Venezia 76 – Les épouvantails (The Scarecrows): recensione

Recensione di Les épouvantails (The Scarecrows), film di Nouri Bouzid, presentato a Venezia 76, sulla condizione delle donne nel maschilismo tunisino.

Per gran parte del nord-Africa e del Medio Oriente, il periodo immediatamente successivo alle primavere arabe non ha portato quella libertà, quei diritti e quel miglioramento della qualità della vita che in molti si aspettavano. Anzi, a oggi si può dire che si sia trattato di un periodo particolarmente orribile e buio, con l’avanzare di un radicalismo che ha portato ovunque nell’area gli orrori che ancora oggi rendono quella terra disgraziata. Les épouvantails (The Scarecrows) del pluripremiato regista tunisino Nouri Bouzid, approfondisce in modo particolarmente potente e crudo la terribile realtà e destino di quelle donne tunisine che, ingannate da abili procacciatori, sono state costrette a diventare le concubine e le “fattrici” dei futuri martiri dello Stato Islamico sul fronte siriano.

Un fenomeno terribile e ancora oggi molto diffuso non solo in quegli angoli del globo dove corruzione e povertà aprono maglie generose tra le forze dell’ordine, ma anche in Europa, tra le figlie di quell’immigrazione che sovente è impossibilitata a una vera integrazione pure alle porte del 2020.

Les épouvantails (The Scarecrows) di Nouri Bouzid arriva a Venezia 76

Protagoniste di Les épouvantails (The Scarecrows) sono Zina (Nour Hajri) e Djo (Joumene Limam) due ventenni da poco rilasciate dalla polizia tunisina dopo essere ritornate alla meno peggio da quella Siria del 2013, in cui morte e disperazione la facevano da padrone. Entrambe sono state ingannate su cosa le attendeva, plagiate, picchiate e violentate, costrette a vivere secondo i disumani e oscurantisti dettami dei radicali islamici e tornate nella loro Patria. Ora sono additate da tutti come prostitute e donne da poco.

Gli uomini le vedono come prostitute, come pezzi di carne che in fondo se la sono cercata, e Zina ha addirittura il padre (Noomen Hamda) che pare più preoccupato di non essere associato a lei che altro. Se Zina in qualche modo reagisce a ciò che le è successo, pur se in preda a rabbia, dolore e diffidenza, Djo invece si chiude in un mutismo dal quale nessuno pare riuscire a strapparla. Entrambe poi sembrano immuni anche all’aiuto offerto loro sia dalla madre di Zina (Sondos Belhassen) che dall’avvocatessa Nadia (Afef Ben Mahmoud), che lotta anche per far valere i diritti del giovane omosessuale Driss (Mehdi Hajri).

The Scarecrows 2

Les épouvantails (The Scarecrows): un ritratto impietoso del mondo maschile tunisino

Dolente, sentito, autentico, Les épouvantails (The Scarecrows) è l’ennesima prova del talento e della vocazione al cinema civile di Nouri Bouzid, cineasta che sa benissimo cosa voglia dire la parola persecuzione, visto che durante gli anni Settanta fu tra quelli che dovette subire non poche torture e ben sette anni di prigione da parte dell’ex regime di Habib Bourguiba.

Nel 2011 i radicali islamici, ennesimo morbo che si è infilato nelle maglie di un Paese sospeso tra un passato oscuro e un futuro incerto, attentarono alla sua vita e proprio loro, con il loro velenoso e silenzioso incidere, sono l’anima nera di un film che dipinge negativamente come pochi altri il mondo maschile tunisino. Tra i vari radicali machisti, bulli vestiti all’occidentale, aspiranti stupratori, solo Driss, animo gentile e perseguitato per la sua omosessualità, porta un po’ di luce tra le file degli uomini dipinti da Bouzid, degni del più profondo disprezzo, tutti uguali gli uni agli altri, nella loro violenta codardia.

Les épouvantails (The Scarecrows): la forza di Zina e la bravura di Nour Hajri

Ma su tutto e tutti domina la performance di una Nour Hajri assolutamente stratosferica nel fare della sua Zina, il simbolo di quelle donne e ragazze che ancora oggi non trovano nell’Islam la propria casa, il proprio spazio, costrette dalle catene di una cultura maschilista e violenta che le vede tuttora come esseri inferiori, potenziali meretrici senza alibi, merce sottoposta ai diktat di uomini insicuri e vili. Abilissima nel muoversi sotto e sopra le righe, a mutare e sorprendere continuamente, la Hajri si aggira tra le strade, i vicoli, le stanze di una metropoli antica e decadente, in cui la modernità è negli abiti e negli oggetti, ma mai nelle anime dei suo cittadini omertosi e ignavi.

La maternità, grande pilastro su cui vertono drammi, dolori ma anche speranze delle donne di questo angolo di mondo, è mostrata qui in tutta la sua antica, ma mai sopita visceralità, nel suo essere àncora di salvezza in un mondo in cui i padri possono diventare aguzzini di figlie colpevoli di essere deboli.

Coadiuvato da una fotografia splendida di Hatem Nechi, che valorizza ogni piccolo dettaglio del microcosmo fermo nel tempo, che esalta volti, lacrime e corpi, The Scarecrows ha forse come unico tallone d’Achille la colonna sonora di Riadh Fehri, che cozza con il chiaro intento naturalista e scevro di pietismo del regista.

Bouzid si conferma un incredibile sarto di racconti e capace di creare un’enorme empatia verso i personaggi e di colpire nel profondo la sensibilità del pubblico. Sicuramente un film intenso che ne conferma caratura e audacia.

Regia - 3.5
Sceneggiatura - 3.5
Fotografia - 4
Recitazione - 3.5
Sonoro - 2
Emozione - 4

3.4