La trama fenicia: recensione del film di Wes Anderson

Wes Anderson si è perduto e non intende ritrovarsi più. Lo spettatore è ormai costretto alla medesima sorte? La nostra recensione del suo ultimo film da regista. In sala dal 28 maggio

Non è una sorpresa che La trama fenicia, il tredicesimo film da regista di Wes Anderson, non faccia assolutamente niente per rompere la rigidità di forma e linguaggio ormai autoimposta da un autore, che se non ha più nulla da raccontare agli spettatori – e a sé stesso – poco avanza. Lo abbiamo capito da The French Dispatch in avanti, nonostante la parentesi tutto sommata bizzarra de La meravigliosa storia di Henry Sugar e altre tre storie. Eppure, nonostante il cinema di Anderson appaia ormai stanco e spaventosamente ripetitivo – per non dire conforme – quest’ultimo non sembra essere per nulla intenzionato a smettere, continuando suo e nostro malgrado ad animare marionette cadaveriche e svogliate, nate morte, eppure illuse ancora di muoversi nello spazio cinema, avendo ancora qualcosa da dire e mostrare. Spoiler, non è così.

Wes Anderson persegue la via della complessità. È mai davvero tale?  

La trama fenicia: recensione del film di Wes Anderson

Nonostante un plot narrativo inutilmente complesso, che sembra mettercela davvero tutta pur di confondere lo spettatore, tra trattive economiche estremamente verbose e goffi intrecci da spy movie, pur sempre filtrati dai toni grotteschi del personalissimo thriller alla Wes Anderson, La trama fenicia è in realtà uno dei film più vacui dell’intera produzione registica di quest’ultimo. La ragione è semplice. Al netto della parabola nerissima e disperata e solo in un paio di momenti, o poco più, sorprendentemente esilarante del magnate internazionale Zsa-zsa Korda (Benicio del Toro), la cui vita da sempre è in pericolo a causa degli interminabili traffici loschi, condotti dallo stesso, qua e là per il globo, tra nazioni ricche ed altre tragicamente povere, ciò che La trama fenicia tenta di seppellire maldestramente sul fondo, è poi la questione più interessante del film: il logorato rapporto tra padre e figlia.

Cosa accade quando un padre che non si è mai conosciuto, o ancor peggio, considerato tale, tenta di ricucire i rapporti, un po’ per questioni di denaro e un po’ per lascito personale, dunque egoistico? Il cammino intrapreso dalla giovane Liesl (Mia Threapleton è la vera sorpresa del film) è tra i più complessi, trovandosi sospeso tra percorso di fede e percorso di fama. Altrimenti detta, colossale e fantasmatica impresa di business, capace tra una morte e l’altra, di garantire all’intera famiglia Korda, o alla sola Liesl, una sconfinata esperienza rispetto a quella condizione che quest’ultima non sembra aver conosciuto mai, il lusso.

Nell’ombra poi le conseguenze potenzialmente fatali dell’invidia altrui e così l’inevitabile pericolo. Eppure come detto, nulla di tutto ciò che ruota attorno a Zsa-zsa Korda sembra essere funzionale e rispettabile. L’esistenza di quest’ultimo non è mai stata vita, piuttosto avventura rocambolesca all’insegna della perdita costante e dell’accettazione pressoché totale della solitudine, non come pregio, bensì come sconfitta e soluzione unica, di fronte all’immancabile attentato e tradimento del mondo esterno, ai danni della famiglia. Ci suona familiare?

La trama fenicia: valutazione e conclusione

Ecco perché La trama fenicia, al netto di uno strabiliante lavoro sull’immagine – Anderson è ormai il regista per eccellenza della rigidità e del perfezionismo maniacale e simmetrico interno all’inquadratura, della composizione dunque e sempre meno della narrazione – aggiunge molto poco a tutto ciò che la sua filmografia ci ha sempre proposto. Torniamo a Moonrise Kingdom – Una fuga d’amore, ma ancor prima a Il treno per il Darjeeling e I Tenenbaum. Torniamo alla disfunzionalità familiare raccontata attraverso il caos stilistico e narrativo più convincente e funzionale possibile, spezzato nel corso degli anni da un rigore di forma via via più singolare e autodistruttivo, che nel caso de La trama fenicia deflagra, dapprima silenziosamente e poi sempre più fatalmente.

Il cambio di passo tanto annunciato da molta critica e per certi versi dallo stesso Anderson rispetto ai suoi lavori precedenti, è ben poca cosa. Basti porre l’accento sulla questione della violenza, l’unico elemento qui realmente fuori programma e per questo, inevitabilmente goffo, per quanto spregiudicato e spesso preannunciato da quel linguaggio grottesco ormai stremato, cui il pubblico si è adagiato sempre più, come lo stesso Anderson d’altronde. Com’è possibile dunque dialogare con il pubblico rispetto ad un tema tanto complesso, quanto quello della disfunzionalità familiare, se tutt’attorno non si osserva altro che rigidità, maniacali simmetrie autoimposte e perfezionismo radicale, che dovrebbe invece interrompersi una volta per tutta, e addirittura spezzarsi, dando vita al caos della vita, quella vera, celata ai margini e oltre l’utopistico e illusorio scenario del cinema ultimo di Wes Anderson.

Alla ricerca della maturità cupa, La trama fenicia, risolve le proprie contraddizioni nella gigionesca ingenuità di chi sa che non può farcela, percorrendo la via di una stilistica debilitata, che ad uno sguardo anomalo, potrebbe addirittura apparire provocatoria. Vale la fatica e l’indubbio lavoro sull’irrinunciabile cast stellare del cinema alla Anderson? No, soprattutto se è lo sguardo ad essersi perduto.
La trama fenicia è al cinema a partire da giovedì 28 maggio 2025. Distribuzione a cura di Universal Pictures.

Regia 1,5 - 1.5
Sceneggiatura - 1.5
Fotografia - 3
Recitazione - 1.5
Sonoro - 3
Emozione - 1.5

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