Intrusion: recensione del film Netflix di Adam Salky

Disponibile su Netflix dal 22 settembre, il thriller Intrusion altera le aspettative sull’invadenza domestica proveniente dall’esterno, costruendo la tensione in una villa riparata da minacce fisiche e mentali. Con Freida Pinto e Logan Marshall-Green.

Dopo il thriller familiare Mercy, l’horror claustrofobico Buried – Sepolto Vivo e l’annuncio del thriller soprannaturale Falling Slowly, Intrusion (dal 22 settembre sulla piattaforma Netflix) prosegue in quella che per l’autore e regista Chris Sparling sembra essere una vera e propria ossessione autoriale. La casa infatti, intesa non solo come setting ma come metafora psicologica della mente custode di segreti indicibili, torna ancora una volta ad assumere i contorni incerti di una relazione amorosa apparentemente esemplare, incastonata in un’esclusiva villa ultra moderna lontana dal caos metropolitano dell’America federale.

La trama di Intrusion

intrusion cinematographe.it

Dimenticata Boston e trasferitisi a Corrales, cittadina del New Mexico, la psicologa Meera (Freida Pinto) e suo marito Henry (Logan Marshall-Green), vivono un matrimonio edificato sulla cura e la fiducia reciproca: lui, architetto e designer, ha meticolosamente costruito la casa in cui abitano come visione scaramantica al futuro insieme dopo l’insperata guarigione oncologica della moglie, ancora col batticuore che il male possa tornare da farla angustiare ad ogni minimo sospetto.

Ma se il sospetto di un’intrusione maligna al corpo viene presto scongiurata con una visita medica, quello dell’effrazione notturna nella villa a due piani non fa altro che sollevare ancestrali paure di un’incursione violenta alla propria privacy, costringendo la coppia a denunciare subito alla polizia. Dal trauma di quella sera e dalle tragiche conseguenze ai responsabili del gesto, Henry sembra voler voltare pagina senza neanche il tempo di attraversare l’angoscia, Meera invece inizia a nutrire sospetti proprio sul compagno, uomo estremamente apprensivo e abile nel trovare qualsiasi giustificazione a titubanze e a loschi itinerari scovati nel GPS.

Minacce coniugali e perimetri domestici

intrusion cinematographe.it

Diretto da Adam Salky conosciuto soprattutto per I Smile Back, Dare il film e il corto omonimo, più tre episodi di Blindspot, Intrusion insinua il sospetto sul personaggio maschile già nelle prime sequenze, una serie di inquadrature simmetriche sugli ampi locali della villa e dunque la premura esasperante del marito nei riguardi della moglie, uomo incline alla perfezione e al bisogno incessante di perfezione.

Intrusion trasporta allora lo zelo coniugale in mostruosità perversa, stringendo gradualmente la sua protagonista in un incubo allucinato che la porterà in uno scantinato fisico ed emotivo sino ai tragici esiti finali di un culmine tensivo ben dosato nel racconto, eppure non privo di cliché del genere. L’archetipo del marito premuroso ma schizofrenico nella sua doppia natura di apparenza e psiche malata, viene qui portato all’esasperazione: l’invasione domiciliare è più mentale che puramente fisica, e il film riesce a ribaltare le aspettative dell’incursione dal di fuori, affidando a performance convincenti, e a una regia che riesce a calibrare tensione e distorsioni, l’esito complessivo della pellicola Netflix.

Regia - 3
Sceneggiatura - 2.5
Fotografia - 3
Recitazione - 3
Sonoro - 2.5
Emozione - 2.5

2.8

Tags: Netflix