La partita: recensione del film di Francesco Carnesecchi

La partita di Francesco Carnesecchi è una bella sorpresa dell'ultima edizione del Roma Indipendent Film Fest: sperando in un'adeguata distribuzione, ne consigliamo assolutamente la visione.

Una bella sorpresa in questo Roma Indipendent Film Fest ce l’ha regalata Francesco Carnesecchi, autore e regista de La partita. Con un cast che comprende un gruppo ben nutrito di attori della scena romana (e nazionale), il film è un racconto corale dall’apparenza semplice, ma con uno svolgimento molto più complesso del previsto.

La partita, una commedia corale con grandi attori

la partita cinematographe

Il tema attorno al quale gira tutto il film è la partita citata nel titolo. A giocarla sono i calciatori dello Sporting Roma, squadra di calcio popolare che, per la definizione data in didascalia, “non ha mai vinto un cazzo”. Questa condizione di perdenti in cerca di riscatto punta i riflettori sull’allenatore Claudio Bulla (Francesco Pannofino), il prototipo dell’eroe che lotta fino alla fine avendo cura di rimanere sempre fedele a se stesso e ai propri valori. Dall’altra parte della gradinata, con un profilo che racconta tutta la disperazione di un uomo finito sul lastrico per amore dell’unico figlio (che non lo ama per niente) c’è Italo, il presidente portato in scena da Alberto Di Stasio. I due, che hanno già condiviso il celebre set di Boris, tornano ad affrontarsi, serbando bene o male lo spirito dei personaggi che li hanno resi celebri per il grande pubblico: idealista e vittima degli eventi Pannofino, sconfitto e al limite delle forze Di Stasio. Ciò che rende questo film particolarmente riuscito è, però, il fatto che ogni attore e attrice – a prescindere dal numero di battute e dalla rilevanza del ruolo – sembra essere perfettamente a proprio agio nel personaggio che Carnesecchi ha ritagliato per lui o lei. Così anche Lidia Vitale, resta impressa nella sua interpretazione della moglie di Claudio Bulla, grazie alla particolarità della gravidanza dopo i quaranta – dando un’immagine molto particolare del tema, estremamente attuale.

Un altra coppia di personaggi che, al pari di Claudio e Italo, si affrontano in maniera drammatica è costituita da Antonio (Gabriele Fiore), il giocatore di punta dello Sporting Roma e suo padre (Fabrizio Sabatucci). In questo caso il conflitto che si esaspera all’interno dello stesso nucleo familiare: da un lato il padre disoccupato, disposto a tutto pur di portare un po’ di soldi a casa, dall’altro il figlio adolescente che non può e non deve tarparsi le ali per colpa dei fallimenti genitoriali. A rendere ancora più tragici i contrasti, il tifo a voce spiegata della sorellina, all’oscuro di tutti i retroscena.

La partita di Carnesecchi gioca con la narrazione in maniera originale

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Come spesso accade nei film più riusciti, l’idea alla base è semplice, ma sviluppata in maniera originale. Tutto ruota attorno i novanta minuti di gioco e, in particolare, al secondo tempo della partita. I due tempi sono trattati, anzi, come i due atti di una commedia: al termine del primo il regista svela la tensione mostrata in apertura e lascia che l’azione si svolga nel secondo tempo/atto, quello in cui si decideranno le sorti di tutti i personaggi. Il solido impianto drammatico del film aumenta l’epicità già propria di molti film sullo sport, accentuato da un’interpretazione – ribadiamo – perfettamente azzeccata anche quando si concede di andare sopra le righe.

Il racconto del calcio assume uno spessore completamente diverso anche per via del suo parlare di periferie e di persone – tra giocatori, tifosi e tecnici – che hanno a cuore lo sport e i valori che questo rappresenta, al di là dei divismi e degli interessi personali. Parlare di calcio popolare non è solo una facilitazione per un film indipendente (e probabilmente con un budget non sterminato), ma anche un espediente per riportare l’attenzione sulla dimensione più sincera e spontanea della fede calcistica, quella del piacere del bel gioco. Gli spalti semivuoti, che Carnesecchi anima di comparse e di pochi ma memorabili battibecchi, motivano comunque i giovani giocatori e l’eroico allenatore a condurre la partita con tutte le loro forze: qua capiamo la vera vocazione dello sportivo, forse poco palpabile tra gli spalti del calcio di prima categoria. Tanto più i nostri eroi “sono giovani e belli”, tanto più la corruzione che ha il coraggio di annidarsi alle loro spalle e mangiare sui loro sforzi e sulle loro speranze ci sembra deprecabile e inaccettabile.

La partita: pro e contro del film di Carnesecchi

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Al di là del messaggio e dell’ambiente descritto da Carnesecchi, ci sono diversi motivi per cui lo spettatore che andrà a vedere La partita uscirà dalla sala più che soddisfatto. Particolarmente gustoso il ruolo di Umberto (Giorgio Colangeli), tanto nel suo monologo di presentazione quanto nella sua sorprendente evoluzione. Altrettanto degna di nota la casalinga disperata a cui dà voce Veruska Rossi, memorabile nel suo exploit finale a colpi di schiamazzi e pomodori ripieni.

Se c’è qualcosa che si può criticare a Carnesecchi è l’aver perso l’occasione di un finale perfetto pur di dare spazio all’evoluzione di tutti i personaggi messi in campo. Da allenatore democratico, fa giocare tutti i suoi attori fino all’ultimo minuto, dando a ognuno lo spazio di esprimersi in virtuosismi e nel massimo del proprio potenziale. Questa gestione orizzontale dei personaggi va a discapito della storia che avrebbe potuto concludersi con il rigore finale tirato da Antonio, il vero ago della bilancia di tutta la vicenda. Allo stesso modo, per quanto sia intelligente il gioco con cui il regista ci parla del tempo della narrazione, il plot twist degli ultimi minuti non aggiunge nulla al film: peccato, è un trick che sarebbe stato molto più interessante altrove, dove avrebbe trovato una giustificazione narrativa più strutturale e indispensabile.

Come opera prima, La partita è un gran bell’esordio da parte di un regista appassionato, preciso, pulito e capace di gestire i tempi della commedia e del dramma con grande maestria. Sperando in una distribuzione adeguata, che valorizzi queste piccole perle del panorama indipendente nostrano, ne consigliamo senza dubbio la visione.

Regia - 3.5
Sceneggiatura  - 3
Fotografia - 2.5
Recitazione  - 3
Sonoro - 2.5
Emozione - 3

2.9