Island of the hungry ghosts: recensione del documentario di Gabrielle Brady

Con Island of the hungry ghosts Brady crea una forte dicotomia tra la libertà del mondo naturale e la reclusione dei richiedenti asilo in Australia.

Reduce dal successo ottenuto al Tribeca Film Festival 2018Island of the hungry ghosts sta circolando in alcune sale italiane anche in questi giorni. Il documentario diretto da Gabrielle Brady gioca sui toni artistici e poetici per mettere in relazione elementi molto diversi di uno stesso luogo, dagli spazi e le possibilità abbastanza limitate. Si tratta dell’Isola di Natale, situata a sud dell’Indonesia e politicamente afferente all’Australia; la sua superficie è pari a circa 135 km quadrati, che sono divisi tra litorale e ambiente boschivo, in mezzo a cui si è stabilità una comunità di abitanti che ha preso il nome di “The settlement” (trad. “l’insediamento”).

Island of the hungry ghosts: tra granchi e migranti

Disabitata quasi fino al 1900, l’isola ha preservato la sua unicità in termini di flora e fauna, tanto che gli abitanti locali sono in gran parte appartenenti a una particolare specie di granchi rossi, che condivide gli spazi con la comunità insediata e con un centro di detenzione per migranti. La posizione dell’isola la rende un approdo ideale per molti profughi per chiedere l’asilo australiano, spingendo addirittura le autorità a escludere la superficie dell’isola dai territori ai quali è possibile arrivare per richiedere ospitalità politica.

Island of the hungry ghosts - Cinematographe.it

I granchi rossi protagonisti di Island of the hungry ghosts.

Island of the hungry ghosts mette in evidenza le molte contraddizioni del luogo, le sue curiosità e le difficoltà connesse alla sua natura e alla sua popolazione. Seguendo le parole e le piccole esplorazioni del terapeuta Poh Lin Lee, le immagini legano il mondo esterno a quello umano racchiuso tra le mura del centro detentivo e alla cultura indigena che continua a infondersi nella terra e nella natura del luogo. Lo status dei detenuti, che non hanno certezza né della durata della reclusione né se questa effettivamente finirà mai, contrasta nettamente con le migrazioni istintive dei granchi rossi, che si spostano sulla spiaggia in cerca della loro libertà ed evoluzione. La forza delle immagini che giustappongono le due condizioni profondamente diverse è coadiuvata dai toni cupi dell’alba e dell’imbrunire che si alternano su Christmas Island, dando a Gabrielle Brady la possibilità di tessere un racconto fatto di sensazioni e riflessioni esistenziali che nascono involontarie dalla contrapposizione delle vite mostrate.

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Island of the hungry ghosts: una storia di sopravvivenza

Si potrebbe identificare l’istinto di sopravvivenza come elemento comune di qualunque forma di vita esistente su questo pianeta, sia essa vegetale, animale o umana. Quello che invece è molto diverso tra le modalità e le possibilità di assicurarsi un posto in questo mondo: la regolamentazione che vigila sulla società umana tende a escludere alcuni gruppi di persone da una reale emancipazione di se stessi, cosa contraddetta invece dalle abitudini di quella parte di mondo considerato selvaggio, come quello animale. Nella strada tra la giungla e il mare che le orde di granchi affrontano istintivamente si attraversano anche panorami assimilabili ai sentimenti delle persone rinchiuse, senza la minima certezza del loro presente e del loro futuro. Granchi rossi e persone in cerca di una nuova vita si trovano reclusi insieme sulla stessa isola, uniti dallo status eppure separati dalle diverse possibilità. Gabrielle Brady sembra quasi dipingere l’ambiente naturale in cui si muove il terapeuta Poh Lin Lee, grazie alla luce che riflette sulle superfici bagnate e sui sentori argentei della foresta umida, dando al contempo un senso di cupezza e di speranza a tutto il panorama, sfruttando anche una durata non certo limitata (oltre 90 minuti) per questo tipo di produzione: un documentario dalle velleità artistiche ben riconoscibili e dalla forte identità.

Regia - 3
Sceneggiatura  - 2
Fotografia - 4
Recitazione - 2
Emozione - 3

2.8