La città che cura: recensione del documentario di Erika Rossi

La recensione de La città che cura, il film documentario di Erika Rossi, che ci presenta la Microaerea di Ponziana, facente parte di un progetto di "medicina sociale", unico in tutta Europa.

La città che cura è il film documentario del 2019, vincitore della Borsa di Sviluppo Premio Solinas Documentario per il Cinema 2017 ed inserito nella sezione Documentari Fuori Concorso della 30° edizione del Trieste Film Festival, diretto dalla triestina Erika Rossi (Il viaggio di Marco Cavallo, Tutte le anime del mio corpo) e distribuito da Lo Scrittoio e Tico Film.

La pellicola è basata sul libro del 2018 “La città che cura. Microaree e periferie della salute” a cura di Giovanna Gallio e Maria Grazia Cogliati Dezza e costituisce la cronaca di un modello terapeutico sociale innovativo, perfettamente attivo a Ponziana, un quartiere della periferia di Trieste.

La città che cura: coordinate generali

Il documentario racconta l’attività della Microarea della periferia Ponziana di Trieste. Nello specifico segue Monica (Monica Ghiretti), una delle operatrici sanitarie attive su loco, ed il suo lavoro con tre pazienti in altrettante diverse situazioni.

I tre pazienti sono: Plinio, un anziano pianista ipocondriaco, che non vuole più uscire di casa e che si sta pian piano consumando; Roberto, che cerca di rifarsi una vita dopo aver avuto un grave ictus che gli impedisce di mangiare senza dolore o di parlare in modo comprensibile ed infine Maurizio, un ex tossicodipendente alle prese con il difficile percorso di disintossicazione.

Da queste tre vicende parallele, il documentario si sposta molto sull’attività legata al centro di via Lorenzetti, punto di riferimento fondamentale per tutte le persone in difficoltà del quartiere, e riesce infine ad allargare il punto di vista riportando i discorsi delle varie riunioni degli operatori sociali, che si interrogano su come espandere il progetto, su cosa si basa, come farlo capire all’esterno e soprattutto sulle motivazioni che li spingono ad andare avanti giorno dopo giorno.

La città che cura ci presenta le Microaree e la medicina territoriale

cinematographe la città che cura

Microaree è un progetto di cura e medicina territoriale basata sulla coesione e l’assistenza sociale, attivo fin dall’inizio degli anni 2000, con la finalità di ridurre le disuguaglianze in ambito salutare. Il progetto in questione rappresenta un unicum in tutta Europa, innovativo, per certi versi rivoluzionario, e basato su dei pilastri utopici, come la condivisione e l’altruismo sociale, nonché la predisposizione dei centri di assistenza a non far leva sui numeri e i risultati, ma solo sul benessere specifico (emotivo e relazionale) di ogni persona. Motivi che lo rendono poco esportabile e poco aperto al resto delle istituzioni, le quali hanno difficoltà persino nel comprendere in cosa consista l’assistenza fornita dagli operatori di tale progetto.

La Microarea di Ponziana, Trieste, opera su una zona abitativa particolare (specialmente sul condominio di via Battera), popolata da anziani soli, persona malate ed incapaci di lavorare e pazienti del sert. Il centro di assistenza, snodo principale della Microarea, è una sorta di portierato sociale che offre diversi servizi: mensa, centro ricreativo ed ambulatorio. Un luogo di aggregazione sociale che ha lo scopo principale di unire le persone e fare in modo che nasca un tessuto sociale unito, condiviso e sereno, su cui poi costruire le terapie per tutti coloro che ne necessitano.

La filosofia ed il pensiero del progetto è credere all’esistenza di un rapporto diretto tra il benessere sociale di una persona e la sua possibilità di servirsi della terapia e di poterla seguire con successo, differenziandosi dalla visione della semplice “medicina ospedaliera”.

La città che cura ed il valore delle persone

cinematographe la città che cura

Dare valore alle persone.

Questo è l’imperativo che esce fuori dalle tante riunioni dei responsabili del progetto Microaree e dei vari operatori sociali.

Oltre che a riflettere su come comunicare in maniera efficace e comprensibile il loro operato al mondo esterno ed sul loro modo di fare assistenza in senso pratico, in questi incontri è affascinante osservare come tutti i presenti si interrogano su se stessi, su cosa voglio dalla loro attività, cosa voglio ottenere dal progetto stesso, su cosa li fa alzare la mattina e li spinge a mettersi in gioco tutti i giorni.

Microaree è un progetto fatto di persone, di sguardi, di odori, di lacrime, di voci, ognuna diversa, ognuna con le sue esigenze. Lo scopo è unirle, fare in modo che si aiutino a vicenda, che riescano ad andare avanti tutte insieme, pur conservando ognuna la propria specificità. Ricordare a tutti come l’essere umano sia animale sociale ed il suo benessere fisico e mentale non può prescindere da quello emotivo e sociale.

Questa è la missione degli operatori sociali di Microaeree, questa è la missione di Monica, la protagonista del documentario in un certo senso, seguita nel quotidiano dalla camera di Erika Rossi, a cui va fatto un plauso per l’ottima regia e soprattutto per le scelte felici di montaggio e messa in scena, capaci di rendere realmente comprensibile cosa viene raccontato.

La città che cura parte dai casi singoli, per poi allargarsi all’attività generale del progetto e ai quesiti sia pratici che filosofici, gravitanti intorno ad esso. Per poi stringersi nuovamente intorno a Monica e ai tre casi di Plinio, Maurizio e Roberto, ai loro occhi e alle loro mani.

Un ottimo lavoro, capace di parlare soprattutto di persone, centrando probabilmente il nucleo del pensiero del progetto e rendendolo in più comprensibile possibile a chi guarda.

Regia - 3
Sceneggiatura  - 3
Fotografia - 2.5
Recitazione  - 2.5
Sonoro - 2
Emozione - 3.5

2.8