M3GAN 2.0: recensione del film di Gerard Johnstone
Il 26 giugno 2025 arriva al cinema il sequel di uno degli horror più interessanti degli ultimi anni. M3GAN 2.0, regia di Gerard Johnstone, è lo scontro all'ultimo sangue tra evolutissime intelligenze artificiali.
Sull’adagio “metti un ladro a dar la caccia a un ladro” Alfred Hitchcock costruisce, settant’anni fa, quello che probabilmente è il miglior film di puro intrattenimento della storia del cinema (si chiamava Caccia al ladro, ma questo lo sapete già). Sulla stessa lunghezza d’onda – ma niente paragoni – James Wan e Jason Blum, in produzione, e Gerard Johnstone, alla regia (collabora anche allo script con Akela Cooper), orientano il sequel di uno degli horror più chiacchierati degli ultimi anni.
M3GAN 2.0 arriva nelle sale italiane il 26 giugno 2025 per Universal Pictures Italia. Ha per protagonisti Allison Williams, Violet McGraw, Ivanna Sakhno, Brian Jordan Alvarez e Jen Van Epps, è il sequel diretto del film del 2022 (2023 da noi) e fa una cosa insolita per un sequel diretto, specialmente in tempi di iper-serializzazione cinematografica: va per conto suo. Senza attentare all’integrità della formula – intelligenza artificiale + omicidio – allarga il quadro e “sporca”, se l’espressione è consentita, la purezza horror di storia e personaggio in favore del versante sci-fi. L’horror non è davvero un horror. O forse sì? Cerchiamo di capirlo.
M3GAN 2.0: tutti meritano una seconda possibilità, anche un robot pluriomicida

A rigor di etichetta, si è sempre trattato di horror e fantascienza. M3GAN 2.0 non porta alla luce nulla che non fosse già lì; solo, per tirarsi fuori dalle secche dell’estrema ripetitività rivede i rapporti tra le due metà della storia, per farle combaciare con il nostro complicato presente e le sue preoccupazioni. Lo spettatore timoroso che il secondo film possa tradire spirito e sfumature del primo merita di essere tranquillizzato: l’ironia nera della premessa, il sangue e le morti violente ci sono ancora. A venire aggiustata è la centralità, la complessità e la pericolosità dell’intelligenza artificiale, perché è cambiato il modo in cui pensiamo all’IA nella nostra vita. Forse è anche cambiato il modo con cui l’IA pensa a noi.
Qualche anno dopo gli eventi del primo film, di M3GAN (Amie Donald, la voce originale è di Jenna Davis) non c’è traccia. Gemma (Allison Williams) è diventata un’autrice di successo e un’attivista per la regolamentazione dell’uso dell’intelligenza artificiale. Ha imparato dagli errori del passato, ha capito che non è il caso di costruire androidi psicologicamente deragliati e inclini al delitto. Le intenzioni erano buone – M3GAN doveva prendersi cura della nipote orfana di entrambi i genitori, Cady (Violet McGraw) – ma sappiamo com’è andata. Tornano, in M3GAN 2.0, alcuni volti noti del primo film, come Brian Jordan Alvarez e Jen Van Epps. Sono Cole e Tess, i collaboratori di Gemma. Poi ci sono i nuovi, come Christian (Aristotle Athari), braccio destro di Gemma nella battaglia anti IA, o AMELIA (Ivanna Sakhno). Il maiuscolo è un indizio, anzi uno spoiler.
AMELIA è un’androide, un prodigio dell’intelligenza artificiale. La tecnologia è la stessa che ha partorito la protagonista, solo che nel suo caso è utilizzata in ambito militare. AMELIA è una spia, una soldatessa, e a peggiorare le cose c’è che comincia a ragionare di testa sua e a muoversi secondo coscienza (omicida). L’impasto horror sci-fi di M3GAN 2.0 prende il via dal classico interrogativo del franchise (cosa succede se il robot comincia ragionare di testa sua?) per arrivare alla domanda che complica le cose e alza la posta in gioco: l’inatteso risveglio della coscienza può permettere all’androide di fare ammenda per gli errori (!) del passato e di schierarsi dalla parte giusta? Questa seconda, problematica domanda è quella che sta davvero a cuore al film. Per far fronte all’ascesa di AMELIA Gemma decide, con qualche dubbio, di rimettere in pista M3GAN. Lo scontro tra robot decide del destino di tutti: umani, IA. Anche del franchise.
O muori da cattiva, o vivi abbastanza a lungo da diventare l’eroina (forse)

