Locked – In Trappola: recensione del film di David Yarovesky
Anthony Hopkins e Bill Skarsgård sono i protagonisti di un thriller adrenalinico e molto claustrofobico. Locked - In Trappola arriva nelle sale italiane il 20 agosto 2025.
Ci sono all’incirca tre film dentro Locked – In Trappola, regia di David Yarovesky e nelle sale italiane il 20 agosto 2025 per Eagle Pictures: un thriller claustrofobico, un dramma umano, un film politico. Il problema, il punto, è che per far funzionare una storia così – è il remake di 4×4 dell’argentino Mariano Cohn, anno 2019 – una premessa succulenta non basta. Servono un po’ di cose: una regia che sappia far meraviglie degli autoimposti limiti di spazio, uno script in grado di bilanciare il poco realismo dei fatti con motivazioni e psicologie credibili, e uno sguardo che non risolva la carica politica della storia in superficiali e furbi ammiccamenti. Tutto questo, senza allontanarsi dal perimetro di un cinema ultra commerciale. Quello che resta, a conti fatti, di Locked – In Trappola, è l’ombra di tre film diversi – incompleti, imperfetti – e un totale che somiglia alla confusione delle singole parti. La cosa migliore è il cast. Bill Skarsgård e Anthony Hopkins. Del secondo, si sente soprattutto la voce.
Locked – In Trappola: l’auto sbagliata e l’uomo sbagliato

La prima cosa che Locked – In Trappola tiene a farci sapere è che Eddie (Bill Skarsgård) è un criminale, di mezza tacca, a un passo dalla redenzione e col disperato bisogno di una spintarella del destino per rimettersi in sesto. Gli mancano 500 dollari per riscattare il suo furgone. Gli serve non solo per il lavoro ma anche perché, è la cosa più importante, ci va a prendere sua figlia a scuola. Perdere Sarah (Ashley Cartwright) sarebbe la fine per Eddie. Tutto quello che vuole è dimostrare a se stesso e agli altri, soprattutto alla piccola, che può essere un buon padre. Per questo, non potendo mettere le mani sul mezzo, tenta il tutto per tutto: sorprende un SUV solo soletto in un parcheggio in un brutto quartiere e entra dentro per svuotarlo, nella speranza che il maltolto basti a coprire i maledetti 500 dollari da cui dipende la sua esistenza.
L’ironia della situazione – ma Locked – In Trappola non sembra granché interessato a rifletterci sopra, o meglio ci prova, ma con timidi risultati – è che in un certo senso, dentro la macchina, c’è davvero quello che serve a Eddie per tirarsi fuori dai guai. Solo, non è come lui se lo aspetta e per cavarsela – non ci sono dubbi che ce la farà, questo tipo di suspense non è una priorità per la storia – dovrà affrontare una prova tremenda. In realtà, è molto più perverso di così. Qui è dove entra in scena William (Anthony Hopkins).
A lungo non sentiamo che la sua voce, anche perché i limiti di spazio che la storia ha imposto a se stessa renderebbero difficile il contrario. Eddie entra nella macchina convinto che sarà un gioco da ragazzi; e invece no. Il SUV, progettato da William su misura dei suoi sadici propositi, è una fortezza inespugnabile e la casa della tortura. Eddie è intrappolato e non c’è brutalità o scarto d’ingegno che possa servire. C’è solo la voce al telefono di William che gioca al gatto e al topo. Non gli dà da mangiare, lo fa morire di sete, lo stordisce con shock elettrici ogni volta che avverte nel suo comportamento una nota fuori posto – spoiler, capita spesso – in attesa del colpo definitivo. William non ha nulla di personale contro Eddie. Ha un’idea che lo ossessiona, e che gli serve per rielaborare (!) un tremendo trauma e provare al mondo il suo personalissimo senso della giustizia. Giustizia, stato di diritto, ricchi contro poveri, l’eredità psicologica del trauma, padri e figli(e). L’esilità, deliberata, della linea narrativa, è bilanciata dalla ricchezza (di sfumature) della premessa. Il film però dà l’idea di non sapere che farsene, di tutta questa roba.
