Il mostro della cripta: recensione del film di Daniele Misischia

Il nuovo film scritto dai Manetti Bros. trova la sua strada nella regia di Daniele Misischia, che riesce a crea un connubio magistrale tra horror e divertimento.

Il genio di Antonio e Marco Manetti è ormai collaudato, cementificato nella storia del cinema italiano contemporaneo. Quando poi questo si fonde con l’estro artistico di un regista come Daniele Misischia si origina qualcosa di nuovo, eccellente e innovativo: Il Mostro della Cripta può essere visto come la summa di un sentire e di un’estetica ibrida, a metà tra b-movie e revival anni ’80, comunque qualcosa di sorprendente.

Esce al cinema il 12 agosto il nuovo film scritto e prodotto dai Manetti Bros. e diretto da Daniele Misischia, distribuito da Vision Distribution, un fanta thriller comico che vede protagonisti Tobia De Angelis, Amanda Campana e Lillo. Un film assolutamente imperdibile per le sue premesse innovative e il suo gusto estetico eccentrico.

Siamo alla fine degli anni ’80 a Bobbio, piccolo paesino italiano immobile e tradizionalista. Strane forze si muovono nel piccolo centro dell’Emilia Romagna: almeno è quello che pensa Giò Spada, ventenne appassionato di horror, fumetti e cinema, che si trova insieme ai suoi amici a investigare su strani e macabri eventi che avvengono nei dintorni del paese. Un misterioso mostro sembra celarsi nelle profondità della terra, e saranno proprio i ragazzini, aiutati dal fumettista Diego Busirivici, a scoprire l’origine dei segreti di Bobbio.

Un fanta horror all’italiana

il mostro della cripta Cinematographe.it

Il mostro della cripta è un fanta horror che gioca tutta la sua carica espressiva sul contrasto visivo e narrativo stridente tra un concept script a tratti intelligente e ben studiato e una costruzione formale basata sull’esagerazione delle forme e dell’estetica.

Il film è ambientato nel 1988, dunque anche in questo caso ci si avvale di un fattore nostalgia che negli ultimi anni sta interessando tantissime produzioni internazionali e che è sintomo di un sentimento di appartenenza che affascina gli spettatori ad una decade molto affascinante dal punto di vista sociale, culturale e mediale. L’innovazione della pellicola di Daniele Misischia è di ambientare la vicenda in un paesino dell’Emilia Romagna, Bobbio, scardinandosi da quella tradizione di matrice contemporanea che vede i revival di film e serie tv con rimandi agli anni ’80 ambientati negli Stai Uniti.

il mostro della cripta Cinematographe.it

Il mostro della cripta riesce a far entrare lo spettatore in una dimensione di fanta thriller fin dalle prime battute e sequenze, caratterizzate da un montaggio alternato serrato e non decifrabile fin da subito, complice l’iniziale sconvolgimento narrativo che proietta lo spettatore in un vortice di incomprensione e dubbio. Ed è proprio all’inizio del film che ci si accorge immediatamente della cifra stilistica della regia: effetti visivi volutamente non realistici accompagnati da un’esasperazione della componente cruenta e splatter, tanto da voler ricordare per certi versi le esagerazioni grafiche alla Tarantino, ma effettivamente non riuscendo nell’intento. Dopotutto l’italianizzazione della pellicola è palese, si cerca in qualche modo di voler ricreare un’impostazione estetica e narrativa alla Stranger Things, ma dopotutto si riconosce fin da subito la volontà di Daniele Misischia di voler enfatizzare e valorizzare il territorio italiano, grazie a dei campi lunghi e lunghissimi e riprese aeree che sicuramente stridono rispetto all’estetica dei revival a cui siamo abituati. Moltissimi sono i riferimenti a cult degli anni ’80, dai poster alle citazioni: Alien, I Goonies, Rambo, Shining, ecc.

Il mostro della cripta fa dell’autoironia il punto forte

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La crudezza narrativa si contrasta con la sceneggiatura demenziale: tale componente non riesce appieno a supportare la storia, che a tratti sembra anche molto intrigante, riuscendo solo nell’intento di non appesantire troppo delle componenti fotografiche e strutturali che altrimenti avrebbero l’effetto di affossare solamente la narrazione generale. L’interpretazione di Lillo nei panni del fumettista Diego Busirivici è magistrale, riesce a rendere davvero esilaranti momenti che sarebbero drammaticamente pesanti, riuscendo a creare un’impostazione della diegesi improntata sulla struttura più da b-movie che da horror puro. È dunque un horror demenziale autoironico a tratti esagerato, che presenta una struttura narrativa a tratti prevedibile e incoerente, ma che nel complesso ha premesse abbastanza forti e interessanti, mescolando un fantasy tutto all’italiana con le componenti splatter proprie degli horror meno impegnati e volutamente finzionali. Ma senza tralasciare degli elementi che rendono Il mostro della cripta un prodotto filmico di valore e senza alcun dubbio di spessore costruttivo e formale: oltre ai già citati meriti all’interpretazione di Lillo e all’enfasi del regista sul territorio italiano, infatti, troviamo degli effetti visivi e dei costumi di scena molto convincenti, come quello dell’alieno, il “mostro della cripta” di notevole manifattura del mitico Sergio Stivaletti, già attivo proprio negli anni ’80.

La recitazione nel complesso non è molto realistica, giocando su riferimenti a film cult degli anni ’80, ma di fatto ancorandosi su stilemi attoriali prettamente italiani che non riescono però a rendere così potente l’interpretazione dei giovani protagonisti.

Nel complesso, Il mostro della cripta è un film godibile, che sa giocare con gli stilemi di un genere molto sottovalutato, come quello del fanta horror e dei b- movie, e che sicuramente usa delle intuizioni geniali per dimostrare come l’Italia possa essere perfettamente lo sfondo per nuovi progetti registi che giocano con riferimenti nostalgici agli anni ’80.

Regia - 4
Sceneggiatura - 5
Fotografia - 4
Sonoro - 3.5
Recitazione - 3.5
Emozione - 4

4