La Grazia: recensione del film dI Paolo Sorrentino, da Venezia 82
Con La Grazia, Paolo Sorrentino affronta un argomento scomodo quale quello dell'eutanasia con garbo e delicatezza.
Paolo Sorrentino apre la 82. Mostra d’arte Cinematografica di Venezia con La Grazia, un film dai mille argomenti, dove ce n’è uno evidenziato con prepotenza: il dilemma morale. Quello che investe Mariano De Santis, Presidente della Repubblica italiana, a cui mancano sei mesi al termine del mandato. È un giurista, ma è anche un vedovo e un padre di famiglia. Sua figlia Dorotea svolge la stessa professione del padre. Mariano è un Presidente stanco e annoiato, tenuto in vita solo dal ricordo della moglie, ormai morta da otto anni, e che lui ogni tanto rievoca attraverso il ricordo del loro primo incontro. Un lutto che, a distanza di tempo, non riesce a superare. Mariano è anche un Presidente tormentato da due richieste di grazia che sembrano non avere nulla in comune, eppure, conoscendo bene i soggetti coinvolti, lo spingeranno a porsi domande importanti sulla vita e sulla morte.
Con La Grazia Paolo Sorrentino ci provoca su una tematica delicatissima, trattata però con garbo e rispetto

Sorrentino si è ispirato al Decalogo di Kieslowski per La Grazia, un intreccio fatto di dilemmi morali, che il regista ha saputo portare sullo schermo con una storia sempre attuale. Non è mai facile trattare di tematiche delicate, in cui l’essere umano si trova a dover decidere tra la vita e la morte delle persone. Toni Servillo, attore feticcio di Sorrentino, indossa la maschera di un Presidente apparentemente impassibile, eppure fragilmente provato da un dolore del suo passato da cui non sembra uscirne. Di fronte a due richieste di grazia, Mariano cerca di trovare un senso alla vita e di capire per quale motivo dovrebbe perdonare due persone che hanno commesso degli omicidi. Guardando a fondo, però, Sorrentino ci fa capire che alcuni peccati possono essere perdonati. E lui, Mariano, è anche un uomo di fede che trova conforto in un Papa nero che va in giro con il motorino – a Sorrentino piace provocare nel trovare un equilibrio tra sacro e profano, come già aveva fatto con The New Pope.

La bussola morale di Mariano è sua figlia Dorotea, interpretata da Anna Ferzetti, una giurista che tenta di smuovere il padre su una legge che lo sta attanagliando, quella dell’eutanasia. In un film in cui moralità, etica e responsabilità si uniscono, La Grazia si colloca in un periodo storico in cui questi valori sembrano essere opzionali, se non sbiaditi o persi del tutto. Sorrentino non è solo regista che sa curare i dettagli in maniera maniacale, scegliendo come e in che modo focalizzare la sua telecamera (quei primi piani sul volto di Servillo, che lo scrutano fino al vuoto della sua anima), ma riesce anche a donare freschezza alla scrittura. La narrazione a volte risente di momenti “spenti”, che vanno a determinare la lunghezza del film, ma ciò non intacca la sua messa in scena. Si ride nei siparietti tra Servillo e Milvia Marigliano, splendida e sfrontata nel ruolo dell’amica di lunga data del Presidente, Coco Valori. Ci si diverte in altre gag con il Colonnello Labaro (Orlando Cinque), un uomo con il pallino per la guerra. Ci sono momenti di emozione pura in cui Mariano si commuove vedendo le lacrime di un astronauta in orbita. E infine si riflette, trepidanti, nell’attesa di scoprire se la legge verrà promulgata oppure no.
La Grazia: valutazione e conclusione

Paolo Sorrentino firma un film di critica sociale in cui fa riflettere su una tematica delicatissima. Un argomento come quello dell’eutanasia, ancora oggi discusso, dove fede e ragione si scontrano (di nuovo) e in cui un Presidente (che ricorda molto Sergio Mattarella) è chiamato a rispondere responsabilmente sulla vita di due persone. Il Mariano di Toni Servillo è anche un uomo comune: vedovo, cattolico, che trova conforto e distrazione in una canzone rap. La Grazia è una pellicola sincera, profonda, divertente e riflessiva, dove il punti di forza risiedono nella sua sceneggiatura e nel suo cast, preciso e impeccabile. Non manca la fotografia di una Roma tanto cara a Sorrentino, in cui il Presidente, chiuso tra quattro mura, si sente solo parte di un macrocosmo caleidoscopico.
Il film, presentato in concorso al Festival di Venezia 2025, è al cinema dal 15 gennaio 2026 con PiperFilm.