Tre film in uno, ma non tutto funziona come dovrebbe

Un bimbo alieno precipita sulla Terra dove scopre di avere dei superpoteri, che usa tuttavia per fare il male. Il film ha per titolo L’angelo del male – Brightburn e l’ha diretto, nel 2019, proprio David Yarovesky. Come in Locked – In Trappola, anche lì si partiva da una premessa niente male – la mitologia e l’origin story di Superman, rilette nella direzione di un supercattivo – e il problema era passare dalla stringata essenzialità della formula a un film organico, coerente e, soprattutto, efficace. Due indizi fanno una prova, ma sarebbe ingiusto e un po’ vigliacco prendersela con David Yarovesky. Se il film offre poco, a valle, di quello che aveva in serbo a monte, dipende anche dalla confusione e dai limiti di spessore dello script di Michael Arlen Ross.
Il film non ha granché per insaporire il thriller psicologico. Superato un incipit esuberante e forse troppo nervoso stilisticamente, la regia di Yarovesky non è abbastanza creativa per lavorare sulla claustrofobia del SUV e costruirci sopra pathos emotivo e pura suspense. La storia smorza la tensione tra i due protagonisti per farne una stereotipata galleria di scontri verbali e giochi di manipolazione psicologica destinati a finire in elettroshock (per il povero Eddie); ancora e ancora, senza scarti né rotture, senza una reale progressione. Bill Skarsgård ha l’occasione per misurarsi con un cattivo meno cattivo di quelli cui ci ha abituati di solito – vedi, solo in tempi recenti, Nosferatu – ed è un problema. Il film racconta quasi solo le fragilità e il sincero amore paterno di Eddie, e quando i guai cominciano siamo già dalla sua parte. Se sapessimo più del suo lato criminale, ci vorrebbe più tempo per volergli bene e la sua redenzione ne guadagnerebbe in impatto emotivo.
Con Anthony Hopkins il problema è speculare. Di William c’è troppo sadismo, troppa follia e non abbastanza passato traumatico – proprio come Eddie, il problema di William è sua figlia – perché il personaggio sia credibile agli occhi dello spettatore. È un problema, perché la contorta psicologia dell’uomo – la storia ne fa, invece, uno psicopatico infantilmente sadico – dovrebbe condurci al terzo piano di lettura di Locked – In Trappola: il thriller politico che parla di scelte giuste e sbagliate, disuguaglianze, lotta di classe. Rimane tutto a un livello didascalico, schematico; un furioso passo a due per la sopravvivenza, inframmezzato da considerazioni troppo sbrigative su giustizia, stato di diritto, ricchezza e vita in famiglia. La somma non coincide con il totale. Locked – In Trappola non sa dare profondità ai suoi tre volti – action, umano, politico – e smarrisce la direzione.
Locked – In Trappola: conclusione e valutazione
A bilanciare la severità delle argomentazioni c’è da dire che il film centra in pieno una cosa: l’asciutto ma calibrato cast. Locked – In Trappola, con tutti i limiti del caso, è un dignitoso veicolo per l’ascesa professionale di Bill Skarsgård – non gli farà danno, per un po’, staccarsi dal tipico villain – e una conferma assolutamente non necessaria ma sempre gradita del carisma e del talento di Anthony Hopkins. È un piacere cinematografico di comprovata fattura assaporare il divertimento malizioso con cui il leggendario attore gallese abita un altro sadico villain. Locked – In Trappola viaggia sopra i limiti del materiale di partenza grazie alla forza e alla chimica dei protagonisti; è un saggio accurato sulla capacità di un attore di portare una storia al livello superiore, di dargli un altro senso, per il semplice fatto di esserci. Bisogna guardare meno i difetti del film e prestare più attenzione al lavoro di Anthony Hopkins.