La memoria dell’acqua: recensione del documentario Orso d’Argento 2015

La memoria dell’acqua si apre presentando l’acqua come origine e sostanza della vita, così per come la conosciamo; componente fondamentale e preponderante del corpo umano e del Pianeta stesso, il più essenziale e poliedrico dei 5 elementi indica con la sua presenza i luoghi della Terra in cui è possibile abitare e sopravvivere.
L’acqua ha la proprietà di adattarsi ai cambiamenti di temperatura e alla forma dei recipienti o dei luoghi geografici in cui è contenuta: che sia ghiaccio, vapore, fiume o mare, il suo movimento sonoro è espressione stessa del suo essere vigorosamente viva e, in qualche modo, magica. Un parallelismo riscontrabile negli indigeni sudamericani Selknams, maestri assoluti di adattamento, nella sua forma più pure e assoluta.
Esistono numerose ricerche tese a dimostrare che l’acqua abbia una memoria, una sorta di capacità di mantenere un “ricordo” delle sostanze con cui è venuta in contatto, a patto che venga agitata ad ogni diluizione della nuova sostanza con cui entra in relazione. Una memoria che scaturisce da una vigorosa scossa, paragonabile eufemisticamente alle orrende persecuzioni e torture subite dai nativi del Cile, adattatisi ai luoghi più ostili del Paese grazie alla confidenza maturata con l’acqua e alla capacità di addomesticare e sfruttare l’elemento liquido. Un rapporto simbiotico ed affascinante, basato su una profonda devozione e riconoscenza per ciò che la natura più impervia ed apparentemente ostile è capace di  dare all’uomo per garantirne la sopravvivenza. Affatto garantita, invece, dalla sedicente civilizzazione portata dall’uomo bianco.

La memoria dell’acqua: un documentario per non dimenticare i popoli nativi del Cile, un Paese devastato da colonizzazione e dittatura

la memoria dell'acqua

La memoria dell’acqua utilizza il richiamo metaforico a  questa affascinante teoria per rievocare i meccanismi dell’ origine e declino della popolazione nativa cilena, progressivamente privata – prima dalla colonizzazione e poi dalla dittatura di Pinochet – di quella profonda identità radicata nella costruzione di un rapporto con la natura esclusivo e profondo, un rapporto che non conosce e non ammette intermediari né tantomeno usurpatori.
Sullo sfondo di immagini inedite e meravigliose del Paese e delle parole degli ultimi discendenti delle popolazioni originarie, Patricio Guzmán racconta le orrende barbarie subite da questo popolo fiero, ingannato dal miraggio/incubo della civilizzazione, pretesto per giustificare la sete di dominio dell’uomo moderno ed il mero desiderio di distruggere sullo sfondo della promessa di una vita meno esposta ai pericoli di un ambiente che – per quanto ostile – non conosce barbaria, prerogativa unicamente umana.

La memoria dell’acqua: in un bottone di perla l’indizio della fine di un’intera cultura

Un semplice bottone di perla: la merce di scambio offerta ad un nativo in cambio della civilizzazione è lo stesso oggetto rilevato moltissimi anni più tardi sopra ad un pezzo di binario, strumento usato sotto la dittatura di Pinochet per far affondare rapidamente, grazie al suo peso, i cadaveri degli oppositori sopra i quali veniva legato. Una pratica abituale che, in un orrendo vortice simbolico, restituiva al mare e alla sua memoria la discendenza di quei popoli  che dell’Oceano avevano fatto la loro casa e primaria forma di sostentamento. Un parallelismo sottile ma eloquente, teso ad investire violentemente lo spettatore con la presa di coscienza dell’indicibile brutalità che la “civiltà” ha portato con sé in quei luoghi come altrove nel mondo, rea di aver letteralmente spazzato via intere culture declamando un inesistente diritto ad occupare e dominare, senza alcun rispetto per vite non considerate umane ma addirittura mostruose per via delle differenze fisiche, o forse solo per giustificare l’inconcepibile.
Attraverso La memoria dell’acqua, Guzmán restituisce ricordo, dignità ed identità ad ognuna di quelle persone, tragicamente destinate a tornare a quell’acqua che non li ha dimenticati e sulla quale fondarono la propria intera esistenza. Un documentario poetico ed evocativo, necessario per far capire le origini del’empasse vissuta dal Paese a tutt’oggi: il desiderio di progredire verso il futuro ed il contemporaneo bisogno di dimenticare. Guzmán sottolinea con La memoria dell’acqua l’impossibilità di qualunque progresso senza ricordare la storia e quindi il percorso passato che ha portato al momento presente. Pena il perpetrarsi di quegli errori che hanno già portato distruzione e morte.
La memoria dell’acqua, Orso d’Argento a Berlino 2015 per la miglior sceneggiatura, sarà al cinema dal 28 aprile grazie ad I Wonder Pictures e Unipol Biografilm Collection, in collaborazione con Fil Rouge Media.

Regia - 3
Fotografia - 5
Sonoro - 3.5
Emozione - 3.5

3.8