Roma FF11 – Immortality: recensione del film di Mehdi Fard Ghaderi

Una nube di drammaticità offuscante, che cattura un insieme numerico di persone abbastanza vasto. Mehdi Fard Ghaderi con il lungometraggio Immortality – presentato all’undicesima edizione della Festa del Cinema di Roma nella Selezione Ufficiale – tenta di rendere universale un malessere collettivo attraverso la rappresentazione – inusuale – di questi gruppi familiari atterriti nell’animo e nella mente. Il regista – che vanta all’attivo solo cortometraggi – con questo film è alla costante ricerca di una forma risolutiva – comunicativa – per “abbattere” drasticamente il disagio in ogni sua forma.

In una notte piovosa, sei famiglie viaggiano in diversi compartimenti di un treno; le loro vite sono fatalmente connesse, i loro destini influenzati l’uno all’altro. Un disagio eterno che sembra non avere fine… 

Immortality è un lavoro sofisticato, non semplice da mettere in pratica narrativamente. In un reticolo senza fine, Ghaderi esegue una truce rappresentazione di un “multi-complesso” familiare abbattuto, che non riesce a trovare una soluzione. Con acutezza stilistica il regista offre un prodotto drammatico assolutamente atterrito, che presenta sofisticatezza e che è volutamente sedimentato in un limbo di tristezza – e mestizia – che non ha sbocchi.

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Un treno, sei famiglie  

La messa in scena di Immortality – nella sua andatura morigerata – è suggestiva, capace di coinvolgere emotivamente lo spettatore. Ghaderi riesce a carpire l’interesse del pubblico attraverso un’intersezione coercitiva di questi protagonisti patinati, apatici nella loro esistenza. La narrazione senza eccezionalità è efficace, clamorosamente limpida nella sua espressione grazie alle interpretazioni che sono in linea col contesto proposto. Con una coralità di intenti notevole, la “trasmissione” di questo malessere collettivo è incisiva, abbattendo quasi chi la “percepisce”. Altra preziosa peculiarità, la valevole fotografia -limpida ma dai contorni algidi –  in totale funzione con gli stati d’animo dei protagonisti.

Anche sul piano della scenografia Immortality ha una valenza intrinseca non indifferente, questa rappresentazione di un’unica locazione con all’interno sei distinte famiglie ognuna legata – per uno strambo destino – all’altra. Una situazione surreale – se vogliamo – che fortifica ampiamente la pellicola, creando un chiaro interesse nel pubblico, assuefatto – paradossalmente – da questo “oblio” fatto da mezze parole e lunghi – o quasi – silenzi.

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Luce in fondo al tunnel

Immortality è un “reticolo” di infinito malessere; Ghaderi si impegna nel “ricamare” tutto questo nella maniera più depressiva possibile. Per via di questa scelta stilistica, il film rischia di “peccare” in ripetitività ; ciò non avviene grazie alla scelta da parte del regista di “bypassare” la trama con elementi particolareggiati, quasi estranei.  Immortality assume quasi un ruolo distensivo, nel “condividere” – assurdamente – questa depressione, cercando di trovare quella “luce in fondo al tunnel”.

Mehdi Fard Ghaderi esegue sostanzialmente una rappresentazione del dramma “amplificato” – come ribadito in precedenza –  che senza limiti, coinvolge malauguratamente tutti. Una depressione filmica vera e propria … a tratti “immortale”. Il film si “distende” su di un’immagine plumbea di una collettività in eterno conflitto, una voglia di trovare una soluzione, di sconfiggere le avversità attraverso l’unione. Un monito se vogliamo alla “mortalità” dell'”immortalità” …  facile da scrivere, difficile da comprendere.

Immortality – titolo originale Javdanegi –  è un film diretto dal regista Mehdi Fard Ghaderi. Prodotto dalla Anonymouse Productions. Nel cast Manouchehr Alipour, Alireza Ostadi, Soudabeh Bayzai, Atabak Naderi, Faghihe Soltani, Ana Nemati, Misagh Zare, Maral Farjad, Ali Ebdali.

Regia - 3
Sceneggiatura - 3
Fotografia - 3
Recitazione - 3.5
Sonoro - 2.5
Emozione - 3

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