La Strada: recensione del capolavoro di Federico Fellini

Il racconto del film che presentò l'anima di Fellini al grande pubblico.

Ogni pellicola di Federico Fellini è universalmente considerata una pietra miliare della storia del cinema. Il regista è senza alcun dubbio l’autore italiano più celebrato a livello internazionale tra tutti quelli che hanno arricchito con il loro talento la storia della Settima Arte.

La Strada, 1954, è l’opera che consacrò Fellini a livello mondiale, vista la duplice vittoria ai Nastri d’Argento, il Leone d’oro e la vittoria agli Oscar come miglior film straniero tre anni dopo, per di più nel primo anno in cui venne istituita questa categoria. Oltre a ciò questo è probabilmente il film che ha segnato il passaggio dalle commedie satiriche verso la borghesia italiana ad un cinema più profondo, umano, grottesco e primitivo. Capace di tradurre sullo schermo l’idea di Arte nella testa del maestro.

La Strada: un’odissea fiabesca

Una spiaggia della costa laziale, illuminata dalla luce del giorno, introduce lo spettatore alla storia di Gelsomina (una straordinaria Giulietta Masina) e Zampanò (il veterano Anthony Quinn), destinati ad un viaggio attraverso le più intime emozioni della natura umana.

Gelsomina, una povera ragazza innocente e ingenua, viene venduta per diecimila lire al rozzo saltimbanco Zampanò, un gigante forzuto e ombroso, che gira per l’Italia esibendosi nelle fiere e nei circhi. Tra i due si instaura man mano un rapporto ambivalente, ma sempre più stretto. Gelsomina, per quanto sia trattata male dal suo compagno di viaggio, sviluppa una dipendenza che sfocia nell’amore fanciullesco, matto e disperato. Tanto che i continui fallimenti per fare breccia nel cuore del golia girovago la portano ad interrogarsi su se stessa e sulla sua utilità per il mondo, in una triste malinconia infantile e commovente.

Durante il loro viaggio incrociano il Matto (Richard Basehart), il comico filosofo che mangia gli spaghetti su un filo a 40 metri di altezza. Egli è la nemesi spirituale di Zampanò ed è l’unica figura capace di mettersi in contatto con l’animo bambino della dolce Gelsomina. Grazie a lui la ragazza, ormai arrivata al punto di non ritorno, si renderà conto della sua utilità, per se stessa e finanche per il suo burbero datore di lavoro.

Forte della nuova consapevolezza rinnoverà il suo voto di fedeltà a Zampanò e comincerà finalmente a pretendere il suo spazio in questo così assurdo, ma allo stesso tempo canonico rapporto.

Durante il loro viaggio i due vagabondi incroceranno nuovamente il Matto, ma se il primo incontro fu molto proficuo per la povera Gelsomina, allo stesso modo questo secondo sarà distruttivo e fatale. Preludio di un destino amaro come la scelta di una madre di non leggere al suo bambino la fiaba della buonanotte. Un finale così miseramente e banalmente connaturato alla meschinità dell’uomo che neanche ad una spiaggia notturna si ha il coraggio di confessarlo.

La Strada: il clown e la bestia

La produzione della pellicola si scontrò molto con Fellini, perché non convinta della composizione del cast, soprattutto nei ruoli dei due protagonisti. Ingaggiare Anthony Quinn, una delle più grandi star hollywoodiane dell’epoca, poteva voler dire inserire una pedina fin troppo ingombrante in uno scacchiere dai fondi limitati e la Masina non convinceva assolutamente per un ruolo così complesso.

L’esito fu che la Gelsomina segnò per sempre la carriera dell’attrice, moglie del maestro, diventando anche il personaggio iconico del concetto di comicità nella filmografia felliniana, lo spirito-guida clownesco dell’arte del regista romagnolo. Ella è il cuore pulsante del trino della pellicola, della quale ogni personaggio rappresenta quel Fellini che dichiarò: “Vorrei sempre far ridere”.

Riguardo le perplessità su Quinn, basta citare una lettera del 1990 scritta di suo pugno alla coppia di artisti: “Per me tutti e due rimanete il punto più alto della mia vita”.

La Strada: Fellini in un’opera

L’idea de La Strada era nella mente di Fellini già dal 1952, quando il regista era impegnato nel montaggio dello Sceicco Bianco. Nonostante le difficoltà di produzione, a causa delle quali il maestro dovette posticipare la pellicola a I Vitelloni e l’episodio Agenzia Matrimoniale, l’idea non perse mai il suo fascino.

Le origini della scrittura del film risalgono alle discussioni con Tullio Pinelli, sceneggiatore di fiducia di Fellini, riguardo la figura del cavaliere errante e come poterlo inserire nell’ambiente circense, così caro al regista.

La Strada racconta di un’ambiente ricco, selvaggio, crudele, senza punti di riferimento e senza finzioni. Un luogo senza le agevolazioni del vivere civile, ma anche senza i suoi limiti e le sue catene. Ambiente in cui le meraviglie sono all’ordine del giorno. I due artisti sono dei viaggiatori perenni, alla ricerca di una stabilità interiore che non riesce mai ad identificarsi in un luogo preciso, ma solo nel loro spirito vagabondo. La strada è la loro casa, la strada è la casa di tutti. Non garantisce riparo, non garantisce soldi, benessere e tranquillità, ma solo lei può garantire la libertà, a patto che la si voglia cogliere.

La pellicola anticipa e supera il neorealismo italiano, proponendo dei temi come il rapporto uomo-donna nell’istituzione del matrimonio nelle realtà più povere e periferiche della società italiana del dopoguerra. Ma è capace di sfruttare le figure fiabesche, saggiamente infantili, per raccontare le tante sfaccettature dei rapporti umani e scavare più a fondo nell’individuo.

Come già anticipato, l’intera biografia di Fellini è rappresentata in questo teatrino simbolico in cui i tre personaggi si rapportano brutalmente in tutti i sensi, ma è la figura di Gelsomina quella che muove la narrazione.

Ella è il clown felliniano, protagonista circense, comico e triste, capace della depressione più malinconica e profonda e dell’amore per la vita più vivace e fanciullesco. Una figura pura ed estemporanea, fragile e indifesa. Solo nella strada può brillare, a patto che le meschinità dell’uomo non la trovino mai.

Regia - 5
Sceneggiatura - 5
Fotografia - 4.5
Recitazione - 5
Sonoro - 4
Emozione - 5

4.8