Interruption: recensione del film del greco Yorgos Zois

Non convince pienamente l'esordio di Yorgos Zois, Interruption, che porta al cinema una riflessione sul teatro vista con uno stile assolutamente personale.

Interruption è il primo lungometraggio del regista greco Yorgos Zois, una riflessione sul mondo del teatro e sul ruolo del mito nella società contemporanea. In questo film – decisamente fuori dal comune – irrompe anche la Storia, con un riferimento alla crisi del teatro Dubrovka che ebbe luogo a Mosca tra il 23 e il 26 ottobre 2002 e durante la quale cinquanta ceceni presero in ostaggio circa 850 spettatori. La cronaca racconta che trascorsero alcuni minuti prima che gli ostaggi si rendessero conto della situazione: la fusione tra realtà e finzione scenica diede vita a una parentesi di totale immersione nel mezzo teatrale, in cui la tragedia reale e quella immaginata divennero un’unica, drammatica esperienza.
L’episodio di Mosca è un elemento base della storia raccontata in Interruption, che concentra la narrazione tutta all’interno del Teatro di Atene, durante una messa in scena dell’Orestea di Eschilo. Anche nel film di Zois, realtà e finzione si mescolano in maniera simbolica, mettendo in relazione quanto avviene fuori e sul palco in un crescendo di tensione e di sospensione di ogni regola.

Interruption, la Storia, il teatro, il mito

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Interruption di Zois si basa su un triplice livello di lettura. Si parte dall’episodio storico dell’attentato di Mosca, la cui base reale è dispersa molto rapidamente da uno stile di regia decisamente sperimentale. Il secondo livello, quello della messa in scena dell’Orestea, è a sua volta scombinato dall’interruzione del canone teatrale, in cui attori e pubblico ricoprono ruoli separati e definiti: è qui che Zois gioca con il mescolamento delle figure del coro, del regista, dei protagonisti, degli spettatori, creando un forte senso di sospensione da parte del pubblico, che inizia a sentirsi teso e a disagio.

Il terzo livello, infine, torna alle origini dell’umanità attraverso la narrazione altamente simbolica del mito. In particolare, la tragedia di Oreste, nella versione consegnata alla Storia da Eschilo, è un emblema eccellente del conflitto tra leggi divine e istinti umani, dove la vendetta per la morte del padre porta l’eroe alla più turpe delle violenze: il matricidio. La condanna o l’assoluzione del protagonista è qui discussa in un processo di stampo contemporaneo, in cui il popolo diventa giudice e la sentenza una condivisione di opinioni più o meno coerenti. Attraverso questo espediente, si avverte l’intramontabile attualità del mito, specialmente in un Paese che vive intensamente il legame con la propria età dell’oro. Che sia questa sentenza uno spunto per parlare della coscienza di chi – da attivista politico – diventa terrorista, di chi deve ricorrere alla violenza per vendicare la propria patria, andando incontro a una condanna pressoché certa?
Curiosa, in tal caso l’assoluzione finale che gli spettatori danno a Oreste e – di conseguenza – agli uomini e alle donne che li hanno presi in ostaggio.

Interruption: giocare col cinema interruption cinematographe

Yorgos Zois gioca con le inquadrature e crea numerose sequenze dominate da immagini fuori fuoco, che mostrano volti e azioni alla stregua di macchie cromatiche fluttuanti, come ectoplasmi che si orientano in un mondo irreale. Al contrario, in altre sequenze Yorgis si serve di una fotografia fissa, schematica, in cui gli attori vivono uno spazio neutro in cui esprimersi e raccontarsi. Per il resto, Zois si muove con la camera a spalla sottolineando il suo proposito di una regia del tutto personale, che non ha alcuna velleità di cinema classico. Il risultato è un film la cui comprensione richiede un notevole sforzo di concentrazione, con il vantaggio di tenere alta l’attenzione per tutta la durata.

Un elemento notevole nell’economia di Interruption è il lavoro che Zois ha fatto sugli attori: tanto spontanea è la performance del pubblico invitato a partecipare alla messa in scena, quanto gli interpreti veri e propri sembrano irreali e proiettati in una dimensione astratta. I due mondi, tuttavia, non tarderanno a incontrarsi e l’esito sarà – ça va sans dire – distruttivo. Anche l’esibizione dei personaggi, più convincente quando si tratta dei cosiddetti non-attori, gioca su un livello molteplice: quello di performers che interpretano persone comuni che interpretano un ruolo. Questa stratigrafia interpretativa è resa visibile da una direzione asciutta e lineare, che li muove come pedine inermi lungo un disegno ben chiaro al regista, il deus ex machina.

La sfida di Interruption

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Lo spettatore del film che vorrà entrare a far parte del mondo creato da Zois nel lasso dei 110 minuti di pellicola, dovrà sciogliere ogni resistenza e  tener conto che – più che in molti altri casi – la visione non sarà affatto accomodante.
Zois ha mostrato al pubblico di Venezia 2015 un suo modo di fare cinema, trovando numerosi riscontri nella critica internazionale. Oggi, la coraggiosa casa di distribuzione italiana Tycoon propone al grande pubblico questo esperimento, al quale occorre arrivare preparati.

La sfida è proprio nella radice della parola teatro, dal greco theatron: il luogo in cui vediamo. Guardare è un atto usualmente connotato come passivo, ma che può portare a una profonda partecipazione. Se la tragedia altro non è che imitazione sublimata della vita, la vita trae giovamento da una visione rispecchiata di sé; imparando ad osservarsi nella finzione, il pubblico potrà interrogarsi e a decifrare le dinamiche che ne muovono la socialità e la psicologia individuale.
Siamo poco abituati a questo cinema, sia da spettatori sia d’autori: un obiettivo così importante necessita di una chiarezza di linguaggio maggiore rispetto a quella usata da Yorgos Zois, che si rifugia in un’incomunicabilità da performance d’arte contemporanea che facilmente respingerà l’attenzione di chi guarda. Si tratta, in ogni caso, di una buona occasione per mettersi alla prova e per guardare un prodotto assolutamente originale, facendo un esercizio mentale di non poca levatura, il che – a prescindere dall’esito – è comunque positivo.

Interruption è al cinema dal 23 aprile 2018 con Tycoon Distribution.

Regia - 3
Sceneggiatura - 2
Fotografia - 3
Recitazione - 3
Sonoro - 2
Emozione - 2

2.5