MANGIA! – recensione del film di e con Anna Piscopo

MANGIA! è l'interessante esordio cinematografico di Anna Piscopo. Flusso di coscienza, commedia dolceamara grottesca e neorealista, recupera lo spirito di Dogma 95 per parlarci di successo, fallimento, amore e desiderio.

C’è il budget, da cui partire. Ventimila euro, e se la parola irrisorio non basta bisognerà inventarsene una diversa, migliore. Si parla di un film che ha corpo e anima, forma e sostanza, un buon lavoro sui generi, un rapporto interessante con gli sfondi; nasce con poco – è un problema del mercato, non una scelta deliberata – ma non si intristisce e su quel poco costruisce qualcosa di vitale. Merita di essere visto, anche se non è facile. MANGIA! è l’esordio alla regia di Anna Piscopo, che il film l’ha anche scritto e interpretato a partire dallomonimo spettacolo teatrale. È passato in selezione ufficiale al Bif&st 2025 e, per chi a Roma ci vive o è solo di passaggio, è presentato al cinema Farnese il 20 maggio 2025 alla presenza di regista e cast. Non ci sarà il produttore, Galliano Juso, perché è scomparso alla fine del 2024. Ha lavorato sul genere (poliziottesco, comicità, erotico) mischiandosi con tanti autori e tanti modi di vedere e interpretare il cinema, da Bruno Corbucci a Carlos Saura a Ciprì e Maresco. Ha creduto nel film e nella sua esordiente, l’ha prodotto – in collaborazione con il MIC – nel segno di un’arte indipendente, che parte dai margini, dalla periferia, per raccontare la vita, la società e l’anima delle persone. L’ambizione del film è esagerata e non paga del tutto, ma va analizzata con attenzione.

MANGIA! – desiderio di affermazione, Catania, una doppia bulimia

MANGIA!; cinematographe.it

La messa in scena esuberante, elettrica, di Anna Piscopo, ha un sottotesto quasi ideologico, perché nelle linee essenziali aderisce – ce lo spiega proprio lei – al manifesto del gruppo Dogma 95 (quello di Lars von Trier e Thomas Vinterberg): macchina a mano, un numero ristretto di obiettivi e il cast pieno di non professionisti, per tirarsi fuori dai circuiti ufficiali, dai modi convenzionali di vivere e intendere il cinema. MANGIA! è interamente girato a Catania. È la storia di Maria (Anna Piscopo), barese traslocata in Sicilia con la famiglia disfunzionale. Ha un padre ludopatico e una madre con cui non riesce a stabilire un rapporto soddisfacente.

Maria vuole fare la performer, è un po’ cantante e un po’ cabarettista, ma c’è l’indifferenza o l’ostilità della gente, l’oppressione emotiva della famiglia, l’inerzia, la crisi della società, a fermarla. Maria trova conforto solo in un bar pieno di emarginati o nell’amore non corrisposto per un uomo conosciuto per caso; sogna di partecipare a un contest, il veicolo supremo di riscatto e di emancipazione. Ha una nemesi, un’influencer-aspirante cantante che sembra avere tutto quello che a lei manca – fascino, successo, approvazione sociale – e che le ruba la scena (o l’amore).

La lingua di MANGIA! è il flusso di coscienza, la narrazione non lineare. La frammentarietà del racconto, la disomogeneità apparente, restituiscono la doppia traiettoria della protagonista – MANGIA! è la storia di quello che succede dentro Maria e dei suoi fallimenti esteriori – in tutta la sua caotica complessità, in bilico tra commedia dolceamara, neorealismo e grottesco, con un bel dialogo tra suono e immagine cortesia della fotografia di Daniele Gangemi e della colonna sonora di Tony Esposito. Maria è animata da un furioso desiderio di affermazione, in parte perché questa è la sua natura, e in parte perché questo bisogno è stato piantato dentro di lei. La società le impone di avere successo, Maria ha fame di successo. Il successo non arriva, Maria mangia.

Avidamente, furiosamente. Divora cibo, amicizie, sentimenti, idee e ambizioni, e la bulimia – anche se, va chiarito, MANGIA! non è un film sulla bulimia, ma si serve della condizione per affrontare una scottante questione esistenziale – è un fatto estremamente concreto e insieme impalpabile. È questa la chiave di volta del film, la coerenza nascosta sotto l’audacia formale: raccontare un disagio (esistenziale e fisico) senza cesure nette, mischiando interiorità ed esteriorità, privato e politica (la tv che parla, in continuazione, di Gaza), crisi dell’anima e stagnazione economica. Il fine ultimo è parlare di desiderio, di fallimento, di salute mentale, di infelicità.

MANGIA! – valutazione e conclusione

Prima di essere un film, MANGIA! è stato anche uno spettacolo teatrale.

Una lettura stereotipata suggerirebbe di interpretare la ricchezza di MANGIA!  – ricchezza di stimoli, esuberanza formale, abbondanza di idee – come il riflesso della voracità di una giovane autrice che fa il grande salto/debutto nel lungometraggio e, un po’ per difetto di senso della misura indotto dall’inesperienza, un po’ perché non sa se ci sarà un’altra chance, dentro il film ci mette tutto, proprio tutto. Niente di più impreciso.

MANGIA! è un film costruito sul consapevole scivolamento tra due piani di lettura. C’è la sovrabbondanza formale, in superficie. E poi, sul fondo, c’è il cuore segreto, l’estrema semplicità della premessa: la storia di una giovane donna che esce nel mondo per cercare se stessa, per lo più fallendo, ma senza davvero arrendersi. Ora, l’ambizione del film è molto importante, forse troppo per la capacità che ha il cinema di catturare e contenere complessità. A maggior ragione per via di una durata modesta – 88 minuti circa – MANGIA!  parla di società, di privato, di sentimenti, di politica, di stasi esistenziale, di marginalità e impasse economica, senza il tempo e il modo di fare i conti con il suo spessore.

Passa accanto ai problemi, non ci scava dentro al massimo delle sue possibilità, e questa è una scelta deliberata, di scrittura e di regia, che non può non lasciare un retrogusto amarognolo. C’è troppo in ballo, nella storia, perché si riesca a ricondurre tutto a unità, a coerenza, e forse è illogico rimpiangere un approccio diverso. Anzi, è sicuramente illogico. La forza di MANGIA! è senza dubbio la sua irregolarità.

Irregolarità dei destini, imperfezione dei volti, crudezza dei destini. Per una volta, la forma conta più della sostanza. È l’esuberanza stilistica e l’audace messa in scena a spiegarci Anna Piscopo e la sua ambizione, il sogno di un cinema orgogliosamente diverso, nella pelle e nei contenuti. Nella voracità di idee e soluzioni stilistiche riflette (criticandola, se necessario) la personalità e la bulimia – anche esistenziale – di Maria. MANGIA! non è un film facile – non proprio il modo migliore di parlare di una storia alla ricerca del suo pubblico! – e che, nella sua marginalità, nella sua estraneità rispetto ai circuiti ufficiali, cerca una via diversa e un cinema diverso. Senza scorciatoie consolatorie, per arrivare a una verità vecchia come il mondo: la fatica di trovare se stessi.

Regia - 3
Sceneggiatura - 3
Fotografia - 3
Recitazione - 3
Sonoro - 3
Emozione - 3

3