Malignant: recensione del film horror di James Wan

Il grande ritorno al genere che più appartiene a James Wan diventa un esperimento parzialmente riuscito che offre, tra i pregi più rilevanti, un villain delirante e a suo modo iconico.

James Wan torna dietro la macchina da presa per Malignant, un horror thriller al cinema da giovedì 2 Settembre con Warner Bros. Pictures.

Tre anni sono passati dall’evento DC con Aquaman (2018) protagonista, pronto ad abbattere il muro del miliardo di dollari di incasso mondiale. James Wan era al timone di progetti imponenti e roboanti, immerso nel mondo dei blockbuster dal box-office più che corposo (suo anche il settimo capitolo di Fast & Furious), e gli serviva una spinta che lo conducesse di nuovo nel suo habitat: l’orrore, da servire con una confezione aggiornata di tutto punto. Assieme alla Warner Bros., decide di tornare sui suoi passi e realizzare Malignant, da una sceneggiatura di Akela Cooper (The 100) che rivisita i tratti peculiari e caratteristici di un giallo italiano per introdurre un villain destinato a far parlare di sé. Una trama bizzarra, che ritrae una battaglia intestina fra Madison (Annabelle Wallis), una futura madre che deve affrontare ogni giorno un marito violento e manesco, e Gabriel, una presenza oscura pronta a tormentarla e a prendere il controllo della sua casa.

Il male rivisitato e riscoperto attraverso il concetto di maternità e sorellanza

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Madison, nei momenti di sconforto e assoluta disperazione, si rifugia tra le braccia di Sydney (Maddie Hasson), una sorella dedita all’ascolto e comprensiva. Un rapporto che viene minato da una sorta di terzo incomodo, da una voce nell’ombra che si spinge oltre la mente di Madison e occupa l’abitazione che dovrebbe proteggere le fondamenta del legame più incrollabile. Gabriel è una nuova incarnazione del male: subdolo, insidioso, si esprime attraverso i dispositivi elettronici e si nutre dei corpi di persone che lo hanno deriso e disprezzato. Viene descritto un figlio che non è mai venuto alla luce, proprio come i tre aborti subiti da Madison; una condizione estrema che viene potenziata dall’approccio viscerale di James Wan alla materia, con una regia pulita ed estremamente dinamica.

Prelevando dall’immaginario di Alexandre Bustillo e Julien Maury (A L’Interieur) e Dario Argento con i cult che lo hanno fatto conoscere al mondo (Profondo Rosso in particolare), Wan decide di trattare della maternità e della sorellanza e costruirci attorno il nucleo fondante di un male in crescita, che non si limita ad adeguarsi al mondo plasmato da Madison, pieno di incertezze e paura di un futuro disastrato. Il killer stabilisce un modus operandi frutto di una rabbia incontrollata, in attesa di colmarsi quando potrà vivere nel corpo di una vittima dalla mentalità flebile e malleabile. Il territorio dell’horror subisce delle influenze singolari, con un tema che viene espresso con fermezza e con un dinamismo di contorno che spiazza ed esalta i tratti di una trama che poteva risultare piuttosto prevedibile.

Dall’universo DC alla creazione di un villain con poteri straordinari in Malignant

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La forza inespressa di un’idea di maligno che accumula e va potenziando dei poteri incredibili, tanto da rivoluzionare il registro adottato per quasi la totalità del girato. Le ispirazioni al giallo e alla costruzione di una tensione basata sui movimenti di Gabriel si trasforma e si preleva l’aspetto fantastico di un universo in costante evoluzione come quello targato Marvel e DC. La nascita di una nemesi rigettata e rifiutata dalla società, che non comprende le dinamiche intime di un contesto familiare che non ha mai avuto modo di esplorare a fondo. Gabriel è furia cieca gettata a secchiate su schermo, il vero protagonista di una produzione Warner Bros. che prende posizione e definisce il contorno e le sfumature di personaggi primari sul ciglio di un burrone immaginario.

Madison, Sydney, il detective Kekoa Shaw (George Young) incaricato di condurre le indagini sulle misteriose uccisioni ai danni di persone apparentemente innocenti e la sua collega Regina (Michole White) vengono intrappolati in un gioco al massacro che esplode violentemente in un terzo atto che disorienta lo spettatore e lo costringe ad adeguarsi allo sviluppo di un action iniettato di sangue, come se si stesse assistendo ad un nuovo film dentro una cornice preimpostata. Tra confronti e scambi di battute che acquistano un sapore melodrammatico e una risoluzione finale ampiamente prevista sin dal prologo di Malignant, il film di James Wan sa di non poter contare su questi aspetti e preme l’acceleratore sulla follia e sulla furiosa battaglia che diventa guerra di posizione all’interno di un corpo riemerso e risorto, quello di una madre inizialmente disfatta e segnata dalla profonda mancanza di un figlio da crescere.

Regia - 3.5
Sceneggiatura - 2.5
Fotografia - 3
Recitazione - 2.5
Sonoro - 3.5
Emozione - 3

3

Tags: James Wan