La vedova nera: recensione del film Netflix

La recensione del true crime diretto da Carlos Sedes incentrato sul delitto efferato di Patraix che sconvolse la Spagna intera. Dal 30 maggio 2025 su Netflix.

Sappiamo quanto il true crime sia in grado di calamitare a sé le attenzioni e i favori del pubblico, a maggior ragione se con e attraverso di esso vengono portate sul grande e piccolo schermo pagine di cronaca nera e delitti che hanno sconvolto e lasciato cicatrici profonde nella storia e nella memoria collettiva. Di conseguenza, era inevitabile quanto prevedibile che un film come La vedova nera, che nel genere in questione si va ad iscrivere e che riporta sotto i riflettori uno dei casi giudiziari più inquietanti della Spagna degli ultimi anni, andasse a posizionarsi subito in vetta alla top ten dei titoli più visti a poche ore dal suo rilascio su Netflix il 30 maggio 2025.   

In La vedova nera viene ricostruito il delitto attraverso tre punti di vista di altrettanti soggetti coinvolti

La vedova nera cinematographe.it

Si tratta del delitto di Patraix, denominazione derivata dal quartiere valenciano dove è stato rinvenuto il 16 agosto 2017 il corpo senza vita di Antonio Navarro Cerdán, un trentacinquenne originario di Novelda, in provincia di Alicante, ucciso con sette coltellate nel garage di casa per il quale sono stati condannati rispettivamente a 22 e 17 anni di carcere la moglie María Jesús Moreno Cantó e il collega nonché amante della donna Salvador Rodrigo Lapiedra, incastrati e arrestati dagli investigatori grazie a delle intercettazioni divenute prove schiaccianti a loro carico. Quello dei quali si sono macchiati i due responsabili è un delitto che ha sconvolto l’opinione pubblica non solo per la sua brutalità, ma per le figure che sono emerse al centro dell’inchiesta, a cominciare da quella della Moreno, detta Maje ma ribattezzata dai media “la vedova nera”. Il film che come titolo prende in prestito proprio il soprannome di quest’ultima ripercorre e ricostruisce i fatti di uno dei casi di cronaca spagnoli più seguiti e discussi di sempre dai mass media. Aspetto, questo, che gli sceneggiatori Ramón Campos e Gema R. Neira hanno deciso però di mettere totalmente da parte, escludendolo per focalizzarsi su una narrazione che unisce il rigore del racconto investigativo alla profondità del ritratto psicologico. Ed è su queste due componenti che si fonda l’architettura narrativa e drammaturgica della timeline de La vedova nera, a sua volta scomposta in tre macro capitoli ai quali vengono associati altrettanti punti di vista differenti riconducibili ai soggetti principali coinvolti: si parte dagli occhi della poliziotta responsabile delle indagini, poi cambiamo drasticamente sguardo per addentrarci nella mente dell’assassino fino a passare a quella del suo complice. Con e attraverso questa scomposizione e molteplicità di prospettive prende forma e sostanza un film che rispetto al modus operandi ricorrente nel genere di appartenenza sceglie una strada meno battuta. Il ché costituisce un punto a favore e al contempo un fattore di rischio.   

Gli autori del film rinunciano all’intreccio mistery a favore della componente psicologica

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Gli autori dunque hanno deciso di rinunciare come già detto alla parte mediatica, ma anche a quella della vittima, per lasciare spazio ai carnefici e a colei che li ha consegnati alle patrie galere. Una scelta che come vedremo avrà dei pro e dei contro. Se da una parte permette all’opera e al fruitore di addentrarsi nell’analisi dei soggetti principali coinvolti nel caso e nelle loro menti, allargando lo spettro anche al sistema di bugie, ossessioni e relazioni disfunzionali che una volta degenerato può portare a conseguenze devastanti, dall’altra però fa venire meno uno degli ingredienti fondanti del genere true crime, vale a dire la componente mistery. La vedova nera si limita a una messa in fila degli eventi in maniera cronachistica mediante la suddetta scomposizione, ma facendo a meno della componente thriller il risultato perde terreno in termini di coinvolgimento e spettacolarità. La visione di riflesso è monocorde e piatta oltre che emotivamente scarica, alla pari delle performance degli interpreti principali. Carlos Sedes, al quale è stata affidata la regia, ha accettato tale modus operandi come aveva fatto nella serie Asunta,  anch’essa true crime e basata su una storia vera, quella dell’omicidio di Asunta Basterra. Stavolta però il risultato non soddisfa le aspettative perché l’assenza completa di suspence, tensione e di una traccia mistery, a conti fatti si fa sentire e consegna allo spettatore una fruizione passiva per l’intera durata. Nemmeno nelle fasi salienti del racconto c’è un cambio di marcia e questo in una timeline che supera le due ore è un vero problema.

La vedova nera: valutazione e conclusione     

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Un true crime con il quale Carlos Sedes ricostruisce  uno dei casi giudiziari più inquietanti della Spagna degli ultimi anni: l’omicidio di Antonio Navarro, conosciuto come il delitto di Patraix. Il problema sta nella scrittura, traballante e appiattita dall’assenza della componente thriller. Una scrittura basata su una struttura triangolare, in cui si passa da una parte all’altra dell’indagine, ripercorrendola attraverso il punto di vista dei soggetti principali. La scelta di focalizzarsi principalmente sugli aspetti psicologici della questione da una parte consente allo spettatore di approfondire le personalità complesse e le azioni commesse dalle figure coinvolte, dall’altra fa venire meno l’ingrediente mistery e la tensione che servono alla fruizione per scorrere e coinvolgere lo spettatore. Il risultato è una visione piatta emotivamente e priva di intrecci significativi in grado di alzare la tensione. Monocorde anche le performance attoriali e la confezione.

Leggi anche: La vedova nera: la storia vera del delitto di Patraix che ha ispirato il film Netflix

Regia - 2.5
Sceneggiatura - 2.5
Fotografia - 3
Recitazione - 2.5
Sonoro - 3
Emozione - 2

2.6

Tags: Netflix