O muori da cattiva, o vivi abbastanza a lungo da diventare l’eroina; M3GAN rischia di essere entrambe le cose. Da Hitchcock a un Christopher Nolan “rovesciato” il passo non è poi così breve, e volendo si potrebbe azzardare anche un Terminator 2 – Il giorno del giudizio (1991), perché è da lì che viene il supremo, ironico, sberleffo di M3GAN 2.0, no? La possibilità, chissà quanto sincera, o credibile, della redenzione della protagonista. Il sequel raccoglie il guanto di sfida non limitandosi a essere qualcosa di più (violento, rumoroso, sguaiato) dell’originale, ma cercando di alzare il tiro della provocazione e provando a mixare l’alto e il basso. Esaspera le tensioni etiche del primo film – cosa sia umano e cosa no, perché i fini non giustificano automaticamente i mezzi – senza prendersi troppo sul serio, risolvendo le sue preoccupazioni (umanità, moralità, libero arbitrio) in un abbraccio di nero umorismo e in un bagno di sangue dopo l’altro.
M3GAN deve faticare più del previsto. Deve padroneggiare un corpo che non è al 100% quello di prima, deve capire che per ogni obiettivo esistono strategie giuste e sbagliate, e bisogna saper scegliere. Soprattutto, deve imparare a essere la versione migliore di sé: quella che protegge Cady accettando di darsi dei limiti, che fa la cosa giusta perché lo desidera e non perché è programmata per agire così. Il film dilata la tela esasperando l’immaginario sci-fi, contaminando l’horror con ritmi e atmosfere più vicini al thriller, almeno fino al pirotecnico finale. In M3GAN 2.0 quando la morte arriva è sempre una sporca, violenta, coreograficamente articolata faccenda: esagerare è un modo per riportare la storia con i piedi per terra.
Il mantra di Gerard Johnstone e del team creativo sembra proprio questo: essere intelligenti senza sacrificare il divertimento. Non funziona sempre. Il film non scava la sua profondità quanto potrebbe per paura di far danno allo spettacolo, anche se per fortuna una riflessione appuntita se la lascia sfuggire. Rischia di passare inosservata, l’onnipresenza della tecnologia nella quotidianità del film (ma in fondo anche nella nostra), e questo dovrebbe preoccuparci. L’intelligenza artificiale è la punta di un iceberg di progresso che domina ogni ambito della vita e colonizza il pensiero. Doveva aiutare l’uomo, rendendone più facile l’esistenza, ha finito per sovrastarlo. Se è vero che la riflessione su umanità e moralità ha il doppio senso di marcia, vale cioè per tutti, umani o meno – e alcuni umani, spiega il film, sono più robotici di M3GAN quando si tratta di arrivare allo scopo – il suo senso è molto più lineare. Siamo diventati i coprotagonisti del film di cui ci credevamo star indiscusse. È il turno di M3GAN e AMELIA, ora. La paura evocata da M3GAN 2.0 è qualcosa di più sottile – e vicino al nostro sguardo – del previsto e questo riscatta, anche se solo in parte, il film dai suoi limiti.
M3GAN 2.0: valutazione e conclusione

L’horror (il killer in azione), la fantascienza (lo scontro di intelligenze artificiali), l’etica (la differenza tra giusto e sbagliato), la premessa dal sapore esistenziale (è possibile una seconda chance?), l’umorismo (nero) e la preoccupazione sull’attualità (la tecnologia dominante): M3GAN 2.0 intreccia estetica, azione e ansie contemporanee, e la quadratura del cerchio è il rifiuto a prendersi troppo sul serio. Gerard Johnstone immagina e gira un sequel che cerca di espandere la mappa dei temi e di approfondire l’impasto di genere, senza fare il passo più lungo della gamba.
Il film sa prendersi in giro, è un bene. Allo stesso tempo, però, la natura derivativa dell’operazione – all’orgia di citazioni sopra elencate aggiungere anche sfumature di Metropolis, soprattutto nel caso dell’impassibile AMELIA interpretata da Ivanna Sakhno – e la volontà di mantenersi sul piano di un cinema di genere ma ultra commerciale (pesano i 180 milioni di dollari d’incasso dell’originale) toglie più spessore del necessario. Del cast, ancora una volta, l’interazione migliore è quella delle veterane, ormai rodate e in pieno controllo della storia, Allison Williams e Violet McGraw.