Irréversible: recensione del film-scandalo di Gaspar Noé

Entra nell'archivio di Amazon Prime Video, dal 25 aprile, Irréversible, film-scandalo del Festival di Cannes del 2002 con protagonisti l’allora coppia di coniugi Monica Bellucci e Vincent Cassel.

Spesso tacciato di essere stato costruito in modo gratuitamente provocatorio, strizzando l’occhio agli stilemi della pornografia e allo scandalismo mediatico, il lungometraggio del regista franco-argentino Noé è, invece, un’opera di grande spessore estetico e filosofico.

A diciotto anni dalla sua presentazione a Cannes, Irréversible continua a far parlare di sé per l’audacia dei suoi contenuti e delle sue soluzioni stilistiche. Non male per un’opera che, a detta dei critici che in massa lo avversarono al suo apparire, era destinata a ridimensionarsi e a rivelare incontrovertibilmente la sua vacuità di prodotto costruito per il mero scandalo. Il film sembra, invece, aver superato la prova del tempo ed è ancora oggi attualissimo paradigma di una potenza espressionistica che tramortisce e disturba, spostando inevitabilmente la percezione dello spettatore rispetto non solo ai due estremi dell’esistenza, la nascita e la morte, ma anche ai concetti di distruzione e di generazione come principi prossimi l’uno all’altro, avviluppati in una danza macabra di radicale disperazione e di radicale bellezza. 

Irréversible capovolge e scorpora fabula e intreccio: comincia dalla fine e poi si riavvolge in senso antiorario consentendo allo spettatore di venire a conoscenza, attraverso un disvelamento progressivo, delle ragioni per le quali Marcus (Vincent Cassel), uomo incline all’aggressività, e il suo amico Pierre (Albert Dupontel), più posato, cercano in un sordido locale dei bassifondi parigini colui che credono responsabile dello stupro subito da Alex (Monica Bellucci), la donna amata da entrambi ed ora ospedalizzata in gravi condizioni. Il climax è ascendente: i due uomini scendono in un locale che non a caso si chiama Rectus e poi pian piano risalgono in superficie per scoprire quel che è successo ad Alex. Ed ancora viene mostrato come la donna s’imbatte nel suo aggressore mentre percorre un sottopassaggio tinteggiato di rosso pompeiano il cui cromatismo lisergico dispiega una trasposizione simbolica che rimanda al sangue, fluido ambiguamente associato sia alla dimensione uterino-generativa sia a quella violenta e mortifera. 

Irréversible, film-scandalo che non esaurisce l’urgenza della sua riflessione sullo stare al mondo

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Il triangolo al centro del film: Alex (Monica Bellucci) era fidanzata con Pierre (Albert Dupontel) ma ora ama Marcus (Vincent Cassel)

La scena dello stupro, pur nella sua durata che manca di poco i dieci minuti di rappresentazione continua, non appare calligrafica ma necessaria a impostare una riflessione sul sesso come mezzo di potere e di affermazione: quel che spinge l’aggressore sadico a sodomizzare Alex non è la pulsione libidica ma una sua volontà di potenza e, ancor più, un intento punitivo. Ciò che quel perverso sanguinario intende profanare non è tanto il corpo di una giovane donna ma la vita che esso contiene e ciò che questa vita rappresenta: la felicità relazionale, la voglia di costruire, l’armonia degli ideali borghesi, disprezzati e nella violenza bruta nullificati proprio perché da lui irraggiungibili. Così Noè, in questo suo film serratamente compatto e indebitato con il modello letterario della Commedia dantesca per cui la catabasi infernale è concettualmente necessaria alla beatitudine paradisiaca, l’esibizione della violenza nella sua forma più cruda e spogliata di senso è funzionale all’esaltazione del suo contrario, l’amore che il sesso celebra anziché avvilire e che, grazie al sesso non strumentale e non manipolatorio, permette alla vita di esultare e di rinnovarsi, di sopravvivere all’azione rapinosa del tempo. 

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Il film di Noé è stato realizzato nel 2002, quando Vincent Cassel e Monica Bellucci erano sposati da tre anni. Due anni dopo sarebbe nata la loro prima figlia, Deva.

Ed è proprio il tempo, demonio rapace, a chiudere la storia mostrata e, in parallelo, aprire la storia affabulata, in una circolarità che è la circolarità propria dell’esistenza. Esistenza  intesa come condizione universalmente contraddittoria, che è, dunque, per tutti, ineluttabilmente, esposizione al piacere e al dolore, alla creazione e all’annichilimento, al godimento del corpo e all’umiliazione dello stesso. Il ricorso a una palette che abbruna e si rischiara a seconda del momento per segnalare figurativamente i diversi snodi del discorso filosofico s’inserisce in una concezione estetica anti-naturalistica che programmaticamente estremizza tanto la narrazione quanto i cromatismi e gli espedienti tecnici per capitalizzare una meditazione concettualmente densa sul nostro essere al mondo. La morbosità che spesso viene imputata a Noé, uno dei principali esponenti della corrente che alcuni studiosi del cinema definiscono nuovo estremismo francese, risponde a un preciso calcolo che mantiene coerente una risoluta poetica autoriale che, mediante la provocazione formale, intende suscitare un turbamento essenziale, un trauma del profondo. 

Regia - 5
Sceneggiatura - 3.5
Fotografia - 5
Recitazione - 3.5
Sonoro - 4
Emozione - 4

4.2