di obiettività. Senza dubbio L’Unione Europea e i paesi coinvolti nell’accoglienza dei migranti hanno la loro responsabilità, questo è chiaro, ma raramente, all’interno di Mediterráneo, vediamo il loro punto di vista. Abbiamo quindi una voce univoca che parla effettivamente di situazioni esterne, talune volte senza nessun coinvolgimento diretto degli interessati e ciò rischia di trasformare la realizzazione in un attacco senza nessuna possibilità di risposta.

La regia di Marcel Barrena porta su schermo alcune sequenze davvero mirabili e significative, costruite con un po’ di artificio evidente, ma con lo scopo di sensibilizzare lo spettatore. Il perfetto esempio è l’accostamento tra l’oceano di salvagenti che si staglia a perdita d’occhio in mare aperto e la ripresa aerea di Moria, campo profughi in Grecia, con baracche incastrate l’una con l’altra con una disposizione caotica e soffocante. Le due immagini evocano morte e dolore allo stesso modo, nonostante il rifugio sopracitato deve essere in teoria un luogo di salvataggio. Anche qui l’intento politico è chiarissimo, ma l’occhio del regista è più centrato ed efficace.

In generale, oltre alle sequenze maggiormente pregne di contenuto, Marcel Barrena usa la macchina da presa come catalizzatore di umanità, rivelando un’attenzione particolare nei confronti di tutti coloro che hanno permesso tale evento di solidarietà. I loro volti, l’impegno, anche la loro frustrazione e gli ostacoli incontrati parlano da soli, andando direttamente al punto della questione. Inoltre, Il ruolo del mare, a livello registico, è importante e funzionale: è il teatro delle vicende ma anche estensione, sul piano emotivo e sentimentale, degli eventi che accadono nel film, quasi fosse simbolo ed espressione, dei rifugiati e dei salvatori.

Open Arms – La legge del mare parte con delle premesse molto difficili a causa della narrazione di un evento drammatico che ci tocca tutti direttamente. E riuscire ad essere obiettivi in questi casi è particolarmente ostico. Se la sceneggiatura si mantiene sul filo della realtà con qualche picco eccessivo di rarefazione a scapito dell’oggettività, la regia è perfetta come strumento di rappresentazione di una tragedia universale, concentrandosi fortemente sul valore della solidarietà e dell’umanità. Un’opera che fa riflettere parecchio e anche se a volte è mancante di lucidità, trasmette tanto, mantenendo una semplicità di forma e contenuto.

Regia - 4
Sceneggiatura - 3.5
Fotografia - 4
Recitazione - 3.5
Sonoro - 3.5
Emozione - 4

3.8