Korea Film Fest 2021 – Innocence: recensione del film di Park Sang-hyun

La recensione di Innocence (2020), il film di Park Sang-hyun tratto da una storia vera con Shin Hye-sun e Bae Jong-ok nel cast.

Astio familiare mai sopito e drammi esistenziali si mescolano al racconto di un processo in tribunale in Innocence diretto da Park Sang-hyun. Durante un funerale, gli invitati al banchetto sorseggiano tutti il vino di riso loro servito; l’umore è altalenante in quanto i vecchi problemi tra parenti acquisiti e non tornano a galla proprio in questa occasione, soprattutto nei confronti della vedova. Poco dopo, i partecipanti iniziano a vomitare e a stare male. Il vino di riso è stato avvelenato con del pesticida e i sospetti di tutti ricadono subito sulla donna da poco diventata vedova. Il film racconta la difesa costruita per lei da parte della figlia, scappata molto tempo prima dal paese natío e diventata nel frattempo una celebre avvocatessa, che adesso è pronta a difendere la madre, affetta da gravi problemi di memoria. Il film è tratto da una storia vera e trova tra i protagonisti vede Shin Hye-sun nei panni della giovane e agguerrita avvocatessa Ahn Jung-in e Bae Jong-ok (decisamente invecchiata per il ruolo) in quelli della madre imputata di omicidio.

Innocence: il film Park Sang-hyun tratto da una storia vera

Innocence Park Sang-hyun cinematographe.it

Sin Hye-sun appare per la prima volta in Innocence con un ruolo di questa portata sul grande schermo dopo molte apparizioni televisive, convinta a partecipare soprattutto dalla centralità del ruolo femminile che le era stato proposto e, c’è da dire, la convinzione con cui porta a compimento il suo ruolo è convincente ed encomiabile. Innocente ha finora collezionato nomination presso le principali kermesse e festival coreani, in attesa di arrivare in Europa in occasioni diverse dal Korea Film Fest.

Uno degli aspetti più interessanti di Innocence è la modalità con cui Jung-in porta avanti la sua strategia di difesa, portando lentamente a galla i segreti dell’intera famiglia e del villaggio dove vive, sottolineando di fatto la colpevolezza che ogni partecipante a quel banchetto funebre aveva cercato di nascondere. Il caso diventa così molto più stratificato di quanto potrebbe apparire, aprendo le porte a un’infinità di possibili scenari, con diversi colpevoli che diventano plausibili, ognuno con il suo movente. Non sembra più un caso, infatti, che a sentirsi male per primi siano stati il sindaco del villaggio e i suoi compagni di partito, che avevano colto anche questa occasione per fare una passerella sociale. Nell’accorata difesa di Jung-in emerge con veemenza il bisogno di redimere la figura della madre e di far invece emergere tutta una serie di nefandezze che da sempre restano nascoste per preservare le apparenze della bigotta società nel villaggio, come le violenze da lei stessa subita da piccola dal suo stesso padre. Anche per questo, dunque, decide di prendere parte al caso, dopo aver riconosciuto la madre in tv, quella stessa madre che adesso, malata di Alzheimer, non sa più chi siano quei giovani che dicono di essere i suoi figli. L’eroismo finanche esasperato della figura rappresentata viene a tratti distorta da quanto vengono sottolineate le sue nobili intenzioni, definendo una figura ben impersonata, ma in alcuni momenti poco convincente a livello di scrittura, soprattutto in confronto alle figure opposte, le quali vengono invece tratteggiate in maniera molto più approssimativa. Tra le mura dell’aula del tribunale si porta avanti, in altre parole, una ricerca della verità e la volontà di difendere non solo una donna, ma una storia intera nei confronti delle apparenze sociali che costringono chi soffre a continuare a subire traumi e soprusi in virtù del bene della parte peggiore della società.

Regia - 3
Sceneggiatura - 2
Fotografia - 3
Recitazione - 4
Sonoro - 3
Emozione - 3

3